Capitolo 5. Il boia e il serpente

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Severus Piton doveva aver preso davvero sul serio il Voto Infrangibile che aveva fatto con Narcissa Malfoy, limitandosi non solo a proteggere il figlio della sopracitata, ma anche a insegnarli più di quanto fosse lecito, preparandolo all'evenienza, poi realizzata, della sua morte. La madre, probabilmente, non avrebbe approvato se avesse saputo: avrebbe voluto il figlio il più lontano possibile dall'azione, e dai guai. Ma visto il fallimento del marito nel portare a compimento una missione affidatagli dal Signore Oscuro, la vendetta di quest'ultimo sul giovane era una cosa piuttosto scontata, e nell'eventualità di un possibile futuro scontro contro il mago più potente dell'ultimo secolo, era stato opportuno dare al ragazzo approfondite informazioni in merito ai duelli. Così a Draco Malfoy era stato insegnato come difendersi, e come attaccare, e con un insegnante come Severus Piton – il Principe Mezzosangue, inventore del Sectumsempra – era ovvio che lui diventasse bravo.
Ma non così dannatamente bravo. Hermione si era sbagliata, doveva ammetterlo: Malfoy non aveva mentito. C'erano pochi Incantesimi che non conoscesse – quelli meno canonici, solitamente non usati nei Duelli tra maghi, ma che a lei e ai suoi amici avevano salvato più volte la vita – che poi erano quelli in cui incontrava più difficoltà, non tanto perché non fosse capace di impararli, quanto piuttosto perché nemmeno ci provava. La sua applicazione era paragonabile soltanto alla sua gentilezza, ed ovviamente entrambe rasentavano lo zero. Aveva sempre quell'aria annoiata, stampata sul viso, che sottintendeva una superiorità non certo nascosta; e quando qualcosa gli riusciva, la guardava con quel suo ghigno soddisfatto, che la faceva infuriare.
Avevano ricominciato a parlare solo perché Hermione, alla fine, aveva ceduto. Non che avesse davvero voglia di scusarsi, né tantomeno di parlargli; ma se c'era una cosa di cui aveva sofferto durante la guerra, era stata la solitudine, e nei due giorni in cui aveva evitato qualsiasi contatto – anche visivo – con Malfoy, la presenza tanto evidente dell'assenza di qualcuno si era fatta tanto pesante da spingerla sull'orlo delle lacrime. Non importava che fosse il Serpeverde più odioso e irritante mai esistito sulla faccia della terra; non importava che fosse il figlio di un uomo che aveva cercato di uccidere lei e i suoi amici; non importava che fosse l'ultimo discendente di una famiglia che disprezzava la gente come lei tanto da ucciderla. Era una presenza umana, e questo bastava. Anche solo averlo accanto, sentire che respirava vicino a lei, era già un calmante. Significava che la guerra non aveva portato via tutto; che c'era ancora qualcosa per cui valeva la pena combattere. Certo, c'era Ron; il suo pensiero era sempre presente nella mente di Hermione. Ma ora lui era lontano, e non avevano alcuna possibilità di contatto; se non avesse condiviso con lui sette anni della sua vita, e un'intimità a lungo desiderata, avrebbe anche potuto pensare che il suo viso fosse un gioco della sua mente, il frutto della sua immaginazione. E c'era Flika, naturalmente. Ma era qualcosa di diverso. Era il bisogno di sentire un calore umano accanto a sé; non importava quanto fosse gelido, quanto la disprezzasse, quanto desiderasse ucciderla; c'era, e tanto bastava a non fare di lei una ragazza sola. Senza contare il fatto che un anno di fughe, paure e angosce avevano cancellato la normalità dalla sua vita. La guerra cambia il modo di vedere le cose; dopo, niente è più come prima. Vivere una quotidianità scontata e sempre uguale – la colazione al mattino, il lavoro in ufficio, il pranzo con i colleghi, la cena alla Tana – era diventata una frustrante abitudine che non le apparteneva più. Era stata una fondamentale promotrice della sconfitta del Signore Oscuro, e adesso si sentiva terribilmente inutile, schiacciata da quel senso di vanità che seguiva sempre le grandi imprese. Persino quell'ingrato compito era capace di risvegliare il suo senso di non appartenenza a un mondo che stava ricostruendo la sua ordinaria esistenza. Era diventato tutto troppo scontato, e abituarsi non era stato facile; quella seppur minima azione, invece, la faceva sentire viva, ed era un ottimo passatempo prima di ritornare ai ritmi di Hogwarts, che perlomeno l'avrebbero distratta e agevolata nel vestire di nuovo i panni di Hermione Granger. E anche se non ne poteva essere del tutto certa, era probabile che anche Draco Malfoy provasse gli stessi sentimenti – anche se meno accentuati, a causa del disgusto provocato dal suo sangue. A suggerirglielo era stata l'arrendevolezza con cui il giovane aveva acconsentito a perdonare le sue sciocche insinuazioni – come le aveva chiamate lui – sul fatto che non sapesse duellare. Magari l'aveva fatto solo per tornare a insultarla, ma perlomeno aveva accettato di prendere lezioni da lei. Forse il termine "prendere lezioni" era un tantino inappropriato; sarebbe stato più corretto "guardare la Mezzosangue con aria di superiorità mentre si impegna ad essere gentile facendogli vedere Incantesimi che sa già padroneggiare perfettamente facendola sentire una perfetta idiota".
«L'Incantesimo di Ostacolo è molto utile in un duello»Hermione stava quasi sorridendo, mentre, con assoluta cortesia, spiegava al giovane Purosangue come usare quella particolare magia in duello. Era da poco passata l'ora di pranzo, e prima di convincerlo ad alzarsi dal divano c'erano volute una buona mezz'ora e un umiliante e abbondante numero di servili complimenti. «Serve, come dice la parola stessa, a ostacolare qualcuno, bloccandolo sul posto. Se l'Incantesimo è abbastanza potente, può anche respingerlo»Il tono era serio, e professionale; mentre spiegava, la ragazza si trovò a pensare alle esercitazioni dell'ES, e a quanto dovesse essere stato difficile, e imbarazzante, per Harry, fare quello che stava facendo lei adesso. Soprattutto perché Malfoy si fissava le unghie delle mani con aria di superiorità. Hermione trattenne l'ira: strinse i pugni, e trasse un respiro profondo. «Vuoi provare?»domandò con una gentilezza leggermente ipocrita, che risultò comunque credibile.
Finalmente colpito, il ragazzo alzò lo sguardo su di lei, fissandola come se la vedesse per la prima volta. Simulando un sorriso cortese, falso almeno quanto quello della giovane strega, annuì stancamente, come se volesse far finire tutta quella storia il prima possibile. Eppure, nello sguardo aveva una luce stranamente divertita. Hermione lo osservò per qualche istante, prima di allontanarsi di qualche passo da lui.
«D'accordo, non devi far altro che concentrarti e dire...»non ebbe il tempo di finire la frase.
«Impedimenta»la voce chiara e decisa di Malfoy la raggiunse nello stesso momento in cui l'Incantesimo le colpì le gambe spingendola contro il muro, con violenza. Il ragazzo non aveva urlato l'Incantesimo, ma questo era comunque stato scagliato con forza. Hermione si rialzò, furiosa, scostandosi i capelli dal viso e puntando gli occhi su di lui, che ghignava soddisfatto.
«Potevi dirmi che lo conoscevi, almeno evitavamo di perdere tempo» sibilò la giovane con rabbia. Malfoy fece spallucce, e tornò a guardarsi le unghie, annoiato.
«Pensi davvero che sia uno sprovveduto, Granger?»sussurrò con astio, benchè dal suo viso non trasparisse null'altro se non fredda indifferenza. Lei trasse due respiri profondi, e lasciò cadere l'argomento.
«Sai usare un Incantesimo Reductor?»domandò, cercando di incrociare il suo sguardo. Lui le lanciò un'occhiata, con quella sua aria distaccata che tanto le stava dando ai nervi – con grande soddisfazione del giovane – puntò la bacchetta contro un tavolino, e disse ad alta voce: «Reducto». Il tavolino si disintegrò in uno scoppio. La ragazza strinse le labbra, ignorando l'espressione di profondo divertimento e immenso compiacimento che aveva arcuato le labbra di Malfoy. Deglutì, accusando il colpo.
«Il Sortilegio Scudo?» chiese ancora, anche se un po' dubbiosa; lui rispose alla domanda semplicemente con un'occhiata truce, come se volesse esprimere tutto il suo risentimento anche solo per averlo chiesto.
«Va bene, va bene»si scusò lei, esasperata. «Immagino che tu sappia usare l'Incantesimo di Pietrificazione»era una domanda implicita, a cui lui rispose con uno sbuffo stizzito.
«Potter può rispondere a questa domanda meglio di me»replicò con sdegno. Lei stava per controbattere a quell'offesa, ma lui la bloccò prima ancora che potesse aprire bocca. «Granger, pensi davvero che tu sia l'unica a saper usare la bacchetta?»Il suo tono era profondamente infastidito; voltò le spalle alla ragazza, e si abbandonò sul divano, rigirandosi tra le mani la sua unica arma – il legno di biancospino era insolitamente brillante, alla luce del sole.
«Certo che no»ribattè lei, la bocca spalancata per l'indignazione. Lui si voltò verso di lei, guardandola negli occhi.
«Allora smettila di comportarti come se lo fossi»sentenziò il giovane laconico, tornando a fissare la sua bacchetta. Sul suo viso comparve una smorfia, mentre pronunciava l'ennesima offesa. «Sei la solita insopportabile So-tutto-io». Aveva appena finito di declamare quell'amara verità, che si ritrovò attaccato da uno stormo di canarini davvero poco cortesi. Ed Hermione, suo malgrado, si ritrovò a pensare che era la seconda similitudine con Ron, nel giro di un minuto.

IL FANTE DI PICCHE E LA DAMA DI CUORIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora