Sete di sangue

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Se avessi potuto descrivere la mia vita con un momento della giornata avrei sicuramente scelto la notte.
Era l'ora nella quale gli essere più oscuri uscivano e io avevo il dovere di eliminarli. Mi sentivo al sicuro avvolta nel manto oscuro perché io sapevo esattamente cosa si celava oltre quel velo e sapevo di poterlo affrontare.

Le certezze però non erano poi così forti in quell'ultima settimana, nella quale la notte mi aveva portato solo angoscia. Le battute di caccia erano ormai diventate un inutile pretesto per perlustrare la città in cerca di un unico vampiro. Mai come in quelle notti mi sentii in pericolo con in circolazione un vampiro millenario instabile e assetato.
Non che avessi davvero paura che lui potesse farmi qualcosa. La mia preoccupazione era che lui potesse fare a se stesso qualcosa. 

Da quando gli avevo detto di andarsene, lui non era più tornato e non aveva fatto avere nemmeno sue notizie a mia zia, che saputo tutto l'accaduto, era entrata in uno stato di ansia perenne. Diceva di avere percepito vibrazioni negative a riguardo, ma non sapeva nemmeno lei come interpretarle.
Non sapevo nemmeno se Maximilian si trovasse ancora in città, anche se una piccola parte di me sapeva che non se n'era andato veramente, si era solo nascosto. Lo conoscevo da tutta la vita, eppure non riuscivo ad immaginare nemmeno un luogo in cui potesse essere se non nella sua stanza, a casa, dove non tornava da sette giorni.
Dopo aver visitato ogni luogo, anche più oscuro della città, una sera mi venne un lampo di genio.

Mi ritrovai di fronte a dei cancelli in ferro battuto enormi e tenuti chiusi da un insignificante lucchetto quasi arrugginito. Lo tirai e con facilità di staccò il primo anello della catena, troppo sottile per non essere manomessa. Attraversai il sentiero centrale, passando per quella strada dove i miei unici spettatori erano le lapidi. In fondo al cimitero, ormai deserto e poco illuminato, c'erano le cripte. La tipica nebbia londinese mi accompagnava per tutto il tragitto, rendendo quel posto ancora più inquietante.
C'era un unica cripta che mi interessava in quel posto, aveva la statua di un guardiano con la spada fra le mani. Mi avvicinai al portone aprendolo per poi ritrovarmi in una stanza quasi completamente avvolta nel buio se non per lo spiraglio di luce lunare che avevo appena aperto. Alle tre altre pareti, un sacco di bare vi erano incastonate, fra cui anche quella di mio zio Albert.
In un angolo, tutto rannicchiato, vi era una figura non molto illuminata.

<Non ti sembra un pò un cliché per un vampiro nascondersi in un cimitero?> <Cosa vuoi Rosalinne?>
La sua voce era arrochita per la sete e anche per il fatto che probabilmente non aveva parlato molto in quei giorni. I suoi occhi erano gli unici fari luminosi il mezzo al buio, e brillavano come rubini.

<In realtà ti stavo cercando per impalettarti, ma vedo che non sei messo molto bene già di tuo.> <Sai, non ricordavo avessi un sarcasmo così pungente.> <Non ce lo avevo infatti, ma qualcuno mi ha obbligato a tirare fuori lati del mio carattere che nessuno,  nemmeno io, conoscevo.>

Attraversai la stanza per ritrovarmi così di fronte a lui e successivamente mi sedetti al suo fianco. Sapevo che non mi avrebbe morso, nonostante tutto. Rimanemmo un attimo in silenzio finché lui non lo ruppe.

<L'ho quasi uccisa Rose..> <Chi?>
<Una cameriera, al matrimonio di Summer. Ero infastidito,me ne sono andato e lei era lì,  in giardino. Poche volte mi è capitato di non sapermi fermare. Ho prosciugato tanta gente, ma sapevo quello che facevo. Mi sono accorto che stava morendo solo quando si è accasciata. Le ho dato un pò del mio sangue e le ho modificato i ricordi, ma i miei continuano a rimanere vividi.> <Infastidito da cosa?>
<Non sperare che io te lo dica sul serio...> Disse quasi scocciato. Io in risposta appoggiai la mia testa sulla sua spalla inspirando il suo profumo.

