Capitolo 17. Pozioni pericolose

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«Dovrete svolgere le ronde ogni sera, vigilando sui corridoi e controllando che nessuno studente se ne vada in giro per la scuola senza l'adeguato permesso».
La voce severa della professoressa McGranitt echeggiava nel grande ufficio in cui i quattro ragazzi erano riuniti. Quella mattina, infatti, la preside della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts aveva convocato i Capiscuola al fine di dare importanti delucidazioni sull'arduo compito per cui erano stati scelti. «Nel caso in cui coglieste qualche studente in fallo, sarete voi stessi a provvedere alla punizione adeguata» continuò la donna, guardandoli con serietà negli occhi, uno per uno. «Mi aspetto professionalità da ciascuno di voi. Se siete stati scelti per questo compito è perché a mio parere siete i più meritevoli Ho la massima fiducia in voi, perciò non deludetemi, perché quella spilla non vi assicura né potere, né privilegi, ma solo responsabilità. E non è eterna» pontificò con uno schiocco delle labbra sottili. Si alzò in piedi con un fruscio leggero della veste color smeraldo, ma rimase comunque dietro la scrivania, quasi volesse marcare un silenzioso confine tra loro, alunni, e lei, preside. Nella sua inflessibile severità Minerva McGranitt, pur non sottovalutando il suo ruolo di guida, riteneva che ci dovesse essere una distanza palese tra professori e studenti. Benchè si dimostrasse sempre disponibile nei confronti di tutta la popolazione di Hogwarts, insegnanti compresi, la donna manteneva quel distacco che le permetteva di essere oggettiva nel giudicare. «Potrete gestire come desiderate le ronde. A mezzanotte sarete liberi di tornare nei vostri dormitori» concluse, e sul suo volto si aprì un leggero sorriso.
Da quando la Guerra si era conclusa, Minerva McGranitt sembrava essere invecchiata di una decina d'anni. La ragnatela di rughe che le segnava il volto antico e severo si era accentuata, e negli occhi stanchi di quella donna si leggeva tutta la rassegnatissima disperazione di chi ha visto troppo e vuole solo riposare. Eppure c'era ancora, in quello sguardo rigoroso ed austero, una luce energica che rispecchiava l'attuale vivacità da lei dimostrata.
«Signorina Granger, per il momento non è ancora stato nominato nessun Direttore per la nostr-» la professoressa McGranitt si interruppe, strinse le labbra, come imbarazzata, e poi riprese «la sua Casa. Ragion per cui per il momento...» Il discorso della donna fu spezzato da una voce allegra e quasi divertita, che intervenne con ironia nella conversazione.
«Oh, Minerva, questo non è vero» Albus Silente, dall'alto del suo quadro, fissava la McGranitt con un sorriso sottile. «Io penso...» cominciò lui, lo sguardo brillante nonostante egli fosse diventato solo un dipinto quasi immobile sulla parete del suo ex ufficio.
«So cosa pensi, Albus, e ne abbiamo già parlato» Stavolta fu Minerva a interrompere l'uomo: lo guardava con serenità e rispetto, benchè ci fosse una decisa recalcitranza sul suo volto.
«Naturalmente, Minerva, naturalmente» ammise il vecchio preside, gesticolando ampiamente con le mani, come se volesse minimizzare, con quegli ampi cerchi, la conversazione che avevano precedentemente avuto. «Ma sono certo che se tu dessi una possibilità a Rubeus...» lasciò la frase in sospeso, e il suo sguardo si spostò su Hermione, che nel sentire il nome di Hagrid aveva strabuzzato gli occhi, incredula. Rubeus Hagrid, Direttore della Casa di Grifondoro? L'idea le sembrava tanto assurda quanto terribile, e nonostante tutto l'affetto da lei nutrito per il mezzogigante, la ragazza si trovava perfettamente d'accordo con la decisione della professoressa McGranitt, condividendo con lei l'idea che lui fosse quanto di più inadatto a gestire una casa.
«Ecco» Silente schioccò le labbra, soddisfatto. «La Signorina Granger è d'accordo» L'uomo fece un cenno del capo verso la ragazza, che spalancò la bocca, arrossendo appena nel sentirsi chiamata in causa in modo così ingiusto e inopportuno. La McGranitt, sorpresa, spostò con uno scatto lo sguardo su di lei, incapace di credere che proprio lei potesse ritenere quell'uomo adeguato a quel preciso ruolo.
«Credo che lui sarebbe felice di questa scelta» balbettò Hermione, imbarazzata. Aveva detto quelle parole semplicemente per non sbilanciarsi troppo, ma quando alzò lo sguardo, anziché guardare Silente, fissò la McGranitt, sul volto una silente supplica che lei colse immediatamente.
«Precisamente» gongolò il vecchio preside, il cui ingegno non era evidentemente stato impresso nel dipinto in cui abitava. «Naturalmente l'ultima scelta è tua, Minerva» Detto questo, incrociò le braccia sul grembo e continuò ad osservare la scena in silenzio, sul volto un sorriso sereno.
La professoressa McGranitt strinse le labbra, evidentemente contrariata da quella che riteneva una scelta assurda. Lasciò cadere il discorso con la stessa tensione con cui serrava la bocca sottile, e si rivolse ai Capiscuola, rimasti immobili e silenti.
«Signor Goldstein, Signorina Abbott, voi potete andare. Devo scambiare due parole con la Signorina Granger e il Signor Malfoy» annunciò la donna con voce stanca, come se quell'ultima conversazione avesse drenato ogni sua energia. I due ragazzi si congedarono con un cenno del capo e un flebile "Arrivederci", dopodichè uscirono silenziosamente dall'ufficio.
La professoressa McGranitt guardò prima Hermione, la quale manteneva sul volto un'espressione seria e la schiena rigida nel tentativo di apparire austera almeno quanto la donna, e poi Draco, che era invece rimasto a fissare l'insegnante con una smorfia annoiata sul viso pallido.
«Signor Malfoy, la Signorina Granger mi ha informato di quello che è successo ieri mattina» cominciò la McGranitt, il tono grave e profondo. Fissava Malfoy con una luce compassionevole negli occhi: tutta la severità di poco prima sembrava scomparsa, risucchiata da una misericordia che soprese non poco il diretto interessato. «Se dovesse succedere ancora la prego di comunicarmelo immediatamente. Prenderò seri provvedimenti» Sorprendentemente, la donna si aprì in un largo sorriso che aveva lo scopo di incoraggiare il giovane. Nonostante tutto, c'era ancora chi credeva nella sua innocenza, e a quanto pare l'insegnante di Trasfigurazione era una di quelle. D'altronde, c'era da aspettarselo: era una Grifondoro, e come tale mossa dalle migliori intenzione – onestà, giustizia, e tutta una sequela di qualità che lui riteneva nauseanti e assolutamente inutili. Come inutile era quella preghiera: non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Aveva una reputazione da difendere, ed andare a piagnucolare dalla preside perché quattro marmocchi osavano picchiarlo non rientrava tra le sue priorità.
Draco strinse le labbra ed emise un gemito che la donna interpretò come assenso, benchè sia lei che Hermione si fossero brevemente scambiate un'occhiate, entrambe con il sopracciglio inarcato, prima di sospirare con rassegnazione.
«Il professor Lumacorno è già stato informato del vostro ritardo, quindi non avrete problemi. Potete andare» disse infine la professoressa, mettendo così fine a quella conversazione e insieme all'incontro. Draco le voltò le spalle senza nemmeno salutare, mentre Hermione le concesse un breve cenno del capo e un saluto rispettoso, prima di uscire dall'ufficio seguendo le orme del ragazzo.
La giovane strega accelerò appena il passo per raggiungere Malfoy, qualche passo avanti a lei; lo affiancò, lanciandogli un'occhiata torva per il suo comportamento irriverente. Benchè fosse abituata a quella sfrontatezza, non era ancora riuscita ad accettarla, e tuttora la infastidiva quel suo modo di fare così egocentrico e sicuro di sé.
«Non glielo dirai mai, vero?» domandò con retorica Hermione, sul volto un sorriso divertito. Fu l'unica cosa che riuscì a dire, per spezzare il silenzio teso che si era creato tra loro, un silenzio destinato a durare per tutto il tragitto. Lei sentì il bisogno di alleggerirlo, forse perché voleva mantenere con lui un contatto. Era una cosa stupida da domandare, soprattutto perchè sapeva che Malfoy non era tipo da nascondersi dietro sottane o denunciare colpe, non tanto per onestà quanto piuttosto per orgoglio.
Draco non rispose; si limitò a mimare un sorriso che sembrava più un ghigno soddisfatto. Invece di replicare a quella sottile provocazione, decise di ribaltare la situazione e stuzzicarla a sua volta, per il solo piacere di vederla arrabbiata.
«Se davvero quel mezzogigante diventa Direttore della tua Casa, Grifondoro cadrà ancora più in basso di quanto non già sia» sentenziò con un nauseante – e nauseato – tono mellifluo, arcuando la bocca in un ghigno divertito e sadico.
«Attento a quello che dici, Malfoy» replicò la ragazza in tutta calma, continuando a camminare a testa alta «Ti ho dimostrato più volte la mia superiorità» disse, e anche sul suo volto comparve un leggero sorrisetto soddisfatto. Hermione Granger aveva ormai imparato a gestire le provocazioni di quel giovane borioso, benchè ancora certune sortissero in lei il giusto effetto, alimentando una rabbia furiosa, così come alcuni suoi comportamenti, per lei materia oscura. Draco Malfoy, invece, aveva ancora seri problemi a gestire la collera, e il suo ego spropositato gli impediva di lasciar cadere nell'indifferenza le offese subite dalla giovane strega. Forse avrebbe potuto sopportare le ingiurie di chi non lo conosceva, di chi lo riteneva colpevole di crimini efferati; poteva certamente passare sopra le accuse degli studenti, riusciva a ignorare persino le torture e il male fisico, benchè queste incendiassero la rabbia in quanto deleterie per la sua dignità; ma non era assolutamente capace di trascurare le sue parole, i suoi gesti, le sue provocazioni. Non voleva lasciarla vincere, non su di lui; non voleva risultare domato. Così, qualsiasi cosa lei dicesse o facesse, accendeva la sua collera.
«Attenta a quello che fai, Granger» sibilò tra i denti, artigliandole il polso con gesto fulmineo. Le torse il braccio, costringendola con la schiena sul suo petto in modo violento e improvviso, e portando il suo viso, contratto dalla rabbia, a pochi centimetri dall'orecchio di lei. Respirava rumorosamente, ed Hermione, sorpresa da quella reazione inaspettata, voltò il capo alla sua destra per cercare di incrociarne lo sguardo, vagamente impaurita da quella reazione inaspettata, e insieme tesa per quel contatto inatteso ma desiderato. Sentire il suo respiro solleticarle il collo destò in lei emozioni che cercava in ogni modo di reprimere.
Draco la perforò con le sue iridi glaciali, continuando a stringerle il polso con forza. Mentre la guardava, però, tutta la sua ira scemò improvvisamente; nello stesso istante in cui i suoi occhi grigi affondarono nel castano scuro di quelli di lei, avvertì la rabbia trasformarsi in una pulsione antica e impossibile da contenere, che gli si agitava poco al di sotto del bacino. Sentiva il cuore della ragazza pulsare debolmente attraverso la carne sottile del polso, e vedeva le sue gote colorate da un rossore intimorito, e nei suoi occhi splendere la più genuina delle sorpresa, e percepiva il suo debole respiro meravigliato e spaventato al tempo stesso, e il suo odore – gelsomino e rose selvatiche – e tutto questo risvegliò sensi sopiti e desideri che lui aveva a lungo tentato di soffocare.
Si allontanò da lei con lo stesso scatto con cui le si era avvicinato, proprio come aveva fatto la sera prima; la guardò per qualche minuto, poi si voltò e cominciò a camminare rapidamente in direzione dell'aula di Difesa Contro le Arti Oscure, sorpreso lui stesso dall'effetto che il suo odore riusciva a fargli.
