Draco barcollò appena quando si Materializzò di fronte all'edificio fatiscente del grande magazzino Purge & Dowse Ltd. Per strada non c'era nessuno: doveva essere ormai notte fonda, e solo un paio di persone si attardavano ancora, puntini lontani in fondo a quella via: per fortuna, non davano segno di averlo visto. Non che gli importasse: aveva come unico obiettivo quella vetrina che finalmente gli comparve davanti, e non si sarebbe fermato nemmeno se una folla di persone gli avessero impedito di entrare.
Quel corpo privo di sensi gravava tra le sue braccia più di quanto avrebbe dovuto, e non era per il peso effettivo della ragazza, quanto piuttosto per il profondo senso di colpa nei suoi confronti: la guardava, e sembrava ogni istante più pallida; il suo respiro era così flebile che di tanto in tanto si trovava a sfiorarle il polso per controllare che il battito ci fosse ancora.
«Non ci provare nemmeno, Granger» mormorò mentre correva verso il San Mungo, con il cuore in gola. «Non puoi morire. Se mai morirai, sarò io a ucciderti, ma non è questo il momento» stava delirando, lo sapeva anche lui. Da quando gli interessava la sorte di quella insulsa Mezzosangue? Era fuori da ogni logica.
Non ebbe bisogno nemmeno di parlare con l'orrendo manichino che attendeva dietro la vetrina: l'urgenza dei suoi modi si traduceva sul suo viso in una smorfia ansiosa e spaventata, per cui non trovò ostacoli quando attraversò il vetro. Una volta che fu nell'ampio ingresso dell'ospedale, si guardò intorno con aria spaesata: c'erano un paio di streghe che aspettavano il loro turno nella sala d'attesa – una sembrava perfettamente in forma, e lanciava sguardi spaventati a una donna che aveva due enormi tentacoli viscidi al posto delle braccia – ma non c'era traccia di Guaritori.
Draco corse fino al banco delle informazioni, dietro al quale un mago dall'aria annoiata, senza nemmeno alzare lo sguardo su di lui, farfugliò, assonnato: «Attenda il suo turno».
«La prego... è grave» Forse fu la voce terrorizzata con cui parlò; magari l'uomo sentì l'odore di sangue e sudore, il tono trafelato e affannoso, o semplicemente ciò che disse: fatto sta che alzò lo sguardo, e quando vide il ragazzo sgranò gli occhi, incredulo. Aprì la bocca, e la richiuse subito senza emettere alcun suono, poi abbassò lo sguardo sulla ragazza che lui teneva tra le braccia, e subito agitò la bacchetta, poggiata sul bancone. Un acuto trillo risuonò per tutto l'ospedale, e immediatamente quattro Guaritori, vestiti di verde acido, giunsero nell'atrio.
«Cos'è successo?» domandò uno di loro a Draco, e senza perdere tempo fece apparire dal nulla una lettiga – galleggiava a circa un metro dal pavimento, come sorretta da fili invisibili.
«Una maledizione, credo» balbettò spaventato, poggiando la ragazza sopra la barella con delicatezza. «È qualcosa... è come se si fosse rotto qualcosa dentro di lei...» aggiunse con voce rotta dal panico, senza staccare gli occhi da lei. Il Guaritore non rispose: compì un fluido movimento con la bacchetta, e la lettiga si mosse, seguendo i suoi passi. Draco fece per seguirli, ma qualcuno gli afferrò il braccio con forza, bloccandolo sul posto. Cercò di ribellarsi, di liberarsi da quella salda presa senza preoccuparsi di chi lo stesse fermando: non si voltò, perché non aveva occhi che per lei, immobile su quella barella, il volto spaventosamente pallido. Alla fine, vinto dalla forza di quella morsa, prima che i quattro Guaritori ed Hermione scomparissero dietro un angolo, gridò: «Non morire, razza di stupida Mezzosangue». Non era sicuro che lei l'avesse sentito; non era più sicuro di nulla.
Gli sembrò che quell'unico urlo gli fosse costato tutte le sue ultime energie: si sentì improvvisamente svuotato di ogni volontà, di ogni forza; ora, per la prima volta da quando era finita la battaglia, si rendeva conto di quanto fosse sfinito. Aveva il fiato corto, i vestiti a pezzi, era sporco di terra e polvere, e aveva un profondo taglio sulla fronte, che non si ricordava nemmeno come si fosse fatto. Eppure, non gli importava: né della stanchezza, né della voglia che aveva di buttarsi su un letto e non svegliarsi fino all'indomani mattina, né del dolore alla testa, né di nient'altro. Continuava a fissare con sguardo vuoto il punto in cui Hermione era scomparsa, e sentiva dentro un'angoscia che non sapeva nemmeno lui da dove venisse.
«Malfoy» una voce conosciuta, odiata, lo richiamò alla vita. Draco si riscosse da quel torpore, e si voltò. Davanti a lui, vide il viso di Potter, che lo guardava con un misto di serietà e confusione. Dietro di lui, Kingsley Shacklebolt parlottava con il mago seduto dietro il banco Informazioni.
Harry e Draco si guardarono a lungo, le iridi verdi dell'uno che sondavano con curiosità e circospezione gli occhi cinerei dell'altro, vuoti e tristi. Non ci fu bisogno di parole: l'uno precedette l'altro lungo la via che, entrambi sapevano, avrebbe portato Malfoy ad Azkaban. Eppure non fece resistenza; non disse nulla, non tentò di scappare. Semplicemente, seguì il suo peggiore nemico, le spalle curve e la mente dentro una stanza d'ospedale in cui c'era l'unica donna di cui, per la prima volta in vita sua, gli importasse qualcosa.
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IL FANTE DI PICCHE E LA DAMA DI CUORI
FanfictionQuesta è una storia scritta da Eloise_Hawkins. E' una ff che ho trovato su Efp fanfiction e volevo trascriverla qui. Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=806487&i=1 Le testate dei giornali erano dedicate a Harry Potter, ancora una volta...