Capitolo 26. In silenzio parte 1

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Harry avanzava verso la folla affiancato da una Ginny che non sembrava lei: la ragazza aveva lo sguardo vacuo e confuso, e non c'era traccia, sul suo volto né nei suoi occhi, della sua vispa perspicacia o della sua energia. L'Eroe del Mondo Magico, che ancora una volta aveva dimostrato il suo valore in quella lotta coraggiosa e decisa, camminava curvo sotto il peso del corpo che trascinava con sé. Il suo braccio destro era avvolto attorno ai fianchi di Draco Malfoy, ma il Serpeverde non si reggeva sulle gambe: si lasciava trasportare da Harry, con sua grande fatica. Neville accorse subito in aiuto dell'amico: si avvicinò al biondo, prese il suo braccio destro e se lo passò sulle spalle, sgravando l'altro di gran parte del suo peso.

Hermione osservò quella scena in assoluta immobilità, ancora seduta sul suolo innevato. Il sollievo per la comparsa di Ginny durò una frazione di secondo, quella che le occorse per voltare il capo e rendersi conto che il fantoccio che Harry stava trasportando era proprio Draco Malfoy. E sembrava peggio che morto.
Lentamente, la Grifondoro si rialzò. I suoi occhi non riuscivano a staccarsi dal corpo inerme di Draco: sembrava incredibilmente fragile in quel momento. Tutta la sua forza d'animo, il suo orgoglio, la sua arroganza: il suo carattere sembrava essersi sciolto, spazzato via da quell'Anatema maledetto. La ragazza deglutì, e una volta raggiunta la posizione eretta, tremò. Barcollò appena, rischiò di cadere di nuovo a terra, ma qualcuno la sorresse prima che le gambe le cedettero. Trasse un respiro profondo, si staccò da quel corpo come se quella presa salvifica scottasse, e, sempre senza scollare gli occhi da quel corpo senza vita, si avvicinò. Adagio, e in modo graduale, perché ogni passo era terribilmente faticoso, e sembrava condurla, anziché più vicino, sempre più lontana da lui. Quei metri che la separavano da Draco parevano non finire mai; e intanto tutto il mondo intorno si era fatto silenzioso e incosistente.
Harry, Neville e Ginny continuavano ad avvicinarsi, ma troppo lentamente: e lei aveva fretta di sapere. Doveva sapere. Aveva bisogno di sentire che lui era vivo, che stava bene. Perché c'erano ancora un sacco di cose che avrebbe dovuto dirgli. Persino la sua rabbia era scomparsa, risucchiata dal dolore e dall'angoscia.
Draco non poteva essere morto. Hermione si appigliò a quella pallida speranza, mentre, inghiottendo l'acidità che le era salita su per la gola, compiva gli ultimi passi che la separavano dalla verità.
Harry la guardò dritta negli occhi, e nel suo sguardo lesse qualcosa di indecifrabile; ma il solo fatto che le avesse rivolto un'occhiata, fece temere il peggio alla ragazza: l'aveva perdonata in un istante perché tanto non avrebbe avuto modo di prolungare la sua colpa? L'aveva perdonata perché il dolore di sapere Draco morto l'avrebbe distrutta, e lui sapeva che avrebbe avuto bisogno di un amico?
Il cuore le balzò in gola. Non riuscì più a muoversi, né a parlare. Avrebbe voluto urlare a quel ragazzo, immobile tra le braccia del suo migliore amico, che lo amava; e allora, tra le risate e gli applausi generali, lui si sarebbe risvegliato, l'avrebbe baciata e sarebbero vissuti per sempre felici e contenti. Ma quella, e lei se ne accorse durante un raro e mesto sprazzo di lucidità, era roba da fiabe; e la realtà era ben diversa.
Hermione non osò parlare: sapeva che non sarebbe riuscita a formulare una sola parola di senso compiuto; tuttavia, evidentemente, il suo viso parlava per lei. E la sua migliore amica non potè far altro che rispondere alla muta domanda che le leggeva nello sguardo.
«È vivo» disse lentamente, e un debole sorriso le accese il viso.
Improvvisamente, il mondo cominciò a girare nel verso giusto, e tutto assunse sfumature colorate che la ragazza prima non riusciva a vedere. Il sollievo le alleggerì la testa, e tutti i pensieri scivolarono fuori dai suoi occhi sotto forma di lacrime di sollievo. Hermione trasse un respiro profondo, e si lanciò tra le braccia dell'amica: non sapeva se aveva bisogno di sfogarsi, o se, semplicemente, fosse felice di vederla sana e salva e glielo stesse in quel modo dimostrando. E la stessa Ginny, ancora stordita dagli eventi di quel giorno, spaventata e sfinita, ricambiò quella stretta e si sciolse in lacrime, esattamente come l'amica.

***


Il gruppetto di ragazzi, scortato dagli Auror del Ministero, tornò a Hogwarts reggendosi sulle sue gambe, eccezion fatta per Draco Malfoy, trasportato come un peso senza vita da Harry e Neville. La comitiva aveva sfilato lungo il cortile, aveva risalito gli scalini d'ingresso e varcato la soglia della scuola nel silenzio più assoluto; poi, era esploso il caos. La folla si era riversata su di loro: tutti li toccavano, li guardavano, domandavano cosa fosse successo. Nessuno era davvero sorpreso di vederli tornare vivi; in fondo, avevano già tutti dimostrato il loro valore. Ma tutti osservavano il corpo di Draco Malfoy, domandandosi il reale motivo per cui fosse sceso in battaglia, senza riuscire a meravigliarsi della sua sconfitta.
La professoressa McGranitt era stata così sollevata di vedere tornare i suoi studenti sani e salvi, che non solo aveva assegnato a ciascuno di loro un centinaio di punti, ma per di più aveva graziato Hermione e Ginny, annullando le punizioni a loro assegnate la mattina precedente.

Com'era prevedibile, tutto ciò che era successo ad Hogsmeade dalla comparsa del Marchio Nero nel cielo al ritorno dei tre Grifondoro e del Serpeverde ad Hogwarts, fece rapidamente il giro della scuola, e fu ben presto dominio di tutti gli studenti, che discutevano in particolar modo l'erosimo di Draco Malfoy. Se i Serpeverde erano a dir poco disgustati dalla notizia, gli alunni delle altre case erano sinceramente ammirati, tanto che ormai nessuno osava più dire che quel ragazzo era un Mangiamorte. Il fatto, poi, che il giovane fosse ancora ricoverato in Infermeria, a distanza di tre giorni dall'avvenimento, contribuiva ad alimentare l'aura eroica del suo atto altruistico. Non era ben chiaro come quella particolare notizia fosse trapelata, dato che l'unica a sapere con esattezza cosa fosse successo era Ginny Weasley, e la Grifondoro aveva confidato come i fatti si fossero svolti solo ai suoi amici e ai professori; fatto sta, che ormai a scuola non si parlava d'altro.
Draco Malfoy le aveva salvato la vita, e la più piccola dei Weasley non avrebbe potuto ricevere notizia peggiore: sapere di avere un debito con quella serpe strisciante, il cui padre, anni prima, aveva tentato di ucciderla, era una macchia al suo orgoglio. Ma la stessa Ginny non poteva certo negare che, se non fosse stato per lui, lei sarebbe stata morta; e che era colpa sua se il ragazzo si era distratto, beccandosi uno Schiantesimo in pieno petto da parte di un irato Selwyn, subito dopo catturato da Harry. Ragion per cui, pur sospirando, la ragazza aspettava con ansia e un certo nervosismo il risveglio del Serpeverde, che sarebbe corrisposto al momento in cui lei sarebbe stata costretta dalla sua lealtà – e da sua madre – a ringraziarlo. La sola idea la disgustava, ed era certa che Draco Malfoy avrebbe condiviso la sua nausea alla sola idea, ma non aveva altre alternative, dato che Molly Weasley era del tutto intenzionata ad organizzare una festa in onore del giovane che aveva salvato la vita di sua figlia, e l'unico modo per convincerla a desistere era assicurarle che il ragazzo in questione non avesse nessuna intenzione di mischiarsi a plebaglia del genere.

Nonostante le ottime e puntuali cure di Madama Chips, che aveva medicato le ferite inflitte da Greyback e curato lividi e contusioni, Draco Malfoy continuava a dormire. Nel silenzio delle corsie quiete e asettiche, il ragazzo riposava un sonno apparentemente tranquillo; il petto che si alzava e si abbassava dolcemente, fasciato da bende candide e morbide, aveva le palpebre adagiate sui globi oculari e la bocca socchiusa. A nulla valsero le risate eccitate di nuove pretendenti, ammaliate dal suo eroico agire; non lo svegliarono i doni che nuovi e sconosciuti amici – ipocriti e opportunisti studenti – gli deposero ai piedi del letto. Draco manteneva gli occhi chiusi, e nonostante il suo cuore continuasse a battere quietamente contro il suo petto, la sua anima sembrava lontana anni luce da quella terra, e il suo corpo, benchè guarito, non pareva pronto ad accogliere lucidità.
Furono giorni lunghi e freddi. Mentre il ragazzo non accennava a risvegliarsi, avvolto dalle coperte inodore dell'Infermeria, fuori cadeva la neve, fitta e candida, del tutto decisa a seppellire sotto strati di candore l'immonda guerra che si era consumata a pochi metri dalla scuola. Ma Draco, ignaro del silenzio ovattato di quelle giornate gelide, continuava a giacere.
Per tre giorni, nulla turbò il suo sonno; per tre notti, non fece altro che dormire. Per settantadue, lunghissime ore, Hermione Granger stette, immobile e spaventata, a vegliare su quel corpo immobile. Il quarto giorno, un insperato raggio di sole trafisse la coltre di nubi grigie del cielo, si insinuò oltre le tende tirate dell'Infermeria, e sfiorò delicatamente gli occhi del giovane. Allora, Draco Malfoy si svegliò.

IL FANTE DI PICCHE E LA DAMA DI CUORIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora