Capitolo Ventunesimo - Parte Seconda: La linea sottile tra alleati e nemici

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"It's so hard to find the truth

When the other side wants to bury you, to bury you
And it's so hard to find a way"


- Common Ground, Our Last Night

- Common Ground, Our Last Night

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Alexandria annaspò.
Aggrappandosi al bordo del letto di Noah, quasi sopraffatta da un conato di vomito, cercò di sostenersi al meglio perché, volente o nolente, doveva ammettere di non essere affatto uscita indenne da quel loro secondo contatto. Se la prima volta, sulle scale dell'università, lo aveva afferrato sentendo una piacevole vampata scaldarle le membra, poco prima, nel salotto, si era sì sentita ardere, ma per venir poi bruciata viva. Più le mani di lui l'avevano stretta a sé, più lei aveva avvertito il corpo diventare cenere.
E poi lo aveva visto.
Il suo volto le era apparso davanti come una visione, un fantasma. Sulla sua faccia era comparso ancora quel sorriso dolce e al contempo stanco, nello sguardo erano tornati la preoccupazione e il dolore che lei tanto aveva odiato scorgere quella notte - ed era stato come venir schiacciata al suolo. Salomone, o meglio l'Hagufah che lei aveva conosciuto, era tornato di fronte ai suoi occhi, l'aveva presa tra le braccia e le aveva chiesto: "Willst du leben, Gräfin? Möchtest du für immer bei mir bleiben, kleine Alexandria?" e come allora lei si era sentita perduta. Ma vivere per davvero, almeno una volta, era stato più allettante del mettere fine alla propria condanna sociale; inoltre...

Pigiando i denti nella carne del labbro Z'èv tentò di trattenere le lacrime e spostando lo sguardo altrove si ritrovò a posarlo attorno a sé, su ciò che riempiva quel luogo, a studiarlo. Il profumo di Noah era ovunque, dalle lenzuola sotto cui si era rintanata fino alle pareti. L'aveva cullata durante il suo breve riposo fin quasi a diventare familiare, un po' come quello di lui. Su una sedia adiacente l'armadio aveva notato alcuni dei suoi vestiti, ben piegati e immacolati, mentre libri di ogni dimensione, genere e colore riempivano le mensole, il pavimento e anche il davanzale della finestra accanto a lei in ordine nettamente più casuale. Una manciata di locandine di film d'epoca riempivano le pareti chiare e, soffermandocisi appena, Alexandria si accorse di conoscerli tutti. In particolare però, si rese conto di non essere affatto stupita di vedere in bella mostra quei poster: per ognuno poteva capire il motivo per cui era stato scelto, quasi conoscesse i gusti del padrone di casa al pari dei suoi. Un paio erano stati messi lì per la grafica accattivante, altri per la bellezza della pellicola in sè - e nel rendersene conto per poco non le sfuggì un sorriso che, prontamente, provò a coprire con il dorso della mano, quasi qualcuno potesse vederla. Se avesse chiuso gli occhi in quel momento, ebbra della sua presenza, e avesse trattenuto il respiro, di certo il viso di Noah le sarebbe apparso davanti con estrema vividezza, come se la stesse ancora stringendo tra le proprie mani, e a quel punto dissipare l'imbarazzo sarebbe stato impossibile. Sapeva che se avesse cercato di allontanare la sua immagine dalla mente non avrebbe ottenuto alcun risultato, così come era altrettanto consapevole che, ad ogni tentativo, i connotati di quel corpo sarebbero sempre più mutati sino a diventare quelli del Salomone che aveva conosciuto molto tempo prima; e a quel pensiero una morsa le strinse lo stomaco. Più provava a non pensarlo, più il ricordo delle loro ultime ore insieme si faceva assillante, arrivando a trasformare dell'innocente imbarazzo in un soffocante senso di colpa. E, alle volte, i sensi così sviluppati del Lupo diventavano una sorta di condanna.

Le Chimere di Salomone: il ReDove le storie prendono vita. Scoprilo ora