CAPITOLO 11 "Veggente"

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Quando Oliver raggiunse casa sua vi trovò Barbarah a braccia conserte e a gambe incrociate aspettarlo appoggiata sul portico di pietre arancioni che adornava l'ingresso. Era già arrivata la sera e il fresco iniziava a pizzicare la pelle, nonostante fosse quasi estate il tempo a Toronto era incerto. Oliver superò l'amica e gli rivolse un debole sorriso, prima di aprire la porta di casa e rivelare a sua madre la sua presenza chiuse gli occhi per un istante – fai che non mi uccida – disse, Barbarah rise e, allungandosi poggiò una mano tozza e vellutata su quella lunga e ossuta di Oliver che stringeva il pomolo della porta, i due si scambiarono uno sguardo e fecero scattare la serratura. Quando la porta si aprì con stupore Oliver notò che la madre non si trovava al piano di sotto ad aspettarlo. Era stato fuori un giorno intero, era certo che la donna fosse su tutte le furie, che avesse chiamato parenti, ospedali e persino la polizia, invece, niente di tutto quello era successo. Oliver corrugò la fronte ed entrò in casa chiamando la madre a gran voce, Barbarah lo seguì e tolse la sciarpina verde antracite che portava al colla lanciandola sul divano, fece spallucce guardando l'amico.

- Sai – disse lasciandosi cadere sul divano, con le tozze gambe a penzoloni calciò l'aria con gli anfibi rossi – non avresti dovuto far guidare Clay. Voglio dire. Io avevo già preso una bella botta alle costole per via di quell'energumeno... Ma Clay ubriaca e fatta al volante? Cos'è, volevi forse uccidermi? – Oliver spalancò la bocca

- Merda mi dispiace Barb! Io... non ci ho completamente pensato. Insomma, ho pensato solo a Dominic –

- Tsè – fece lei – l'angioletto dove se ne stava mentre io rischiavo il culo? –

- Non chiamarlo così ti prego è strano... e per rispondere alla tua domanda, non ne ho la più pallida idea. – sospirò forte lasciandosi cadere a fianco dell'amica. – non sono riuscito a trovarlo sebbene io lo abbia cercato dappertutto. Mi sono messo a pregare per strada a gran voce e, come se non bastasse... - disse ridacchiando – ho fatto prendere un bello spavento ad un povero senza tetto! –

-eh? Ma sei scemo... poveretto –

- credevo fosse Dom! – rise

- che c'era qualcosa che non andava in te era chiaro, ma questo... Comunque – si fece dritta sulla schiena – non mi hai chiesto come sto, non t'importa forse? – puntò Oliver con gli occhi stretti a fessura

- certo che m'importa! –

- si si, sei uno stronzo patentato! Se potessi ti sputerei addosso ma... sprecherei la mia preziosa saliva – Oliver rise scuotendo il capo, allungò una mano e carezzò i capelli dell'amica sulla nuca

- Grazie per esserci. Grazie per ieri e grazie per oggi. –

- Odio le cose smielate Oliver. Bleah! disgustoso – lui rise più vigorosamente e, avvicinandosi con il busto la cinse a se in un abbraccio.

Le luci della stanza diventarono più forti, quasi accecanti, Oliver sciolse l'abbraccio e mise a fuoco la figura che si trovava affianco alla porta della cucina, indossava una camicia da notte di raso color panna, i piedi erano scalzi, i capelli in disordine e sul viso una maschera d'inespressività. Gli occhi erano due conche scure, accerchiate da pesanti occhiaie violacee. Il ragazzo si tirò su e guardò ancora sua madre non riuscendo a proferir parola. La donna, sempre elegante e sistemata a puntino appariva stanca, trasandata e non curante, Oliver non aveva mai visto la madre in quello stato. Lei fece qualche passo in avanti come uno zombie dei film dell'orrore, Oliver abbassò lo sguardo su Barbarah che si era fatta subito seria. Che la signora Fehr fosse indignata, spaventata e su tutte le furie era più che comprensibile ma... la madre di Oliver non mostrava nessuna di queste emozioni. Avanzando verso i due Barbarah si rese conto che la donna teneva stretto nella mano sinistra il collo di una bottiglia dal contenuto di colore caldo, ambrato, era Rum. La ragazza aprì la bocca come per voler parlare ma ciò che fece fu diverso, allungò un braccio e afferrò Oliver per il polso, lui si girò e la guardò con sguardo interrogativo – andiamocene – disse la ragazza, Oliver stralunato passò con lo sguardo dal volto dell'amica a quello della madre – no – pronunciò – lei non... lei non beve, è assurdo! Mamma! – si liberò dalla presa dell'amica e andò incontro alla madre. Adesso faccia a faccia restò ad osservarla, il suo viso era il ritratto del dolore, ad Oliver si strinse il cuore, che cosa gli aveva fatto? Era colpa sua, ancora una volta, era colpa sua.

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