Capitolo ventitreesimo - Parte seconda: Un corpo troppo umano

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"Yeah, I come alive, I'll survive, take on anything
So paint a target on my back let 'em come for me
I don't fall, don't quit, don't ever sleep
'Cause, I'm on another level that you'll never reach"

- I prevail, Bow Down

Muoversi con il braccio di Zenas intorno alle spalle era difficoltoso, soprattutto in quelle condizioni

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Muoversi con il braccio di Zenas intorno alle spalle era difficoltoso, soprattutto in quelle condizioni. Il suo peso la stava schiacciando insistentemente a terra, mentre la gamba malconcia tentava di farli inciampare entrambi ad ogni tentativo di accelerazione - non a caso si stavano muovendo lenti. Troppo.
Alexandria poteva sentire il proprio cuore battere all'impazzata e farle male, ma non avrebbe saputo decretarne con certezza il motivo. Era stanca, ovvio, stava facendo uno sforzo incredibile a trasportare il fratello dopo lo scontro con gli alchimisti e la mutazione, ma oltre a quello c'era anche la paura. E se qualcuno li avesse visti? Erano conciati da far spavento. I visi tumefatti, gli indumenti lisi, la pelle imbrattata di sangue; parevano essere stati vittime del peggiore degli incidenti; ma più degli umani veri e propri Alex era intimorita da altro, o meglio, il Cultus. Potevano ancora rintracciarli, catturarli, rinchiuderli e seviziarli se non si fossero tolti la vita prima, ma in quelle condizioni non era certa ci sarebbero riusciti. E ciò la faceva sentire in gabbia.
Sapeva senza dover avere alcuna conferma che Zenas non avrebbe avuto la forza per iniettarle il suo veleno e, men che meno, che lei avrebbe avuto le palle di recidere la giugulare del fratello. Erano entrambi incredibilmente deboli e tutto per colpa di un'unica persona: Noah. Se quello stupido Hagufah avesse saputo come usare l'Ars, se avesse mantenuto la presa sui ricordi della sua anima millenaria forse non sarebbero stati così fragili. Invece no; aveva perso ogni cosa, dalla sua memoria alla capacità di mantenerli in vita. E se avesse potuto Z'év lo avrebbe maledetto per aver compiuto una simile, riprovevole azione. Possibile che Salomone fosse stato così ingenuo? Possibile che non avesse messo in conto nessuna conseguenza? O forse lo aveva fatto volontariamente?
A quel pensiero il cuore le si strinse, aumentando il dolore che sentiva e facendola inciampare sui suoi stessi piedi - e se non fosse stato per la prontezza di Akràv sarebbero ruzzolati a terra. Con il braccio teso e il palmo premuto contro il muro di un edificio, l'uomo sorresse entrambi, rivolgendole un sorriso che Alexandria in quel momento non riuscì a trovare davvero rassicurante.
«Con calma, akhòt.»
Si morse il labbro, allontanando lo sguardo dal viso di Zenas. Avrebbe voluto dirgli che di motivi per restare tranquilli ce n'erano davvero pochi, che avrebbero fatto meglio a trovare un piano di riserva, eppure tacque, conscia di quanto quei pensieri, probabilmente, stessero facendo capolino anche nella sua mente.

Un piede davanti l'altro si rimisero in moto, stando attenti a qualsiasi rumore o sensazione i loro corpi riuscissero a percepire.
Quando passi insoliti si facevano vicini, Alex si lasciava premere dal fratello contro qualunque edificio avessero accanto. Permetteva alle mani e alle braccia ferite di Zenas di nascondersi sotto ai suoi vestiti, sfiorandole la pelle, così come alle sue labbra di posarsi all'angolo della propria bocca. Celavo il viso di uno a ridosso dell'altro, mentre tra le ciocche di capelli scrutavano i passanti per essere certi di non correre alcun pericolo e, poi, guardinghi, riprendevano il cammino. Mutamente ringraziò più volte i lampioni arancioni, tremolanti e le ombre della sera, la stanchezza, le droghe o l'alcol che gli umani che incrociavano il loro cammino avevano ingerito perché, a differenza del passato, passare inosservati sarebbe stato molto più complicato in una situazione del genere. In silenzio si mossero per le strade senza sapere quanto mancasse alla meta, orientandosi a tentoni in una città che in quelle poche settimane le parve di non aver studiato a sufficienza e più volte, arrivata di fronte a un incrocio, si era chiesta dove andare. Destra? O forse sinistra? E se fossero andati dritti sarebbero comunque stati in grado di ritrovare la strada?
Per fortuna, dove poteva, Zenas aiutava con il suo senso dell'orientamento e, falcata dopo falcata, si ritrovarono a scorgere vie quasi familiari.
Ci volle più di mezz'ora prima che ad Alexandria fosse possibile dire "manca poco", anche se quel "poco" era relativo; in quanto distanza non ne restava molta tra loro e casa di Noah, ma in quelle condizioni il tempo di percorrenza si sarebbe potuto dilatare senza freni. Con suo fratello in uno stato migliore forse quel "poco" sarebbe stato una tempistica rassicurante, reale, ma sfortunatamente non era così e il paio di chilometri che mancavano all'arrivo le parvero estenderei davanti a loro come oceani interi. Quasi le venne la nausea a pensarci.

Le Chimere di Salomone: il ReDove le storie prendono vita. Scoprilo ora