Capitolo Tredicesimo - Parte Seconda: Il corpo ricorda

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"Once upon a time I could take anything, anything.

Always stepped in time, regardless of the beat

I moved my feet, I carried weight

What I could not do I faked

I dug seeking treasure

Just to wake up in an early grave" 

- This is letting go, Rise Against

- This is letting go, Rise Against

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Ciò che Alexandria aveva scorto in quel triste auditorium universitario non le piaceva per niente. Non importava quanto suo fratello si ostinasse a credere diversamente, lei non riusciva a riporre alcuna fiducia né speranza nel ragazzo che si erano trovati davanti. Eppure, al cospetto delle domande e delle obbiezioni di Levi si era trovata priva di difese, persa. Si era sentita mettere spalle al muro, aveva percepito la sua autorità, la sua fede nei confronti del proprio migliore amico schiacciarla contro una parete di gelide sensazioni e, pur di non crollare, aveva lasciato che la frustrazione la sormontasse fino a farla fuggire. Non era da lei scappare in simili circostanze, o almeno così aveva creduto - peccato che per la seconda volta si fosse allontanata da Akràv e Nakhaš privandoli della possibilità di difendere le proprie idee.
E non solo: era scappata anche dalla persona che avevano rincorso per un'intera settimana. 
Il cuore a quel pensiero le si strinse in una morsa tanto vigorosa da farle male e, persino nolente, il viso confuso di Noah tornò a riempirle la mente. Erano stati quegli occhi grigi a dirle che non si trattava del suo Re, il modo in cui non lo aveva visto reagire di fronte a Levi - non lei, ma al Generale, alla prima Chimera, colui per cui Salomone aveva ripudiato il Dio tanto amato e aveva osato oltrepassare il limite tra vita e morte. 

Di un legame del genere non ci si sarebbe mai potuti dimenticare.

E quindi, quel ragazzo, per quanto le membra le dicessero altrimenti, non poteva essere lui.

Costringendosi in una via appartata, una diramazione della vena principale in cui si trovava, Z'év sentì l'urgenza di nascondersi da chiunque: i cittadini intorno a lei, i fratelli che avrebbero potuto correrle dietro e i sensi di colpa che avevano preso a morderle le caviglie. Si ritrovò ad arrancare per qualche metro, poi le fu impossibile proseguire. La vista divenne d'improvviso meno nitida, gli occhi presero a bruciarle e portandosi una mano alla bocca tentò di soffocare un singhiozzo. Le lacrime presero a scenderle calde lungo il viso, le colarono lente sino al mento obbligandola ad appoggiarsi a uno degli edifici lì presenti; ma perché stava piangendo? Per quale stupida ragione si sentiva così turbata, fragile, in balìa di... non avrebbe saputo dire con chiarezza di cosa si trattasse, eppure era una sensazione di vuoto che pareva espandersi dalla bocca del suo stomaco - così con le unghie andò astringere la carne sotto al maglione, lì dove i polpastrelli incontrarono le linee della cicatrice. Bruciavano ancora, terribilmente. La pelle raggrinzita del sigillo sembrava essere fatta di tizzoni ardenti, ma non riusciva a comprendere se fosse un'illusione e realtà - in quel momento, a dire il vero, fatica a capire molte cose.

Le Chimere di Salomone: il ReDove le storie prendono vita. Scoprilo ora