8 dicembre 2016

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Prima delusione.
La musica era alta. I bicchieri erano pieni. Gli invitati erano ubriachi. Una di quelle feste che vengono ricordate nei secoli dei secoli, dove quella ha perso la sua verginità, quell'altro ha vomitato nel piatto del suo amico e quell'altro ancora si è spogliato e ha cominciato a gridare "Viva l'America". Oppure una di quelle feste a cui sei obbligata ad andare perché sei amica dell'organizzatrice. Ebbene sì, ero lì solo per fare presenza. Non mi andava di divertirmi. Non ero depressa, ero scoraggiata a causa di mia madre. Sentivo pesarmi addosso la sua delusione e la sua disapprovazione. L'amore supera ogni ostacolo, si dice, a quanto pare non ha mai incontrato mia madre incazzata nera. Mi aveva rinchiusa in camera, eppure quando se ne andava per lavorare riuscivo a farti entrare dalla finestra, modi Romeo e Giulietta. In quei giorni non riuscivo a togliermi dalla testa quelle foto. Ne avevo anche parlato con te e mi avevi detto di stare calma, che prima o poi il responsabile si sarebbe fatto vivo e sarebbe tornato tutto alla normalità. Ho provato a dimenticare quelle due persone, quel tatuaggio, quella stanza, ma era totalmente impossibile: volevo sapere il motivo. Cosa avevo fatto di così crudele per meritarmi altrettanto? E ancora una volta quelli erano i miei pensieri durante la serata. Sapevo che tu non ci saresti stato se no mia madre non ci avrebbe pensato due volte a tenermi in casa. Mi ero seduta su un divano di pelle nera. Non badavo a cosa succedeva intorno. Le foto erano sicuramente un Photoshop, poiché ero più che sicura di non essere mai andata in aula di chimica con te. Il problema era quel tatuaggio: non ne parlo mai e solo poche persone sanno che me lo sono fatta. Ero talmente presa dalle mie supposizioni che non mi accorsi di Ashley che sventolava un bicchiere di fronte alla mia faccia. "Gabbe, ti rendi conto di essere ad una festa, vero?" mi disse porgendomi il bicchiere. "Alle feste di solito ci si diverte e di solito ci si ubriaca." Aveva ragione, dovevo lasciare in pace quelle maledette foto e divertirmi senza preoccupazioni. Presi il bicchiere e ne bevvi un gran sorso. La vodka mi bruciò la gola, ma riuscii a percepire il dolce sapore del mirtillo. "Brava, bambina. Adesso vieni con me." Mi lasciai trascinare dalla mia migliore amica in pista per raggiungere Justin e Luce. Mi avvicinai a Luce e le urlai sopra alla musica: "Bella festa!" Mi ero sentita in dovere di dirlo, insomma era una mia amica che aveva organizzato una festa: primo, aveva bisogno di sostegno e secondo, se non fosse stato per i miei problematici pensieri mi sarei divertita davvero. Lei mi guardò confusa e mi sorrise. Probabilmente non aveva capito cosa le avevo detto. Continuammo a ballare per un tempo quasi infinito ed io, ogni volta che il pensiero di te o delle foto mi sfiorava la mente, chiedevo vogliosamente un altro bicchiere di vodka. Finché alla fine della serata mi ritrovai ubriaca fradicia. Dopotutto le serie tv e i libri ti insegnano ad affogare i problemi nell'alcol. Non era stata una bella idea, perché oltre a non pensare non capivo proprio cosa stesse succedendo. Credo che Luce mi avesse visto da lontano in quello stato pietoso, infatti venne da me e mi portò fuori in giardino. "Non sei messa affatto bene, Gabbe." constatò lei alquanto disgustata. Io, d'altro canto, iniziai a farfugliare parole a caso: "Uffa... Calum dov'è? Perché non è venuto a questa festa? Lui adora le feste... E io adoro lui alle feste... Odio Miley... Dice che sono una puttana... Mi sa che ha ragione... SONO UNA PUTTANA!" "Gabriella, calmati e abbassa la voce." Quando ho urlato due ragazze si sono girate a guardarci. "GUARDATE PURE UNA PUTTANA UBRIACA... TUTTI LO CREDONO ORMAI... TUTTI LO SANNO... MA COSA SANNO? NON SANNO NIENTE..." Luce mi prese per il polso e andammo sul retro della casa dove non c'era nessuno. I raggi della luna le illuminavano il viso. Era davvero una bella ragazza anche con il mascara colato per il sudore. Pensai che chiunque si sarebbe potuto innamorare di lei. Luce accese la fontanella accanto a noi e prese la pompa. All'improvviso me la puntò addosso e l'acqua mi bagnò completamente. Avrei dovuto ringraziarla, perché sentire le goccioline bagnate lungo la schiena mi aiutò a riprendermi abbastanza dalla sbornia. "Ti devo dire una cosa." Risi nervosamente: niente di buono iniziava con quella frase. "Mi potresti ascoltare, Gabbe?" disse Lucinda con un tono che non lasciava spazio a scherzi. Io annuii sempre più spaventata. "In classe le ragazze ti invidiano tutte perché stai con Calum. Ogni ragazza di questo liceo ha desiderato Calum come fidanzato, solo che lui le utilizzava tutte come bambole gonfiabili usa e getta. Ogni ragazza ha sognato di cambiarlo, di farlo innamorare, ma alla fine della storia lei ne usciva distrutta e lui con un sorrisetto strafottente. Finché non sei arrivata tu. Da quel momento ogni ragazza si è accorta che con te Calum era diverso, quasi un essere umano in grado di provare sentimenti. Non sto qua a dirti gli insulti e i pettegolezzi nati dalla gelosia. Io non ci ho mai creduto, perché ti conoscevo e anche perché non riuscivo a vedere quel cambiamento in Calum. Sapevo che tu eri una ragazza prudente e sapevo che non ti saresti lasciata mettere i piedi in testa da nessuno, soprattutto da un ragazzo come lui. Eppure siete diventati amici e poi fidanzati. Ed io ero preoccupata. Mi immaginavo già la tua faccia distrutta e bagnata di lacrime guardarmi e chiedermi perché non ti avessi avvisata. Allora dovevo fare qualcosa. Un giorno rimasi a scuola fino a tardi per sistemare alcune tesi da consegnare il giorno seguente. Mentre me ne stavo andando udii un rumore, anzi un gemito. Accostai l'orecchio sulla porta dell'aula di chimica e ne sentii altri... Non ti dirò chi erano, ma puoi ben intuire cosa stessero facendo e in quel momento mi venne un'idea assolutamente geniale. Iniziai a scattare delle foto a quei due e senza far rumore me ne andai. Il gioco era fatto: bastava aggiungere il tuo tatuaggio e mandare le foto al preside. Pensai per settimane alle conseguenze su di te e su di me e infine mi convissi che non dovevo farlo. Il giorno dopo a scuola tu mi raccontasti della notte d'amore tra te e Calum. Mi chiedevo come mai lui non ti avesse ancora scaricata dopo che si era preso quello che voleva. Non mi sfiorò neanche per un secondo l'ipotesi che fosse cambiato; persone del genere non cambiano dal giorno alla notte. Quello stesso giorno mandai le foto al preside... Devo dirti la verità, Gabbe: anche l'invidia fece la sua parte. Non posso difendermi usando la scusa dell'amica preoccupata perché sarebbe una bugia." Una lacrima le rigò il viso, con lo sguardo puntato per terra continuò: "Mi dispiace di aver premuto il pulsante di Invio. Avrei dovuto parlarne con te o con Calum. Sono stata egoista e gelosa. Non sono una brava amica. Tu lo sei sempre stata. Avrei dovuto dirtelo molto prima, però io non ho capito quanto soffrivi fino ad oggi. Mi dispiace di averti rovinato la vita. Scusami tanto. Io non avrei dovuto." Rimanemmo in silenzio per molto tempo e alla fine lei se ne andò, lasciandomi delusa, sola e al buio come il mio cuore in quel momento. Non sapevo cosa dire, cosa pensare. Mi aveva ufficialmente rovinato la vita. Mia mamma mi riteneva una puttana come l'intera scuola, e chissà se anche Ashley e te non pensavate la stessa cosa. Eppure non ero arrabbiata e non volevo neanche vendetta. Provavo solo una gran delusione e una profonda sensazione di solitudine. Avevo pensato di picchiare il responsabile delle foto fino a fargli sanguinare la faccia, ma in quel momento pensai che forse sarei stata in grado di perdonarla.

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