Capitolo Trentasettesimo - Parte Seconda: Cultus Sanguinis

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Uno

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Uno.
Due.
Tre.

Respiro.

Uno.
Due.
Tre.

Ancora un altro respiro.

Uno.
Due.
Tre.
I suoi occhi caddero sulla mano con cui teneva la pistola, poi sul panorama oltre il finestrino dell'auto. Per un istante ebbe l'impressione che il tempo attorno a loro si fosse fermato, che ogni cosa gli fosse estranea eppure conosciuta. Non gli sembrava nemmeno di essere padrone del proprio corpo, ma tacque ognuno di quei pensieri nella speranza che si dissipassero in fretta.
Levi, accanto a lui, fumava pigramente quella che probabilmente sarebbe stata l'ultima sigaretta prima di entrare in azione, mentre Alexandria controllava per l'ennesima volta le fasciature di Zenas. Sul suo viso si poteva leggere una tensione loquace, mentre nei movimenti che compiva con tanta meticolosità la paura che se le bende e i cerotti non fossero stati ben saldi il corpo del fratello sarebbe potuto cadere a pezzi.

Nessuno aveva osato parlare. Né al momento dell'arrivo, né durante tutto il tragitto fino a Grenoble. Ciononostante, pensò Noah, ci sarebbe stato molto di cui discutere. Ad esempio delle sensazioni insolite che stava provando, dei pensieri e del mal di testa che non lo avevano abbandonato dal risveglio, seppur confuso, sino a quel preciso istante. La testa gli scoppiava, sembrava carica di chissà quali cose - o forse era tutto frutto della paura che gli attanagliava lo stomaco.

Uno.
Due.
Tre.
Il suono secco delle dita di Levi intente a lanciare il mozzicone lontano da loro lo fece riscuotere. Come se si trattasse di un segnale concordato molto tempo prima, Noah si volse verso la Chimera, i loro sguardi si incrociarono. Le iridi di Nakhaš d'un tratto apparvero come oro fuso e fu chiaro che la sua natura inumana si stesse agitando sotto la superficie di quel corpo. Lo sapeva senza dover leggere le sue emozioni, lo capiva come un'estensione della propria persona, come se in quella situazione di merda ci si fossero messi decine di volte prima.
Il sospiro di Levi arrivò possente, grave: «Nessun cedimento, okay? Una volta là dentro...» con il mento sembrò puntare a quella che da fuori aveva tutta l'aria di essere una biblioteca di paese risalente a un'epoca passata, peccato che il cancello attorno rendesse l'accesso meno semplice di quanto sperato. Erano abbastanza fuori dal centro, circondati da alberi e stradine poco battute. Alle spalle dell'edificio il versante di una delle colline che contenevano i limiti della città, dall'altro il panorama urbano: «...non ci sarà via di ritorno fino all'abbattimento totale del Cultus.»
Alexandria si morse il labbro superiore, Zenas strinse i pugni davanti a sé. Noah li poté scorgere con la coda dell'occhio e la stretta allo stomaco si fece ancor più nauseante. In quelle condizioni, considerò, non avrebbe fatto altro che mettere a repentaglio tutti, ma nonostante ciò non li avrebbe lasciati agire da soli. Era stato lui a insistere e per questo non avrebbe fatto marcia indietro.
«O loro, o noi.» Ringhiò Akràv.
«Come sempre...» aggiunse Z'év.

Uno.
Due.
Tre.
Respiro.

Uno.
Due.
La sicura dal lato di Levi scattò facendo spalancare la portiera.
«Si dia il via alla resa dei conti.»

Le Chimere di Salomone: il ReDove le storie prendono vita. Scoprilo ora