<Ti prenderei a pugni solo per il modo in cui ti sei comportato, quando avresti potuto semplicemente ammettere di essere geloso.> <Non farti strani pensieri. Questo non vuol dire nulla. >
Sospirai pesantemente per poi alzarmi dal pavimento e tendergli la mano. <Torniamo a casa.>

Salimmo sulla carrozza che subito prese la strada di casa. Ci sedemmo ai lati apposti della carrozza, non sfiorandoci nemmeno. Lui era teso, e le sue iridi non erano ancora tornate del loro colore naturale.

<Da quanto non ti nutri?> Chiesi di getto, obbligandolo a guardarmi.
<Dal matrimonio.> <Devi nutrirti al più presto. Abbiamo già visto cosa può succedere se sei debole.>

Scivolai un pochino più vicino a lui.
<Bevi da me.> <Non posso.> Ammise lui, schicciandosi contro la parate per stare lontano da me, che intanto avevo scoperto il collo per lui.
<e per quale motivo il mio sangue non andrebbe bene?> <Sciocca, non è questo, se non sono riuscito a fermarmi con quella ragazzina,  chi mi dice che riesca a farlo con te?>

Gli accarezzai il volto dolcemente, come si fa con i bambini per tranquillizzarli. <Mi fido di te. Lasciati andare.>

Lui non se lo fece ripetere una seconda volta. Mi prese per il braccio e mi portò seduta sopra le sue gambe. Incominciò a baciarmi e a divorarmi le labbra e il collo senza mai affondare i canini nella mia carne.
Arrivammo a casa e lui, nonostante lo avessi creduto debole, riuscì a prendermi in braccio e a portarmi in camera mia a velocità di vampiro, senza mai farmi toccare il pavimento. Mi distese sul letto iniziando a sfilarmi il mantello e la gonna voluminosa lasciandomi addosso solo la camicetta e la sottoveste.

<Non posso resistere per molto...>
<Shh. Fallo.> Affondò i suoi canini nel mio collo e in un istante incomincia a non comprendere più nulla. Una miriade di sensazioni piacevoli avevano attraversato il mio corpo, portandomi all'apice e stordendomi. Non rubò molto sangue, ma bastò per placare i suoi occhi e un pò la sua sete per quella sera. Si distese al mio fianco dopo essersi tolto la camicia e mi abbracciò. Ero stremata come se avessi corso per ore, così mi accoccolai al suo fianco, addormentandomi.

Quando mi svegliai Max non era più nel letto e la finestra che dava sul balcone era aperta. Mi avvolsi in una vestaglia e uscii anche io a farmi abbracciare dal venticello del primo mattino. <Buongiorno.>

Lo guardai un pò dubbiosa su come comportarmi per quello che era successo la notte precedente. Lui mi squadrò da capo a piedi, soffermandosi sul mio collo e io d'istinto mi toccai nel punto dove avrebbero dovuto esserci i segni, che sentii quasi del tutto svaniti. Non mi ricordavo di averci messo sopra l'acqua santa.
<Come stai?> <Dovrei essere io a chiederlo a te.> <Ti prego, non rimanere a digiuno. Sai meglio di me cosa potrebbe accadere.> <Lo so. Ora è meglio che vada, non vorrei che qualche cameriera pettegola ci trovasse in momenti sconveniente.>

Bonjour
Sto odiando il freddo e l'inverno con ogni fibra del mio corpo. Non vedo l'ora che arrivi la primavera e l'estate. Se c'è una cosa che odio ancora di più è quando piove d'inverno e pensate un pò dove vorrei andare il prossimo inverno? A Londra... nella capitale della pioggia.

Non credo ci sia molto da dire sul capitolo a parte che non è tutto ora quello che luccica. Max continua ad essere controverso e a fuggire e i momenti belli saranno sempre meno. E come nel libro precedente,  anche in questo ho già scelto chi morirà, forse anche più di qualcuno.

Felice vita a tutti, a parte a quelli che si trovano in posti caldi e con il sole... loro avrebbero dovuto invitarci!

Ciao ciao

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La Cacciatrice: gioco fra vampiriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora