L'addio

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Cos'è veramente il tempo? 

Per molti è qualcosa di talmente complesso da spiegare, che nemmeno ci provano. Eppure alcuni lo riducono al semplice scorrere delle lancette in senso orario in un orologio a pendolo, o in uno da taschino, come se il tempo si potesse veramente possedere e portare in giro con se come un buon animale domestico. No, il tempo è qualcosa di estremamente crudele, che non si piega al tuo volere, ma continua a procedere inesorabile, togliendoti, ad ogni secondo, un battito di vita. Puoi tentare di combatterlo, ma verrai in ogni caso sconfitto, perché è sempre troppo tardi. Non hai abbastanza tempo. Non ne avrai mai.

Me ne resi conto quando quella sera sull'uscio del autunno, Ronny, il neo marito della mia migliore amica, si era presentato davanti alla mia dimora, ben fuori dagli orari consentiti per le visite, per annunciarmi la sua scomparsa. Era bastato uno sguardo d'intesa fra me e Maximilian per capire che qualcosa non stava andando troppo bene. Rispedimmo l'uomo a casa, con la semplice scusa, che forse Summer era andata a dormire dai genitori, magari per un attacco di nostalgia. Appena fuori dalla nostra portata, avevo slegato i cavalli dalla carrozza ed ero montata in sella ad uno dei due, in modo non molto signorile, partendo poi al galoppo, affiancata al mio compagno e al suo cavallo. 

Se prima i nostri erano solo sospetti, ora sapevamo a cosa stesse pensando Victoire nelle ultime ore. Portarmi nel suo covo era stata una mossa furba per distrarci dal suo vero obiettivo: Summer. Speravo solo che non le avesse fatto nulla, altrimenti non sarei riuscita a controllare me stessa. 

Grazie all'eccezionale memoria che entrambi avevamo, riuscimmo a ritrovare la strada che avevamo da poco trascorso, per ritrovarci di fronte ad una dimora avvolta dalle fiamma. Senza nemmeno pensarci, attraversai la porta principale, che ormai esisteva appena, e iniziai a chiamare la mia amica, nella speranza di una risposta. Scesi le scale per il piano inferiore, quello in cui mi ero ritrovata prigioniera, ma le celle erano solo occupate da fumo e fuoco. Decisi così di salire al piano superiore, dove il fumo era, se possibile, pure più denso e scuro e ostruiva le miei vie respiratorie. Iniziai a tossire, così cercai di respirare attraverso il tessuto del mio fazzoletto da tasca. Era veramente difficile riuscire a vedere qualcosa in quel inferno in terra e il caldo si faceva sentire, facendo imperlare la mia pelle. Ciò nonostante aprii ogni porta e controllai ogni stanza, anche quelle che ormai erano completamente divorate dalle fiamme, rischiando così di esserne avvolta pure io. Quando attraversai una porta con incisa un enorme V in stile barocco sopra, al suo interno, finalmente, intravidi un corpo inerme sul pavimento.

Mi inginocchiai su di esso, notando il corpo minuto della mia amica, avvolto da abiti stracciati. Il volto era pallido ed esangue, come mai lo avevo visto, quasi privo della vitalità che da sempre la caratterizzava. I capelli, una volta color del grano, ora sembravano solo paglia della peggior qualità. Gli occhi erano chiusi, ma sentivo ancora qualche debole respiro, o per meglio dire, colpo di tosse, che mi dava ancora un briciolo di speranza. Provai a svegliarla, scuotendola dolcemente, e poi in modo più rude, fino a che l'ambra pura guardò negli occhi lo smeraldo. <Rose> riuscì a pronunciare in un rauco verso. <Dobbiamo andarcene. Alzati per favore.>

Cercai di tirarla su, ma ogni sua fibra si opponeva, non provando nemmeno ad assecondarmi. Iniziai a piangere, un po' per la disperazione, un po' per le fiamme che iniziavano a bruciare la mia pelle. Lei prese la mia mano nella sua dolcemente, non lasciando mai il nostro contatto visivo. <Sto morendo Rose, devi andare via prima che sia troppo tardi anche per te.>

Scossi la testa con forza, non riuscendo nemmeno a formulare il pensiero di abbandonarla. Cercai di tirarla verso di me, per prenderla in braccio e portarla fuori a forza, con il risultato di averla semplicemente sul mio grembo. <Non ti lascerò mai!> Il fumo era denso e impediva quasi del tutto di vedere, ma riuscii a scorgere un piccolo sorriso sulle sue labbra, prima che si aprissero nelle sue ultime parole, mentre io cercavo di alzare entrambe da quel pavimento così bollente. <Ti voglio bene.>

Summer abbandonò il suo capo sul mio petto, togliendo ogni forza dal mio corpo di rialzarsi, come se un macigno fosse posizionato proprio sulle mie spalle. Piansi e la chiamai in quel turbinio di fumo e fuoco, intenzionata a rimanere lì e morire al suo fianco, perché senza di lei non sarei riuscita ad andare avanti, lo sapevo troppo bene. 

Due braccia mi avvolsero la vita sollevandomi da terra ed io iniziai a scalciare e a muovermi come in preda alla follia, urlando e piangendo anche più forte. Maximilian dovette tenermi ben stretta per impedirmi di sfuggire da lui. <Rose calmati, moriremo se non usciamo di qua immediatamente.> <Lasciami morire qua! Lasciami!> Continuai ad urlare anche quando il vampiro si fece strada fra le fiamme e le macerie, fino all'uscita dalla casa di Lucifero. Una volta fuori tornai a respirare, anche se era l'ultima cosa che volevo fare. Avevo appena perso quella che per me era stata mia sorella per tutta una vita, come potevo ancora vivere, sapendo di averla uccisa con le mie mani? 

Non fui lasciata nemmeno quando salimmo sul suo cavallo, anche se ormai avevo smesso di scalciare ed urlare, lasciando che le lacrime scorressero libere e silenziose sulle mie guance e sulle mie ferite. Abbandonai ogni mia volontà nelle mani di Maximilian, diventando una bambola di pezza da ricucire dopo che il cane l'aveva fatta a pezzi, in mille brandelli di gommapiuma e stoffa. Arrivati a casa, con molta pazienza cucì ogni piccola parte di me, disinfettando le bruciature e bendandole con creme apposta. Emilie, al suo fianco, mi pettinò i capelli in silenzio, mi spogliò e mi fece indossare la vestaglia, per poi coricarmi a letto, come si fa con tutte le bambole che si amano di più. 

Smisi di piangere nel momento in cui entrai in casa mia, come smisi di provare qualsiasi tipo di emozione, ne dolore quando pazientemente Maximilian mi spalmava l'unguento sulle bruciature, ne sollievo quando mi tolsero gli abiti sporchi e bruciati e nemmeno pace quando chiusi gli occhi fra le braccia del mio vampiro, mentre mi accarezzava i capelli per farmi addormentare. Nessuna speranza per un giorno migliore che prima o poi sarebbe arrivato, solo un unico pensiero fisso, come un chiodo impiantato troppo in profondità nel cervello per poter essere rimosso.

Buongiorno

Ve lo aspettavate?
Mi dispiace un pò per Summer, era uno dei miei personaggi preferiti, ma doveva morire. Purtroppo, o per fotuna, le cose tristi e tragiche non sono finite. Ci sarà di peggio... molto peggio, quindi tenetevi psicologicamente pronte.

Ciao ciao

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La Cacciatrice: gioco fra vampiriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora