CAPITOLO2

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Apro lentamente gli occhi ma li richiudo immediatamente per colpa di una luce accecante che mi colpisce la vista.
<< Hope, come stai? >> Loren si avvicina a me e mi accarezza dolcemente la guancia.
<< sto bene grazie ma...come sono arrivata qui? >> l'infermeria della scuola non è molto grande: pareti bianche, qualche quadro qua e là, medicine, farmaci...insomma tutto molto monotono. Mi siedo composta sul lettino nonostante il lieve mal di testa.
<< Matt ti ha portato qui di corsa, era veramente preoccupato Hope, pensava fosse stata colpa sua >> cosa? Matt era...preoccupato per me? << Loren non è possibile, sarà stato uno scherzo o qualcosa del genere in ogni caso non mi faccio fregare >> quando stava per ribattere la porta si apre rilevando una figura alta e muscolosa...Matt.
<< Loren potresti lasciarci soli? >> lei mi guarda come per chiedermi il permesso, annuisco lentamente così esce dalla stanza lasciandomi sola con Matt.
<< ascolta... >> lo sapevo. Dio se lo sapevo. << quello che è successo...non lo devi dire a nessuno hai capito balena? >> alzo lo sguardo, punto i miei occhi nei suoi color ghiaccio e mi limito ad un misero " okay ", la mia voce è fredda, come priva di sentimenti.
Perché? Perché deve trattarmi in questa maniera?
<< bene, ora dimmi cosa hai fatto al collo e al viso >> no. Non glielo dirò. Lui non ha il diritto di sapere.
<< io...nulla >> mi alzo dal lettino, prendo la mia felpa ed esco dal l'infermeria con passo svelto.
<< Hey io vado a casa, ci sentiamo dopo okay? >> Loren annuisce e mi abbraccia di slancio lasciandomi sorpresa, la stringo a me e metto la testa nell'incavo del suo collo.
<< stai attenta però e se ti fa male chiamami >> lei, ovviamente, sa tutto motivo per cui qualche volta vado a dormire a casa sua per il timore di incontrare mio padre << si...certo >> sussurro prima di andarmene.
                                 ***
<< salve, padre >> sistemo le ultime cose sulla tavola e mi siedo composta. Il pranzo continua in silenzio quando mi suona il telefono, lo prendo in mano e trovo una chiamata da " numero sconosciuto " mio papà mi guarda furioso e, con le mani che tremano, posò il telefono sul tavolo chiudendo la chiamata.
<< quante volte ti ho detto di non usare il telefono a tavola? >> lui sposta bruscamente la sedia facendomi balzare in piedi.
Ho paura.
Tanta.
<< padre... >> non riesco a pronunciare la frase che un suo schiaffo mi colpisce il volto facendomi cadere a terra. Mi tocco il labbro...sta sanguinando.
Fa male, ma so che non è ancora finita.
<< alzati >> mi inginocchio davanti a lui cercando di scusarmi, guardo il suo completo da ufficio e i suoi capelli mori tirati indietro con il gel, come può un uomo così elegante essere un mostro del genere?.
Mi prende i capelli in pugno e mi fa sbattere la testa contro il davanzale della cucina.
Un urlo agghiacciante lascia le mie labbra. Il dolore che provo in questo momento è indescrivibile così mi accascio a terra priva di forze.
<< vado a lavorare e quando torno voglio trovarti in casa a dormire in camera tua >> Dio... << si, padre >>
Quando sento la porta d'ingresso sbattere mi rilasso e mi avvio verso la mia stanza.
Mi guardo allo specchio e rimango scioccata dal mio stesso riflesso: lividi, graffi, tagli...Gesù...sono ridotta veramente male.
Apro l'acqua della doccia e, nel frattempo che aspetto che l'acqua si riscaldi, mi spoglio esaminando il mio corpo.
Osservo le mie gambe, i miei fianchi e il mio seno prosperoso...sono orribile.
Mi metto sotto il getto bollente e chiudo gli occhi...
<<Sei una puttana>> << è tutta colpa tua >>
Le mie lacrime si mescolano e confondono con l'acqua, sfrego la spugna sul mio corpo cercando di togliere la sensazione delle mane di mio padre ma invano; asciugo  i miei lunghi capelli marroni e nel frattempo ripasso scienze perché sicuramente quella vecchia della mia professoressa mi interroga.
Indosso un pantalone della tuta grigio e una maglia a maniche corte bianca e larga.
Mi butto sul letto ormai esausta dalla lunga giornata e, in meno di cinque minuti, cado fra le braccia di Morfeo.

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