Hermione rimase immobile ad osservarlo per quelle che le sembrarono ore. La schiena appoggiata al suo petto tiepido e muscoloso, aveva scrutato ogni singola espressione che aveva contratto il suo volto, sorprendendosi di ognuna di queste; poi, quando lui si era distaccato, aveva continuato a fissarlo fino a quando lui non era diventato che un minuscolo puntino lontano. Solo quando fu sparito la ragazza osò fare un passo, e poi un altro, fino a quando, senza rendersene conto, non cominciò a correre, e di certo non per l'ansia di arrivare alla lezione di Pozioni, quanto piuttosto per il desiderio che aveva di raggiungerlo – per fare cosa, poi, non lo sapeva nemmeno lei. Riuscì ad annullare il distacco tra di loro dopo pochi minuti: Draco la stava aspettando davanti la porta dell'aula, e quando anche lei giunse infine di fronte all'uscio, la aprì senza nemmeno guardarla.
I sotterranei erano come sempre bui e afosi. All'interno del locale c'era una nebbia sottile: il fumo si alzava dai calderoni in volute rosso sangue, e lievi sprizzi arancioni scaturivano dalle fiamme, accese sotto i paioli bollenti. Gli studenti avevano già occupato i tavoli, divisi in coppie: i Grifondoro occupavano la metà sinistra dell'aula, i Serpeverde quella destra. Tuttavia, era rimasto un solo banco libero, esattamente di fronte la scrivania del professore di Pozioni, il quale, quando li vide entrare, li accolse con un sorriso bonario.
«Oh, Signorina Granger, è un piacere rivederla» salutò allegramente, agitando la mano tozza in direzione della ragazza, e ignorando totalmente il giovane al suo fianco. «Minerva mi aveva avvertito del suo-» Il suo sguardo si spostò finalmente su Draco, e un lampo di disapprovazione – o forse di paura? – gli illuminò gli occhi per un istante «-vostro ritardo. Potete occupare questo tavolo» disse, indicando l'unico banco rimasto libero. Detto questo, tirò fuori la bacchetta, la agitò brevemente e fece comparire su di esso un calderone vuoto. «Le istruzioni sono sulla lavagna» concluse con un cenno del capo, prima di voltarsi e dedicare uno sguardo di disapprovazione a Neville e Dean, la cui pozione emanava un odore nauseabondo.
Hermione e Draco si scambiarono un'occhiata combattuta e disgustata, poi, alzando gli occhi al cielo, si diressero verso il tavolo di lavoro, ben attenti a non guardarsi né toccarsi. La ragazza accese la fiamma sotto il calderone con un colpo di bacchetta, dopodichè, già rassegnata al fatto che quel giorno avrebbe dovuta lavorare da sola, poiché era certa che lui non avrebbe alzato un dito, gettò uno sguardo distratto alla lavagna.

Quintaessentia Sensorum

1 – Aggiungere due once di ingrediente base e tre foglie di Alioto in infuso di Belladonna (ventitré gocce). Girare una volta in senso orario, quindi accendere il fuoco per trentadue secondi.
2 – Tagliare con un coltello di bronzo tre germogli di Levitisco (raccolti durante la Luna Nuova) in sottili listarelle. Aggiungerne due terzi nel calderone, insieme a quattro gocce di bava di Rospo della Tanzania.
3 – Versare due pungiglioni di Billywig nel mortaio, e tritarlo fino a ottenere una polvere mediofine. Aggiungere alla pozione e girare due volte in senso antiorario.
4 – Versare cinque gocce di sangue di Salamandra e lasciar bollire e fuoco lento per otto minuti. La pozione a questo punto deve assumere un colore blandamente aranciato.
5 – Aggiungere il Levitisco rimanente, insieme a cinque rametti di Coclearia; girare tre volte in senso antiorario e cinque in senso orario, quindi lasciar bollire per due minuti e diciassette secondi a fuoco lento. Dopo un minuto e ventisette secondi (6)
6 – Tritare finemente una radice di Starnutaria e aggiungere alla pozione insieme a una goccia di muco di Vermicoli. A fine cottura la pozione deve avere un colore rosso rubino.

Hermione si morse un labbro: sembrava una pozione piuttosto complicata, ma era certa di poter riuscire a completarla nonostante il ritardo. Si diresse rapidamente verso l'armadio degli ingredienti e prese ciò che le occorreva, poi tornò al tavolo e si mise a lavoro. Afferrò l'Alioto, noto per il suo uso nella Pozione Restringente, e staccò dal ramoscello tre foglie. Stava per buttarle dentro il calderone quando una mano calda le afferrò con forza il polso, bloccandolo prima che la sua mano lasciasse cadere all'interno del paiolo la pianta magica. Hermione alzò lo sguardo, sorpresa, e incontrò gli occhi grigi di Draco Malfoy che la fissavano con astio.
«Stai attenta, Granger» sibilò lentamente, e fece un cenno del capo verso la lavagna. «Le istruzioni dicono "Alioto in infuso di Belladonna", non Alioto e basta» sentenziò. Le lasciò il polso con la stessa violenza con cui l'aveva afferrato quelle che sembravano ore prima, e le voltò le spalle, diretto verso l'armadio degli ingredienti. Tornò con un'ampolla che conteneva un delicato liquido marrone chiaro: con cura quasi maniacale, centellinò ventitré gocce, versandole lentamente nel calderone, dopodiché prese dalle mani di Hermione, con poca cortesia, le tre foglie di Alioto e, dopo aver inserito anche queste, modulò la fiamma, sotto lo sguardo attento e indispettito della ragazza. Non si aspettava collaborazione da parte sua, invece, osservandolo si rese conto che lo sguardo di Draco brillava: sembrava davvero interessato a ciò che faceva, e lei si sorprese nello scoprire che il suo talento in Pozioni non era solo dovuto al fatto che fosse un Serpeverde, e un Malfoy, ma soprattutto alle sue doti personali, e alla sua spiccata attitudine in quella particolare materia.
Continuando a guardarlo con la coda dell'occhio, Hermione impugnò il coltello di bronzo e cominciò a tagliare i germogli di Levitisco. Scoprì ben presto che non era una buona idea tagliuzzare con una lama affilata mentre si guarda altrove: il pugnale incise il polpastrello dell'indice strappandole un gemito soffocato e dolorante.
Draco le lanciò un'occhiata torva, poi spense la fiamma sotto il paiolo e passò alla seconda fase delle istruzioni. Ignorando la ragazza, la sua sofferenza e il suo lavoro, impugnò il coltello di bronzo, pulì la lama dal sangue e tagliò con zelo i germogli di Levitisco. Quando li lasciò cadere dentro il calderone, si rese conto che Hermione era già pronta con la tanica di bava di Rospo: la ragazza versò con diligenza la giusta dose di ingrediente, e poi scoccò al giovane uno sguardo soddisfatto.
La loro sfida silente si consumò con sguardi torvi e occhiatacce minacciose, inframmezzate da fugaci contatti: si sfioravano inconsapevolmente, cercando a tentoni gli ingredienti e incontrando invece il calore della carne dell'altro; si toccavano nel vano tentativo di anticipare l'altro e dimostrare la propria superiorità in quella materia; si inseguivano senza saperlo, e negando persino di aver cercato o voluto quella vicinanza così intima che stavano condividendo per forza. Nessuno dei due parlò più, se non per ammonire l'altro o fargli notare un palese errore.
Quando, allo scadere delle due ore, la loro pozione assunse un'intensa sfumatura cremisi, Draco lanciò un'occhiata soddisfatta alla ragazza accanto a lui. Entrambi avevano il viso arrossato a causa del calore sprigionato dalla pozione, ma nessuno dei due parve farci caso. I fumi della pozione si erano dispersi nella grande aula, anche se entrambi avvertivano un leggero senso di intorpidimento della mente.
«Bene ragazzi miei. Per oggi basta così» decretò Lumacorno, alzando le mani in segno di resa. Fece cenno agli studenti di portargli il frutto del loro lavoro, mentre si sedeva dietro la scrivania, pronto ad accogliere le pozioni.
Hermione, sollevata dalla riuscita della sua, raccolse la Quintessenza in un'ampolla, e la sigillò con un veloce gesto della bacchetta. Si guardò intorno, notando con stupore che ben pochi avevano raggiunto il risultato sperato, e che quasi nessuno, comunque, era riuscito ad eguagliare il loro. Segretamente soddisfatta, e intimamente incredula per quell'insperata fortuna, strinse la boccetta in modo quasi inconsapevole, come se fosse un tesoro inestimabile: era assurdo pensarlo, ma in coppia, evidentemente, lei e Draco non erano forti solo in battaglia. Arrossì al solo pensiero, e ringraziò l'afa dell'aula, che rendeva invisibile quella vergogna, e nascondeva i suoi sentimenti e i suoi pensieri.
Stava per andare a consegnare l'ampolla contenente la pozione, quando avvertì la mano di Draco poggiarsi sulla sua spalla, nel tentativo di fermarla. La ragazza si voltò e lo fissò con sguardo interrogativo.
«La consegno io, Granger» annunciò Draco, tendendo la mano con il palmo rivolto verso l'alto. «Potresti far danno» continuò, e sul suo volto comparve un ghigno ironico. «E poi le donne servono a pulire, no?» Con un cenno del capo indicò il tavolo di lavoro e il calderone, rendendo così chiaro il motivo per cui desiderava così ardentemente consegnare la pozione al posto suo.
Hermione gli lanciò un'occhiata torva, ma acconsentì alla sua richiesta con un sospiro: non aveva nessuna voglia di litigare con lui in quel momento, soprattutto non davanti all'intera classe e al professore; in più, temeva che il ragazzo potesse in qualche modo leggere i suoi pensieri, per cui si limitò a consegnarli l'ampolla e impugnare la bacchetta.
Con lo sguardo basso, Hermione si dedicò con insolito zelo a quel compito così ingrato: fece Evanescere il contenuto del calderone, dopodichè raccolse ciò che era rimasto degli ingredienti. Dopo aver gettato quelli inutilizzabili e riciclato quelli che invece erano ancora utili, si diresse verso l'armadio delle scorte con l'intento di rimettere tutto a posto. Mentre riponeva il sangue di Salamandra, tuttavia, un rumore di vetri infranti attirò la sua attenzione.
«Paciock, sei il solito idiota» ringhiò la voce rabbiosa di Draco Malfoy alle sue spalle.
Hermione si voltò di scatto: davanti alla scrivania dell'insegnante Neville stava fronteggiando con coraggio il ragazzo che l'aveva appena insultato, il quale, il volto contratto dalla rabbia, aveva sguainato la bacchetta e, probabilmente memore dell'Incantesimo della Pastoia da lui subito il giorno prima, si stava preparando ad affatturare il giovane Grifondoro, che, urtandolo per sbaglio, gli aveva fatto cadere di mano l'ampolla contenente la pozione. Ai loro piedi, infatti, giacevano cocci di vetro sanguinanti.
«Suvvia, ragazzi, un po' di calma, per favore» intervenne la voce bonaria di Lumacorno, che si era alzato e, con sprezzo del pericolo e insolita temerarietà, si era interposto tra i due ragazzi per mettere fine a quel litigio. Draco fissò con astio Neville, che a sua volta lo scrutava torvo. Alla fine, entrambi voltarono le spalle l'uno all'altro: Neville si diresse verso il suo banco, afferrò le sue cose ed uscì di corsa dall'aula, seccato; Draco, come lui, si avvicinò al tavolo in cui aveva lavorato e infilò una nuova ampolla nel calderone. Quanto, tuttavia, ne uscì vuota, il ragazzo sgranò gli occhi e lanciò un'occhiata in direzione di Hermione, che lo fissò con occhi sgranati, la bocca aperta e l'espressione incredula. Si fissarono a lungo, entrambi sconvolti: avevano preparato una pozione praticamente perfetta, e si sarebbero sicuramente guadagnati una "E", se il fato non avesse cospirato a loro sfavore. La ragazza aveva già svuotato il contenuto del calderone, e della Quintessenza non era rimasta che una goccia sul fondo del paiolo in ottone.
Draco, furioso, scagliò con forza l'ampolla vuota a terra, mandandola in frantumi sotto lo sguardo sconcertato di Hermione, di Lumacorno, e dei pochi studenti che erano ancora rimasti nell'aula, i quali, con sguardo basso, filarono via temendo che quella rabbia potesse scatenare catastrofi ben peggiori di una fiala rotta.
«Su, Signor Malfoy, non faccia così» mormorò imbarazzato il professore, torcendosi le mani. Il ragazzo gli lanciò un'occhiata rabbiosa, che tuttavia non stemperò il sorriso che l'uomo aveva sul volto. «Ho visto che avevate fatto un ottimo lavoro» disse lui lentamente, come se stesse scegliendo con cura le parole. Il suo sguardo si spostò dal volto di Malfoy a quello di Hermione, e quando incontrò l'espressione sconfortata della giovane il suo sorriso divenne più sicuro e luminoso. «Mi sembra davvero un peccato dovervi dare un brutto voto nonostante questo, perciò, se volete...» Lanciò un'occhiata a Malfoy, come se fosse incerto di ciò che stava per dire, o non volesse dirlo in sua presenza. «Solo perché siete voi» I suoi occhi tornarono, accesi di orgoglio, su Hermione, come se volesse sottolineare che quel "voi" significasse "lei". «Avete ventiquattr'ore di tempo per consegnarmi la pozione, ecco» concluse in un borbottio piuttosto imbarazzato: era un'infrazione alle regole, lo sapeva anche lui; per di più, era una concessione ingiusta verso gli altri studenti, che avevano solo due ore di tempo, sotto gli occhi attenti del professore, per prepararla, senza trucchi né inganni. Elaborare una pozione al di fuori dell'orario delle lezione significava poter raggirare l'insegnante senza che lui potesse accorgersene, propinandogli intrugli preparati da altri e perfettamente messi a punto. «Non deludetemi, ragazzi miei. Mi fido di voi, questo... ehm... che rimanga tra noi, ecco» sussurrò puntando il dito prima su Hermione e poi su Draco.
«Oh, professore, la ringrazio» proferì la ragazza con enfasi, trattenendosi dal gettarsi tra le braccia dell'insegnante per ringraziarlo: era quasi commossa da quello slancio di gentilezza, e felice che quella sfortuna non si tramutasse per lei in un brutto voto – la disgrazia peggiore, dopo essere espulsi.
Hermione Granger aveva rivisto le sue priorità in seguito alla Guerra, e "morire", adesso, nella lista delle avversità, veniva subito dopo "perdere un caro". Tuttavia, tornare di nuovo negli ambienti di Hogwarts e rischiare la sua perfettissima media scolastica per colpa di una distrazione del solito idiota di turno le sembrava una sventura quasi paragonabile al secondo punto del suo elenco.
Quello che rese estremamente felice Hermione sembrò, però, non toccare minimamente Draco, che emise un leggero sbuffo e poi cominciò a riordinare le sue cose. Con la coda dell'occhio, notò Lumacorno avvicinarsi di un passo a Hermione, e sussurrargli a bassa voce qualcosa di perfettamente udibile.
«A proposito, Signorina Granger... sabato pensavo di organizzare una festicciola delle mie, e mi chiedevo se lei...?» Il suo tono era estremamente speranzoso, e anche nei suoi occhi brillava una luce fiduciosa. Hermione, che si era rinfrescata abbastanza e non avvertiva più quell'asfissiante afa che aveva fino a quel momento regnato nell'aula, avvertì le gote tingersi di un rossore imbarazzato.
«Ehm» borbottò, cercando febbrilmente una scappatoia a quella che riteneva un noioso dovere «Cercherò... di esserci» ammise alla fine, dopo qualche minuto di silenziosa riflessione. Non trovò nient'altro da dire per non deludere l'aspettativa del professore. Quello, infatti, gongolò allegramente, e battè due volte i palmi delle mani tra di loro.
«Ottimo, ottimo» disse. Ma le sue parole furono coperte da uno scatto sordo. Sia lui che Hermione si voltarono, sconcertati, verso l'uscio: Draco Malfoy era appena uscito dall'aula sbattendosi la porta alle spalle. Con un po' di sconcerto sul viso e nella voce, Lumacorno fissò con occhi sgranati l'entrata, e con voce neutra disse: «Sabato. Alle otto, nel mio ufficio. Non se lo dimentichi»

IL FANTE DI PICCHE E LA DAMA DI CUORIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora