Capitolo ventiduesimo - Parte Prima: Ora e da sempre

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"Give me a sign
Come back to the end
The shepherd of the damned
I can feel you falling away

No longer the lost
No longer the same

And I can see you starting to break
I'll keep you alive
If you show me the way
Forever and ever
The scars will remain"

Breaking Benjamin, Give me a sign

Sia nello scendere le scale, sia nell'avanzare lungo i marciapiedi umidi di Vienna, Zenas non era riuscito a distogliere lo sguardo dalla testolina sbiadita di Alexandria, dalle sue spalle fin troppo dritte e quel modo di camminare eccessivamente ...

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Sia nello scendere le scale, sia nell'avanzare lungo i marciapiedi umidi di Vienna, Zenas non era riuscito a distogliere lo sguardo dalla testolina sbiadita di Alexandria, dalle sue spalle fin troppo dritte e quel modo di camminare eccessivamente sicuro, simile all'incedere di una belva a caccia. C'era qualcosa di particolarmente insolito in lei, nel fatto che avesse cercato di opporsi a Levi, così, soprattutto per quest'ultimo motivo, non aveva obiettato di fronte all'ordine del fratello di allontanarla dall'appartamento di Noah. Comprendeva fin troppo bene la preoccupazione di Nakhaš nei confronti dell'Hagufah e, soprattutto, di Z'èv, ma loro sorella non era affatto una stolta, non avrebbe fatto nulla che potesse compromettere la momentanea tranquillità in cui si trovavano, anche se qualcosa, in quel suo atteggiamento, suggeriva persino a lui di non abbassare la guardia - ma perché? Cosa diamine le stava succedendo? Possibile che l'incidente avuto poco prima l'avesse scombussolata tanto da dargli l'impressione che fosse su di giri, come succube di una qualche droga?
Per tutto il tragitto, e poi anche seduti al pub, avrebbe voluto cedere al formicolio nelle proprie mani, afferrarla, scuoterla e chiederle spiegazioni, ma si trattenne. In qualche angolo recondito di sé temeva le conseguenze di quell'azione, quasi il suo sesto senso volesse avvertirlo di un possibile pericolo. Così, fingendosi meno preoccupato di quanto non fosse in realtà, Akràv aveva risposto a ogni sguardo della Contessa con un sorriso a labbra strette; l'aveva dunque scrutata infilarsi in un locale a molte straßen di distanza da casa di Noah e lì, a intermittenza irregolare, sporgersi oltre il bancone per sollecitare al barista "eine weitere Runde!", un altro giro. Chiunque non avesse assistito a ciò che era successo, a quella sorta di involontario tentativo d'omicidio, avrebbe potuto supporre che la sesta Chimera stesse festeggiando qualche avvenimento particolare - cosa che, ad essere onesti, aveva pensato anche lui nel vederla sorridere e flirtare con tutti quegli sconosciuti -, peccato che in quel momento ci fosse gran poco di cui essere felici.
Sì, Noah aveva dimostrato ancora una volta di essere Salomone, smentendo in definitiva i sospetti di Z'èv, ma purtroppo nel farlo aveva anche dato prova di essere una sorta di mina vagante. Sarebbe bastato mettere un piede nel punto sbagliato e... puff! sarebbero saltati tutti in aria, esattamente come era quasi capitato alla ragazza accanto a lui. E in effetti il fatto che lei fosse sopravvissuta a quella quasi esplosione si poteva considerare un motivo di celebrazione; peccato che nel suo caso risultasse un comportamento terribilmente forzato.

Così Zenas, per evitare di mandare in frantumi quella calma apparente, si era fatto ombra accanto a lei, restando a fissarla in un silenzio intervallato solo da poche e fugaci parole in un tedesco grezzo. Mordendosi la lingua si era concesso il fastidioso piacere di guardare come gli insegnamenti di Colette e Willhelmina, la terza e quinta Chimera, avessero plasmato la contessina ungherese cresciuta nella castità cattolica tanto in voga nel diciottesimo secolo, segnando i confini tra l'umana del passato e il mutaforma a cui Salomone aveva dato vita. Morire equivaleva a cambiare, si ricordò a un certo punto spostando lo sguardo dalla sorella alla propria pinta, e quella era una certezza. Non solo fisicamente, come poteva sembrare di loro a una prima occhiata, ma soprattutto più in profondità. Era un po' come per Alice che attraversa lo specchio: la bambina che torna a casa dopo essere stata nel Paese delle Meraviglie non è la stessa che ci è entrata quella stessa mattina, come dice persino Lewis Carroll. È cresciuta, sì, ma non solo. Qualcosa in lei, quando rimette piede nella realtà, viene brutalizzato. Forse la sua spensieratezza, forse la sua innocenza, forse tutto ciò che era stato seviziato anche nella loro anima nel momento del lakhazor.

Le Chimere di Salomone: il ReDove le storie prendono vita. Scoprilo ora