Capitolo Quinto: Akràv

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  "You know I've seen a lot of what the world can do

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  "You know I've seen a lot of what the world can do

and it's breaking my heart in two" 

-Wild World (Cat Stevens)

Il cuore di Alexandria prese a battere con così tanta forza che per un attimo temette potesse schizzarle fuori dalla gabbia toracica e, più si sforzava di percepire un qualsiasi rumore, più i palpiti nel petto parevano diventare assordanti

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Il cuore di Alexandria prese a battere con così tanta forza che per un attimo temette potesse schizzarle fuori dalla gabbia toracica e, più si sforzava di percepire un qualsiasi rumore, più i palpiti nel petto parevano diventare assordanti. Erano anni che non provava una simile ansia, eppure bastava il fantasma di una minaccia, o di una delusione, a piegarla a quel modo. Possibile che si fosse rammollita tanto?
Certo, c'erano molte possibilità che non vi fosse nessuno all'interno dell'edificio, viste le condizioni in cui vergeva, ma ve ne erano altrettante che si trattasse di una trappola del Cultus; in fin dei conti sapeva bene quanto scrupolosi e infimi fossero quei tizi, ma arrivare a temerli a tal punto le parve ridicolo. 

Seppur si trattasse di una setta centenaria, sicuramente più antica di lei, solo una volta era riuscita ad avere la meglio su di loro e, a essere del tutto onesti, non era nemmeno stata un'occorrenza voluta: dubitava fortemente che dopo le peripezie e i cadaveri che avevano accumulato, l'intento di quel gruppo di folli fosse semplicemente quello di uccidere Salomone. Anzi, per quel che ne sapevano, era esattamente l'opposto. Il Cultus Sanguinis desiderava il Re per la sua conoscenza dell'Ars, per comprendere come fosse possibile, dalla morte, dar vita alle Chimere e, certamente, raggiungere l'immortalità.

Erano alchimisti, o così amavano definirsi, ma non avevano mai raggiunto la grandezza del Sovrano d'Israele; e a confutare quella verità c'era l'innumerevole susseguirsi di fallimenti che aveva segnato l'esistenza della loro loggia. Che senso avrebbe avuto, altrimenti, dare la caccia alla loro famiglia, se già da soli potevano controllare una simile magia?

Negli anni Z'év si era domandata spesso, mentre si macchiava le mani con il sangue di quei poveri idioti, per quale ragione non riuscissero a ottenere ciò a cui tanto ambivano, ma ogni volta che lo aveva chiesto a Salomone la risposta era stata vaga, diversa. Forse nemmeno lui la conosceva realmente, quindi provava a barcamenarsi tra i propri pensieri. Alla prima occasione le aveva detto "ignoranza, credo", "mancanza d'ambizione" quella successiva. Una volta le aveva persino sussurrato che "l'Ars sceglie i propri figli, non il contrario" - e lui ne era la prova, Levi e tutti i suoi fratelli le altre sette. Quella, forse, era stata la risposta più sensata, anche se a distanza di trent'anni non avrebbe più saputo dire quanto ancora vi credesse; dopotutto una come lei cosa aveva di speciale? Non lo riusciva a immaginare, eppure era riuscita a sopravvivere sia alla Délet -b Ge'henom (Porta dell'Inferno), sia a quel corpo. Non tutti potevano dire lo stesso.

Le Chimere di Salomone: il ReDove le storie prendono vita. Scoprilo ora