Depressione

279 16 11
                                    

-FLASHBACK-
LEVI'S POV
"Quella bambina giuro che la porto in orfanotrofio!" Dissi mentre mi dirigevo a casa, arrivato mi misi a pulire per lo stress. Una volta finito ero lì fermo seduto su una sedia con le mani tra i capelli e infuriato nero "Cavolo quanto mi fa infuriare quel pidocchio!" Urlai alzandomi e spingendo la sedia per terra. Ero lì fermo e non sapevo cosa fare quando qualcuno mi attaccò infilzandomi ,da dietro, nell'anca. Mi girai e diedi uno spintone a colui che mi aveva inflitto quella ferita dal quale stava uscendo una marea di sangue. Erano tre uomini in tutto. Mi attaccò un'altro dei tre che impugnava una mazza, cercò di colpirmi alla testa ma era molto lento e grazie ai miei riflessi lo scansai per poi fagli lo sgambetto e rubargli la mazza. Stavo per colpirlo alla testa ma l'altro uomo mi prese il coltello nel mio fianco per poi colpirlo ripetutamente nello stesso punto fino a farmi crollare per terra. Mi presero a calci e a pugni e mi infilzarono la gamba con il coltello più volte finché non videro dalla finestra una bambina arrivare così spaventati corsero via e io persi coscienza in quel frangente.
-FINE FLASHBACK-
Ero lì immobile quando la serietà della zietta Zoe si trasformò in un sorriso stupendo ma io non mi mossi da lì. Piangevo, piangevo dalla gioia e sorridevo. Sono proprio delle azioni diverse ma che ti viene spontaneo unirle almeno una volta nella vita. "Kuchel" disse la zietta avvicinandosi a me "Ieri sono stata troppo severa con te, perdonami" aggiunse abbracciandomi, io ricambiai quel gesto come segno di perdono "Posso vedere papà?" Domandai staccandomi da lei che sorrise "Certo che non pensi a nessun'altro che al tuo papà" rispose scompigliandomi i capelli "Comunque non penso che puoi visitarlo ora, lo incontrerai questo pomeriggio, ok?" Disse per poi alzarsi, salutare il nonnino e andarsene. Io corsi in braccio al nonnino e lo abbracciai forte,forte "Nonnino! Papà è vivo!" Esclamai saltellando per tutta la casa quando la busta che avevo in tasca ,perché mi ero dimenticata di nasconderla, cadde a terra. "Cos'è quella busta? Una lettera? Ma tu non sai leggere e nemmeno scrivere" disse il mio nonnino che stava per raccoglierla ma io lo precedetti "Nonnino ma che dici così mi offendi"risposi facendo un saltello all'indietro "Nonnino mi vado a vestire e poi esco" aggiunsi scappando in camera e chiudendo la porta "Sei davvero come tua madre" disse il mio nonnino andando anche lui in camera sua. Io mi misi un abito lungo giallo e lasciai i capelli com'erano. Corsi fuori aprii la porta "Nonnino io esco!" Urlai per avvertirlo "Fai attenzione " Mi avvertì lui "Certo nonnino!" Risposi per poi uscire da quell'abitazione. Stavo andando a nascondere la lettera ma dovevo farlo in un posto sicuro, in un posto dove sapevo che ci sarebbe stato qualcuno a proteggerla. Andai al ciliegio, là c'era la mamma e mio fratello quindi sapevo certamente che lì la lettera sarebbe stata al sicuro. "Buongiorno mammina, buongiorno fratellone e buongiorno anche a voi zietta Isabel e zietto Farlan!" Esclamai sedendomi per terra "State tranquilli papino è sopravvissuto e presto verrà anche lui a farvi visita anche se io non ho dubitato di lui nemmeno un secondo!" Aggiunsi per poi mostrare la lettera "Sentite potete proteggere questa lettera per me? Ora non so leggere e non voglio che nessun'altro la legga oltre me quindi voglio aspettare di essere grande! Mi raccomando prendetevene cura" dissi scavando una piccola buca ai piedi delle lapidi e infilandoci la lettera. "Grazie" aggiunsi per poi guardare i petali dei fiori di ciliegio danzare nel cielo e posarsi su quelli che erano i resti della mia famiglia. "Ehi Kuchel" disse una voce dietro di me, mi girai di scatto e vidi il mio migliore amico Gabriel raccogliere uno di quei petali da terra. "Buongiorno Gabriel" esclamai alzandomi "Sei proprio una nanetta, comunque ho saputo di tuo padre come sta?" Mi domandò facendomi segno di seguirlo e io così feci "Bene è sopravvissuto quindi questo pomeriggio vado a trovarlo" risposi io sistemando la gonna in modo che non si alzasse per il troppo vento "Capisco, comunque sei molto carina lo sai" disse lui che arrossì leggermente "Grazie Gabriel!" Risposi io sorridendo mentre anche a me le guance si tingevano di un rosa molto chiaro. "Mi faresti conoscere Martina?" Domandò lui indicando un edificio di fianco a noi ed era la casa di Martina "Scusa ma tu come la conosci?" Chiesi girandomi verso di lui che però non c'era più, si era come smaterializzato. "Poi dice che sono io quella strana" esclamai confusa, poi bussai alla porta e ad aprirmi fu un uomo molto alto dai capelli castani e gli occhi color nocciola. "Buongiorno, Martina è qui?" Domandai sporgendomi per vedere all'interno della casa "Sei Kuchel, giusto?" Mi chiese lui, io annuì "Che piacere conoscerti piccola Kuchel, io sono il padre di Martina ma tu puoi chiamarmi Jason" Esclamò per poi spostarsi e chiamare Martina che corse subito verso di me e mi abbracciò "Ciao Kuchel!" Disse staccandosi dal mio corpo "Ciao Martina! Sono venuta per giocare, puoi?" Domandai mentre lei mi faceva accomodare in casa "Certo! A che vuoi giocare? Con le bambole?" Mi chiese lei facendomi salire le scale "Io pensavo di andare a giocare fuori" risposi tirando indietro il braccio "Fuori? Intendi fuori casa?" Disse lei guardando Jason per un secondo per poi riposarlo su di me e rispondere insicura "Sì per me va bene". Uscimmo fuori di casa, io la trascinavo dappertutto. Dal camminare sulle staccionate al correre in mezzo ai fiori. Quando ormai si era fatto pomeriggio decisi che me ne sarei dovuta andare dal mio papino. Martina era seduta sul tronco di un albero che era stato tagliato e ci stava disegnando qualcosa sopra "Martina che disegni?" Le domandai avvicinandomi "Io e te" rispose lei per poi spostarsi e mostrarmi il suo disegno "Che bello! Io sono questa vero?" Dissi indicando la figura che pensavo fossi io "Esatto!" Rispose lei per poi gettarsi su di me in modo da cadermi sopra e stendersi sul mio corpo "Noi siamo migliori amiche, vero?" Mi domandò lei rimanendo lì sopra di me, per qualcun'altro poteva essere una posizione scomoda ma per me non lo era affatto "Ovvio che lo siamo" risposi stringendola a me "Però ora devo andare a trovare il mio papino in ospedale" aggiunsi staccandola dal mio corpo per sedermi "Noooo!" Esclamò lei rigettandosi su di me "Mi dispiace ma ora devo proprio andare, ci vediamo domani ok?" Le dissi per rassicurarla, lei finalmente si staccò e io la riaccompagnai a casa. Mentre tornavo a casa per andare con mio nonno all'ospedale mi guardai attorno, c'erano così tante famiglie felici ed io invece ero da sola. Non avevo una mamma e per poco non se ne andava anche il mio papà. A farmi tornare alla realtà fu mio nonno che mi gridò "Kuchel dove vai! Vieni qua che andiamo da tuo padre" io mi girai e mi resi conto che all'ospedale ci stavo andando da sola e non me ne ero nemmeno accorta. "Scusa nonnino!" Dissi mentre lui mi raggiunse e mi prese per mano "Fa niente piccolina" disse accarezzandomi la testa. Tutti avevano il vizio di toccarmi i capelli e non capendo il motivo lo chiesi a mio nonno "Nonnino ma perché mi toccate sempre i capelli?" Lui si mise a ridere e ciò mi diede fastidio un po' "nonno la smetti per favore" dissi guardandolo seccato, lui smise subito di ridere ma aveva in volto un ghigno "Scusa piccola" disse mentre passava la mano libera sugli occhi "È perché i tuoi capelli sono così soffici e poi ci ricordano così tanto tua madre" concluse trasformando quel ghigno malizioso in uno dei suoi tanti sorrisi nostalgici. Io non mi immaginavo che il motivo fosse così triste quindi sentendomi in colpa abbassai lo sguardo e non risposi. Passammo il viaggio in silenzio mentre mio nonno mi fissava costantemente. Arrivati là corsi subito fra le braccia della zietta Zoe che senza nemmeno parlare capì subito che volevo vedere il mio papino. Entrando vidi un uomo dai capelli straordinariamente disordinati, con una fascia in testa, sul braccio destro e sulla gamba destra che beveva il thè nero nonché la sua fragranza preferita. Lui poteva vivere solo di quella bevanda. "Ciao papino come stai?" Chiesi avvicinandomi a lui, per essere un uomo che da poco era stato operato era in forma. "Sto benissimo ho solo una ferita alla testa una gamba fratturata e dei lividi su tutto il corpo, meglio di così" rispose ironico mentre sorseggiava il suo thè "Papino mi dispiace così tanto" dissi abbracciandolo piano per non fargli male "Di che ti scusi?" Domandò lui "Mi sento in colpa" risposi io facendo cadere delle lacrime dai miei occhi. Quelle piccole gocce di tristezza che molto spesso rigavano il mio viso facendo brillare le mie pupille. "Sei così stupida, pidocchio" disse il mio papino posando la tazza sul comodino di fianco a lui per poi staccarmi dal suo corpo. "Non dire certe stupidaggini! Non voglio che diventi come tua madre che pensava a chiunque tranne che a se stessa, perché in questo modo anche tu morirai" concluse il mio papà che mi guardava dritto negli occhi. Molte volte mi ero scontrata con il suo sguardo che al solo contatto visivo di faceva venire la pelle d'oca ma in quel momento sentivo che più che una ramanzina era una richiesta, una richiesta di smetterla di essere così per evitare di andarmene anche io. "Sì papino te lo prometto" risposi sorridendo, forse non era nelle migliori condizioni fisiche ma io gli volevo bene e avrei fatto di tutto purché aprisse di nuovo il suo cuore come aveva fatto con la mamma che , purtroppo, alla sua morte aveva rinchiuso con un lucchetto. "Mi scusi dottore ma tra quanto potrà tornare a casa?" Domandai asciugandomi le lacrime e spostando la mia visuale sul dottore "Tra una settimana dovrebbe avere il permesso di uscire ma dovrà stare sulla sedia a rotelle per un po', ne è consapevole giusto?" Disse il dottore non curandosi di me, ciò mi seccò parecchio. Solo perché ero una bambina nessuno prestava attenzione a ciò che dicevo "Papà dovrà stare sulla sedia a rotelle per sempre?!" Domandai spalancando gli occhi dallo stupore "No solo per qualche mese" rispose il dottore guardando dei documenti in mano a lui. Io sospirai e guardai mio padre sorridente "Kuchel dobbiamo andare" disse la zietta Zoe che picchiettava il piede per terra "Allora ci vediamo tra una settimana" dissi mentre davo il bacio di arrivederci che lui si asciugò subito passandosi la manica della maglietta sulla guancia, e andarmene.
-1 SETTIMANA DOPO-
Ogni giorno della settimana andavo dal mio papino a fargli visita e lui mi faceva credere che non gli facesse piacere ma io in realtà sapevo che non era vero. Entrai nella camera euforica come sempre vedendo mio padre che veniva trasportato sulla sedia a rotelle. "Papino ti aiuto!" Dissi avvicinandomi a lui ma prima che io potessi fare qualcosa lui mi fulminò con lo sguardo. "Non mi toccare perché se no mi fai cadere e io ti uccido" disse mentre riuscì a sedersi sulla sedia a rotelle anche se soffrì parecchio. "Qualcuno dovrà assisterlo per trasportarlo con la carrozzina" disse il dottore "Io!" Esclamai alzando la mano "No" rispose secco papà "Ce la faccio da solo" aggiunse muovendosi sulla sedia rotelle per mostrare che ce la faceva da solo "Allora nessun problema. Mi raccomando venite tutti i lunedì per i controlli così fra qualche mese potrete tornare a camminare" disse il dottore cacciandoci dalla stanza. Ci incamminammo verso l'uscita e una volta fuori, sospirai e presi coraggio "Papà voglio portarti io!" Dissi girando attorno alla carrozzina per poi prenderla per i manici "NO!" Esclamò papà ma io non me ne importai della sua reazione e corsi via. Era un po' difficile a causa della mia altezza però io non mi facevo troppi problemi e continuavo a correre verso casa nonostante i continui richiami da parte di mio padre. La casa era stata ripulita dagli zietti quindi era tutta pulitissima e questo piacque molto a papino. Arrivata la notte fu difficile metterlo sul letto e la stessa cosa per rimetterlo sulla sedia a rotelle una volta tornato il giorno. Nei giorni a seguire papino era sempre lo stesso almeno così voleva far sembrare ma io in realtà sapevo che quella situazione lo rendeva depresso e io riuscivo a capirlo per il semplice motivo che non mi chiamava più 'pidocchio' e che non voleva più pulire la casa lasciando a me tutto il lavoro. Molte volte pulivo la casa da sola anche prima che papà si facesse male ma solo per punizione e poi non rifiutava mai una giornata di pulizia. "Papà non mi piace vederti soffrire" dissi al mio papà che stava in cucina a parlare con gli zietti Armin e Hanji "Papà che sta succedendo?" Domandai vedendo papà con le mani tra i capelli e gli zietti con espressione triste.
ANGOLO AUTRICE
Scusate se ieri e l'altro ieri non ho pubblicato ma non ho avuto tempo💞 chissà cosa è successo!!! Comunque spero vi sia piaciuto, ciauuu😘
-Mirai

Cherry tree《Rivetra》SnkDove le storie prendono vita. Scoprilo ora