Capitolo 23. Gli ostacoli del cuore

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La prima volta, era stato frenetico: c'era, dietro, il bisogno di sentirsi vivi; quella necessità soffocante di assaporare la vita che scorreva in lei, e di sentirla riveberarsi in sé; di avvertire il calore della sua pelle, il sapore del suo respiro – quello che avrebbe sancito, una volta per tutte, l'appartenenza al mondo dei vivi. C'era il desiderio, impellente, di far sparire la paura dentro la sua pelle, di scacciare il terrore e di dimenticare.
La seconda volta, era stato appassionato: il desiderio aveva avvolto tanto i loro corpi quanto le loro menti, annebbiate dai fumi di una pozione che aveva acceso in loro quel bisogno atavico di sfogare l'urgenza con cui i loro corpi si cercavano.
La terza volta, era stato dolce.
La quarta, fu lento.
Draco era stato lento e ammaliante, come se l'avesse voluta conquistare. Lei, confusa, aveva seguito, i suoi movimenti, senza accennare a fuggire: come avrebbe potuto? Perché mai avrebbe dovuto volere scappare via da lui, e da quelle sue mosse così seducenti, e piacevoli? Ad Hermione sembrava di scoprire ogni volta un nuovo volto di quel ragazzo che si muoveva tra le sue cosce, con esasperante lentezza, come se quello fosse un castigo – un piacevolissimo castigo. Sembrava impaziente di averla, e, al tempo stesso, conduceva quel gioco sensuale con incredibile lentezza, come se avesse voluto che durasse fino alla fine del mondo.
Quando il piacere arrivò, Draco si sentì perduto. Quelli dell'orgasmo, furono secondi – eterni tanto gli sembrarono lunghi – in cui il ragazzo galleggiò in una dimensione della sua mente che non credeva esistere. Era perduto, in un universo che non conosceva – quello dei sensi, o forse quello del cuore, perché era l'unica cosa che poteva sentire, il suo cuore, che batteva frenetico contro il petto; e quello di lei, che sembrava artigliare il suo per costringerlo a battere in sincrono.
Gli sembrò, in quell'istante, di rivedere i suoi occhi furenti di rabbia – era stato quando aveva torturato Flika, o, forse, quando aveva torturato lei; gli sembrò, in quell'istante, di rivivere quella prima volta strappata a un tempo troppo veloce e crudele per lasciar spazio alla vita; e poi tutte quelle a seguire, e le loro liti, e le loro parole, e i loro incontri, le loro premure, tutto ciò che avevano vissuto sino a quel momento, gli ostacoli, le lotte, i piaceri, i sorrisi a lungo negati e mai mostrati. Gli sembrò di morire, per poi rinascere tra le sue gambe, nel suo calore, dentro di lei. Mentre il piacere avviluppava ogni singola molecola del suo essere, in lui nasceva un sentimento nuovo e del tutto inconsapevole. Gli sembrò di avere, infine, svelato il mistero di quella ragazza che respirava pesantemente sulla sua spalla; di quella donna che giaceva sotto di lui, sorridendo leggermente, mentre lui le gravava addosso, con tutto il suo peso, con tutto il suo piacere; e sentiva la sua pelle sfregare contro la propria, e in quel calore riconobbe qualcosa – il suo mistero. Fu solo un attimo, giusto quei pochi secondi di piacere, e poi tutto tornò oscuro. Ma Draco non potè fare a meno di pensare che avrebbe desiderato passare tutto il resto della vita a conoscerla, e a svelare il mistero dei suoi occhi – quegli occhi color nocciola che ora lo guardavano, velati di piacere ma limpidi di sentimento.

***


Colpi secchi e arrabbiati interrompevano la quiete del dormitorio. Quel ticchettio costante, unito alle urla di rabbia di Blaise Zabini, che cercava di conquistare la libertà tempestando la porta di pugni, faceva da sfondo al sereno silenzio della stanza, inframmezzato dal lento e regolare respiro di Draco ed Hermione.
«Forse dovremo...» tentennò quest'ultima, accennando alla porta del bagno, percossa dal compagno di stanza del Serpeverde, il quale la strinse più forte. La strega aspirò il profumo della pelle del giovane, lucida di sudore.
«No» rispose semplicemente, tirandola a sé. Hermione appoggiò la testa sul suo petto, sorridendo nel sentire il ritmo appena alterato del battito del suo cuore. Sfregò i seni contro il suo torace, e avvertì il suo corpo tendersi a quel contatto; prese a carezzarlo lentamente, i polpastrelli a sfiorare la carne ancora calda e pulsante del busto. Solo allora Draco si rilassò: le poggiò una mano sul fianco, e con l'altra le solleticò i riccioli ribelli e arruffati.
«Perché ti odia così tanto?» domandò la ragazza, chiudendo gli occhi e beandosi di quel momento: se non fosse stato per la voce di Zabini, che esplodeva di tanto in tanto, lanciando al Serpeverde insulti molto poco carini, sarebbe stato un momento perfetto. Tra le sue braccia calde e forti si sentiva stranamente al sicuro, e quel contatto così intimo, dopo l'amplesso appena consumato, era qualcosa che le era mancato fino a quel momento. Aspirava l'odore della sua pelle, ascoltava il battito del suo cuore, e si lasciava sfiorare da quelle mani che fino a poco prima erano state capaci di donarle tanto piacere; lo sentiva un po' rigido, e poteva intuire cosa quello sguardo vacuo, puntato al soffitto, potesse significare. Draco era sinceramente confuso, e dopo il rapporto carnale appena condiviso, si sentiva stranamente a suo agio a parlare in quel tono così confidenziale, con il solo corpo della ragazza a vestirlo.
«Per lo stesso motivo per cui mi odiano tutti» replicò a bassa voce, per timore, rabbia, o forse per paura di rompere la quiete che si era creata. Persino Zabini, ora, aveva smesso di ribellarsi, e si era appiattito dietro la porta, tendendo l'orecchio per cogliere i discorsi dei due.
Istintivamente, lo sguardo di Hermione si abbassò sull'avambraccio sinistro del ragazzo: alla lieve luce delle torce, il Marchio Nero sembrava solo un'ombra sinistra e inquietante, priva del terrore che aveva sempre seguito la sua apparizione.
«Perchè?» domandò piano la Grifondoro, sfiorando con i polpastrelli il profilo di quella pozza di oscurità, che macchiava nitidamente la pelle altrimenti candida del giovane. Draco sfuggì a quel contatto, e si mosse appena sotto di lei, cercando di incrociarne lo sguardo. Quando la ragazza incontrò i suoi occhi, vide una luce intimidita brillare in fondo alle iridi grigio piombo.
«Ti fa paura?» chiese subito lui, con una durezza velata nella voce, mentre tentava con poco successo di nascondere il Marchio Nero. Hermione scosse rapidamente il capo, continuando a sfiorare la pelle in quel punto: sembrava che il Serpeverde volesse ritrarsi ad ogni tocco, come se quella cicatrice bruciasse. Era teso, e il contatto con le dita della ragazza pareva innervosirlo: lanciava occhiate inquiete al suo avambraccio sinistro, osservando con un certo timore la tenerezza con cui le falangi di Hermione gli carezzavano la pelle. «È una colpa che non posso evitare» ammise in un sussurro, dopo eterni minuti di silenzio.
«È pericoloso» replicò lei, senza smettere di accarezzarlo. Il suo tono era altrettanto basso, e appena venato da una nota di preoccupazione che nulla aveva a che fare con la paura che quel segno avrebbe dovuto infonderle: non avrebbe mai potuto provare timore per qualcosa che gli apparteneva. Ma ancora non capiva quale fosse il motivo per cui lui aveva deciso di ostentare con tanta noncuranza quel Marchio, dato il rischio che correva: era un azzardo che lei non era disposta a sopportare. «Se qualcuno lo vedesse potrebbe denunciarti al Ministero» continuò Hermione con tono severo e piccato.
«Correrò il rischio» mormorò vago il Serpeverde, tornando a puntare lo sguardo sul soffitto. La strega, per tutta risposta, smise di accarezzarlo e si tirò a sedere. Completamente dimentica della sua nudità, e ignara dell'effetto che questa induceva nel giovane, lo fissò dritto negli occhi con serietà, le sopracciglia aggrottate.
«In tutta la tua vita, non sei mai stato così coraggioso. Perché devi cominciare proprio ora?» lo provocò, ignorando le iridi di Draco, che correvano a carezzarle il profilo del seno con una luce famelica e lussuriosa nello sguardo. Sembrò non cogliere la provocazione, né l'offesa, insita in quel rimprovero; era troppo occupato ad ammirare il corpo della ragazza, stagliato contro la luce soffusa delle torce appese alle pareti. Hermione se ne accorse con qualche minuto di ritardo, e in un moto di pudicizia afferrò le lenzuola e se le gettò sul seno, arrossendo sotto il bruciore perforante delle sue iridi cineree.
«Meglio tardi che mai» rispose Draco, con fredda indifferenza, tornando a fissare quel soffitto che – evidentemente – tanto amava. Hermione sbuffò, e si alzò in piedi con uno scatto, trascinando dietro di sé il lenzuolo verde smeraldo. Il giovane Serpeverde riuscì ad afferrarne un lembo, e lo tirò forte; la ragazza, imprigionata tra la stoffa, perse l'equilibrio e ricadde sul letto, direttamente tra le braccia di Draco.
«Dove credi di andare?» domandò, ignorando i tentativi della strega di liberarsi dalle sue braccia.
«A cena» replicò lei, cercando di concentrarsi di più sui suoi propositi di fuga, che non sul suo odore, o sul calore della sua stretta. «Ho fame» aggiunse, riuscendo infine nel suo intento. Si rialzò in piedi, stringendosi addosso le lenzuola per coprirsi al meglio. Draco inarcò le sopracciglia, e incrociò le braccia al petto, rimanendo in silenzio mentre la ragazza si vestiva, lentamente.
«Hai fretta di scappare da me?» chiese il Serpeverde, sinceramente infastidito dalla celerità con cui la Grifondoro gli stava nascondendo il suo corpo.
«No» replicò Hermione, voltandosi verso di lui e guardandolo dritto negli occhi con limpidezza e sincerità. Sbattè le palpebre un paio di volte, quietamente, e, dopo aver raccolto la gonna, si avvicinò di nuovo al letto e si sedette accanto al giovane. «Ma prima o poi Zabini si ricorderà di avere la bacchetta, non credi?» gli fece notare, lanciando un'occhiata al bagno. Dopo aver legato la gonna attorno alla vita, fece scivolare il bottone all'interno dell'asola a lui destinato, e lisciò la stoffa dell'indumento, per poi voltare la testa in direzione del Serpeverde.
«È troppo idiota per notare queste ovvietà» disse lui in risposta, sfiorandole la cravatta rosso e oro, adagiata sul petto. «Questi colori fanno a pugni con quelli di questa stanza» commentò pigramente, sciogliendo il nodo e facendosi scivolare la stoffa tra le dita, per poi gettarla oltre il bordo del letto. Hermione aggrottò le sopracciglia, tentando di prendere l'indumento prima che questo toccasse terra. Draco le imprigionò le dita prima che potesse riuscire nell'intento, così la ragazza si abbandonò al suo tocco.
«Se ci vedesse...» cominciò a dire, mentre si appoggiava al suo torace florido e abbandonava la testa la sua spalla. Il giovane la interruppe prima che potesse finire di parlare.
«Non importa» intervenne, irrigidendosi appena a quell'intimità che per lei sembrava così naturale. Esitante, le adagiò la mano sul ventre, stringendola in quel modo timido e un po' impacciato che non gli apparteneva più di tanto, ma che sempre sembrava dimostrare in quei momenti di privata confidenza: non sapeva mai come comportarsi. «Lo sa già» aggiunse asciutto, e un'ombra gli velò lo sguardo.
«Come?» fece Hermione, sorpresa, scostandosi da lui e voltandosi così da guardarlo negli occhi. Sbattè un paio di volte le palpebre, perplessa, fissandolo dritto in quelle iridi cineree che erano di nuovo tornate fredde, quasi colleriche. Draco assottigliò le labbra, e si alzò in piedi: afferrò la camicia della divisa, e la indossò, lanciando solo una breve occhiata al Marchio Nero.
«Zabini ci ha visti, l'altra sera» ammise, tornando a sedersi accanto a lei. Fissava la porta del bagno con sguardo vacuo, quasi aspettandosi di vederla aprire da un momento all'altro.
«Quando?» domandò Hermione, celando l'inquietudine che l'aveva agitata a quella notizia. Il suo tono era calmo, ma le sue mani, mentre si protendevano verso il ragazzo, tremavano appena. Cominciò ad abbottonargli la camicia, lentamente, con gesti esatti e pratici, e con una confidenzialità che sorprese appena Draco, e lo fece irriggidire ulteriormente.
«Quando eri con il pezze-... con Weasley» si corresse subito lui, a un'occhiata torva della ragazza.
«E' colpa tua» lo accusò la strega, facendo scivolare nell'asola l'ultimo bottone. Lo guardò dritto negli occhi, con serietà, replicando con fierezza al suo sguardo inquisitorio ed offeso.
«Cosa?» Draco sembrava sinceramente oltraggiato da quella critica mossa nei suoi confronti.
«Se non mi avessi seguito...» cominciò Hermione, pronta a far rivaleggiare il suo orgoglio e la sua dignità.
«Se non ti fossi appartata con il pezzente...» la interruppe lui, con il solito tono rude e superbo. La ragazza bloccò quella replica sul nascere, strepitando inviperita.
«Non mi sono appartata con Ron!» Gli lanciò un'occhiata infuocata, alla quale Draco replicò con un gelo distaccato e arrogante.
«È una questione di principio, Granger. Quel pezzente non può pensare di invadere la mia proprietà» replicò con pacatezza il Serpeverde, la voce un ringhio basso e minaccioso.
«La tua proprietà?» La strega scattò in piedi, oltraggiata. Draco sbuffò, e la tirò di nuovo a sé, ma Hermione si ribellò a quella presa, e per quanto fosse salda riuscì a divincolarsi. Lo guardò con occhi infiammati, le gote accese di sfida e ostilità. «Dovresti...» Ancora una volta, la giovane fu interrotta dalle parole del Serpeverde.
«Dovresti tenerti lontana da Weasley» concluse per lei, con un sorrisetto sarcastico sul volto. Cercò con lo sguardo i pantaloni, e una volta individuati fece per indossarli, quando un'idea gli balenò in mente. Tornò improvvisamente serio, e puntò lo sguardo cinereo sulla ragazza. «Ora che ci penso, dovresti tenerti lontana da qualsiasi esponente della razza maschile esistente sulla faccia della terra» si corresse il ragazzo, continuando a ostentare una calma invidiabile. La strega sgranò gli occhi, incredula. Improvvisamente, fu combattuta dall'impellente desiderio di scoppiare a ridere, unito alla più antica voglia di prenderlo a schiaffi. Nessuno dei due riuscì a prevalere, però, perché in quel momento la porta del bagno si aprì con un fortissimo schiocco. Hermione voltò con uno scatto la testa verso quel punto, e per un attimo temette che l'uscio stesse per volare fuori dai cardini, tanta era stata la collera con cui Zabini l'aveva spalancato.
«Malfoy» urlò il ragazzo, puntando la bacchetta contro il diretto interessato con voce furente.
«Te l'avevo detto che se ne sarebbe ricordato» commentò Hermione con tono leggermente allarmato. Il suo sguardo saettava dall'uno all'altro Serpeverde, con una preoccupazione ben evidente persino nei lineamenti delicati, corrugati in una smorfia adorabile. Draco non sembrava minimamente agitato: si stava rivestendo in silenzio, con gesti lenti e precisi, ignorando volutamente la bacchetta di Zabini, puntata contro la sua schiena. Mentre continuava a tenere sotto la minaccia dell'arma il suo compagno di dormitorio, Blaise rivolse un'occhiata compiaciuta ad Hermione.
«Oh, Granger, appena la McGranitt saprà quello che mi hai fatto, la tua reputazione...» Non ebbe modo di finire la frase, perché lo Schiantesimo di Draco lo colpì, inaspettato, centrandolo in pieno. L'Incantesimo Non Verbale non era stato tanto potente da scagliarlo lontano, ma era stato abbastanza preciso da far sì che il giovane perdesse i sensi. Si accasciò a terra senza emettere un solo gemito, solo accompagnato dal fruscio degli abiti e da un tonfo piuttosto inquietante.
«Dovrei levarti dei punti, per questo» commentò Hermione, tentando in tutti i modi di sopprimere il sorriso che le stava affiorando sul volto.
«Fallo, e sarò costretto a toglierti altro» replicò Draco, ostentando un sorriso malizioso, e fissando con indiscrezione il petto della ragazza, che, d'istinto, si coprì con le braccia. Seguirono alcuni istanti di silenzio, durante i quali si guardarono torvamente. Poi, la strega sospirò.
«Stai peggiorando la tua situazione» considerò con tono lugubre, lo sguardo fisso sul corpo immobile di Blaise Zabini.
«Non potrebbe essere peggio di così» replicò piatto il giovane Serpeverde. Hermione lo guardò allarmata, gli occhi sgranati dalla sorpresa e dalla preoccupazione.
«Che vuoi dire?» chiese, quasi perforandolo con il suo sguardo. Draco abbassò il capo, fuggendo quel contatto visivo. Non rispose alla domanda della ragazza, e il silenzio che riempì la stanza riuscì solo a innervosirla. «Sei così cocciuto!» sbottò, esasperata. «Draco, rispondi. Non puoi pensare di tenerti sempre tutto dentro, e io...» gli ordinò con una nota isterica nella voce. Tutto ciò che potè ottenere da quel pallido tentativo di imposizione, fu un'occhiata incerta e combattuta da parte del Serpeverde; un'occhiata tanto profonda che le fece morire le parole sulle labbra, prima di poter concludere. Draco si avvicinò con un passo che sembrava sospeso in un tempo alieno da quello che scorreva comunemente: la stava guardando dritta negli occhi, e le sue iridi cineree esercitavano in quel momento un ascendente crudele, quello strano potere di inchiodarla sul posto peggio di un Incantesimo Pastoia.
Hermione deglutì, immobile: c'era qualcosa, nei suoi occhi; qualcosa che lei non gli aveva mai visto. O forse sì, forse gliel'avevo già visto addosso, quello sguardo: mentre facevano l'amore, e lui lo guardava scavandole dentro, fino a graffiarle l'anima.
«Cos'hai detto?» domandò Draco in un sussurro che sembrava... intimorito?
«Che non puoi pensare di tenerti sempre tutto dentro» replicò incerta la ragazza, guardandolo negli occhi. Il Serpeverde la fissava come se fosse qualcosa di strano, una mutazione nuova e sconosciuta, o magari un mostro con cui non era sicuro di voler avere a che fare.
«Prima» disse con tono perentorio e impaziente, senza mai staccare gli occhi dai suoi. Hermione ripercorse mentalmente i minuti precedenti, cercando di capire a cosa si riferisse; quando intuì i suoi pensieri, le sembrò di sciogliere un mistero; come se avesse trovato il bandolo della matassa, e quello sguardo avesse improvvisamente cominciato ad avere un senso. Sgranò gli occhi, e deglutì, maledicendosi per quella debolezza.
«Che sei cocciuto» mormorò con voce flebile. Si sentiva svuotata di ogni energia, tanto che non riuscì più a sostenere il contatto visivo con quegli occhi che la scrutavano, penetrando oltre le seppur minime difese che aveva eretto esclusivamente contro di lei. Abbassò il capo, nascondendo il suo sguardo nocciola per timore che lui leggesse fin troppo bene quei sentimenti che non voleva ammettere – non davanti a lui, comunque. Ma Draco non le permise che una breve tregua. Le poggiò due dita sotto il mento, e poi le sollevò la testa, così da guardarla ancora una volta dritta negli occhi. Erano delicati, i suoi gesti, ma impazienti.
«Dopo» precisò. Hermione non potè più sfuggire alla sua presa, al suo sguardo, né alla premura che in esso lesse. E non era un'urgenza tanto dissimile dal bisogno fisico che aveva certe volte di lei – che aveva avuto la prima, e la seconda volta. Era più un tentativo di racimolare gli ultimi cocci di uno scudo ormai infranto. Nelle sue iridi cineree fumavano placidamente i resti di quelle ultime difese erette a baluardo d'orgoglio: quella resa somigliava in tutto e per tutto alla limpidezza della terza volta.
«Dirà a tutti che stiamo insieme, non è vero?» Invece di rispondere alla domanda, Hermione pose la propria, ignorando volutamente la richiesta del ragazzo. Draco strinse appena le palpebre, e la inchiodò un'ultima volta, con lo sguardo grigio nuovamente torbido e corrotto dall'orgoglio.
«Noi non stiamo insieme» sputò subdolo. Hermione sgranò appena gli occhi, ferita, e abbassò lo sguardo. Il ragazzo la osservò per qualche minuto in silenzio: l'ombra di dolore e incertezza che le aveva visto balenare nelle iridi nocciola gli aveva al tempo stesso stretto il cuore e fatto affiorare un sorriso di tenerezza, e fatto gonfiare per l'orgoglio di vederla così, domata e sottomessa a lui, capace di ferirla con solo qualche parola. «Si» disse dopo pochi minuti di silenzio, e non era chiaro se fosse una qualche implicita imposizione, o semplicemente la risposta alla domanda della strega.
Draco si avvicinò a Zabini, e gli sfilò la bacchetta dalle dita inermi, fissandolo per un istante con un'intenzione oscura negli occhi; l'idea che gli aveva attraversato la mente parve scomparire dal suo sguardo nel momento in cui Hermione gli poggiò la mano sul braccio. Draco inarcò un sopracciglio, e la fissò con espressione imperscrutabile.
«Sei un Mezzosangue» commentò con sprezzo. Hermione corrugò la fronte, infastidita da quelle parole. Come poteva continuare a insultarla in quel modo? Benchè, in tutti quegli anni, quell'offesa non fosse più riuscita a penetrare la spessa corazza di indifferenza di cui si vestiva nei suoi confronti, adesso, sentirgli dire ancora una volta quella parola – dopo quello che c'era stato tra loro – fece divampare in lei una collera inspiegabile. Prima che potesse replicare a quell'improperio, Draco continuò. «Rappresenti tutto ciò che ho sempre disprezzato fino ad ora».
«Forse dovresti semplicemente lasciarti alle spalle il passato» recitò sarcastica Hermione, usando le stesse parole che aveva utilizzato il ragazzo poco prima. Draco sorrise, di un sorriso seducente e malizioso al tempo stesso, tanto che la strega si sentì arrossire senza nessun motivo apparente.
«Non ci crederà nessuno» commentò, trattenendo una risata divertita. Assestò un calcetto al torace di Zabini, giusto per svagarsi e per procurare al suo nemico un livido, in previsione di ciò che avrebbe fatto – rendere tutta la scuola partecipe della sua vita privata.
«È probabile» acconsentì Hermione, che in effetti si trovava perfettamente d'accordo con quel pensiero. Erano sempre stati nemici giurati, chi avrebbe mai potuto credere a un'assurdità del genere? Per quanto Blaise Zabini potesse giurare, certe persone non avrebbero mai potuto ritenere vero quel fatto.
«Quando lo scopriranno ti crederanno una traditrice» Draco le lanciò un'occhiata strana, difficile da decifrare: sembrava leggermente impaurito all'idea che lei potesse preferire i suoi amici a lui. Non sapeva che la giovane aveva già fatto la sua scelta, ormai molti mesi prima, e che non sarebbe tornata sui suoi passi, anche solo per orgoglio.
«Sicuramente» annuì ancora una volta Hermione, e il cuore mancò un battito a quel pensiero. Improvvisamente, sentì la gola secca. Non credeva che sarebbe stato così semplice mettere in chiaro le cose con Draco – era bastato solo domandare in quel modo indiretto, e lui non era sembrato più di tanto infastidito, o oltraggiato, ad esclusione dell'insulto sul suo sangue – ma sapeva che un conto era mettere in chiaro la loro situazione – sancire la loro relazione – e un conto era renderla vera al punto da confessare tutto ai suoi amici. Come avrebbe reagito Harry e Ron?
«E i tuoi amici cosa diranno?» domandò Draco, come intuendo i pensieri che le avevano oscurato la vista. Hermione lo guardò dritto negli occhi, torvamente: temeva che avesse usato la Legilimanzia una volta di troppo.
«E tua madre?» lo provocò, sul volto un'espressione dura. Il Serpeverde accusò il colpo in silenzio, sgranando appena gli occhi, e poi fissandola con un sorriso quasi ammirato.
«È una pazzia» disse in un sospiro Hermione, scuotendo appena il capo. Si chinò, e raccolse la cravatta che lui le aveva sfilato quelle che sembravano ore prima, per poi legarsela al collo, mentre Malfoy emetteva un lungo sbuffo.
«Per Merlino, una Mezzosangue» commentò, senza guardarla negli occhi: sembrava parlasse direttamente a se stesso, come se quella frase avesse potuto aiutarlo ad accettare meglio e più in fretta la situazione. Hermione Granger. Migliore amica di Potter, Mezzosangue, ex Auror. E lui era andato a letto con lei. Non una volta, non due, non tre, ma quattro. Ed era stato bello. Era stato bello quando c'era la paura a corrompere i sensi, la passione ad avvelenare la mente, lei a graffiargli l'anima, lei ad arpionargli il cuore. Trasalì quando si rese conto di aver formulato quel pensiero, e cercò di scacciare dalla sua mente l'immagine di quel corpo bianco steso sotto di lui – di quegli occhi color nocciola che non voleva più incrociare, perché non era più sicuro di essere lui, il carnefice, e lo testimoniava l'improvviso rigonfiamento dei suoi pantaloni, al solo pensiero di domarla ancora una volta – o due, o tre, o quattro. Non importava. E non era nemmeno terribile come aveva immaginato. Perché con lei, Draco aveva imparato ad andare oltre la semplice apparenza, e i nomi e il sangue erano diventati l'involucro entro cui si nascondevano i segreti di una splendida farfalla. Non era da lui pensarla a quel modo, ma non poteva fare a meno di considerare che lei, in fondo, era stata la prima a scavare a fondo nella sua anima, scoprendo l'uomo che si celava dietro l'apparenza – dietro il suo nome, dietro il sangue, dietro quel Marchio che insozzava tanto la sua pelle quanto la sua anima.
Hermione Granger era Grifondoro fino in fondo alla sua anima – quell'anima bianca che lui aveva intravisto. E la limpidezza dei suoi sentimenti, la purezza del suo sguardo, l'innocenza con cui gli si era concessa persino in un atto carnale come quello del sesso, erano un qualcosa di nuovo e spiazzante. Tra le sue braccia, si sentiva nuovo e spiazziato.
«Per Merlino, un idiota» sbottò Hermione stizzita, totalmente ignara di quelle riflessioni. Interruppe così il filo dei suoi pensieri, e Draco sbuffò a quella considerazione, sinceramente offeso: cominciava a ricredersi su ciò che aveva appena elaborato la sua mente.
«Dovresti essere onorata...» cominciò, ma fu interrotto dalla prontezza con cui la giovane strega gli poggiò un dito sulle labbra, zittendolo bruscamente. Sembrava addolorata per qualcosa che lui non riusciva a comprendere.
«Oh, sta' zitto» disse spazientita, cominciando a dirigersi verso la porta. Draco fermò i suoi passi prima che lei riuscisse a guadagnare la porta, parandosi davanti a lei e fissandola con espressione contrariata e incerta.
«Dove stai andando?» domandò con una nota infastidita nella voce, gli occhi che le frugavano le iridi nocciola, come alla ricerca della risposta a quella domanda. Hermione esitò appena, ma rispose con sincerità.
«Devo dirlo ad Harry e Ron, prima che sia troppo tardi» annunciò con decisione, cercando di superarlo con un passo. Ma il Serpeverde si spostò di lato, impedendole di passare.
«Perché quei due devono essere il tuo primo pensiero?» Alzò il tono di un'ottava, e pronunciò quella domanda con una sfumatura quasi isterica nella voce, sinceramente infastidito dall'urgenza con cui lei aveva intenzione di cercarli, e dell'affetto che aveva addolcito il suo sguardo quando li aveva citati.
«Se fossero stati il primo pensiero, non sarei rimasta tra le tue braccia per tutto il pomeriggio» replicò con sussiego, gli occhi scuri fissi in quelli grigi di lui, che li sgranò appena. Non le lasciò la via libera: si intestardì ancora di più, e rimase immobile davanti la porta, bloccandole l'unica via d'uscita.
«Potresti rimanere tra le mie braccia anche tutta la notte» propose senza la minima traccia di esitazione nella voce, né sui lineamenti pallidi del volto, dolcemente baciati dalla luce intermittente delle torce. Hermione sbattè le palpebre un paio di volte, certa di aver sentito male; non gli chiese di ripetere quelle parole, ma quando la loro realtà si scontrò con la sua mente, lei ne uscì talmente sorpresa e combattuta che, per riflettere sul da farsi, fu costretta a torturarsi il labbro inferiore con gli incisivi dell'arcata superiore. Sapeva di dover mandare al più presto una lettera ad Harry e Ron, per incontrarli, parlare con loro, spiegare tutto ciò che c'era da spiegare prima che la voce, sparsa da Blaise Zabini e ben presto sulla bocca di tutti – Hogwarts amava i pettegolezzi – li raggiungesse. Non poteva lasciare che quella notizia giungesse alle loro orecchie prima che fosse lei a confessare tutto; erano i suoi migliori amici, e avevano diritto di sapere direttamente dalla sua bocca quella verità. Quale lacerante delusione avrebbe loro inflitto? Non lo sapeva, ma era importante che fosse proprio lei a dirlo, e, date le circostanze, doveva farlo al più presto.
Tuttavia, il cuore di Hermione combatteva contro quella scelta, e il cervello lo seguì ben presto. In fondo, Blaise Zabini giaceva svenuto in quello stesso dormitorio in cui lei si attardava; Draco Malfoy, con insperata prontezza, le aveva appena offerto una notte tra le sue braccia, e non poteva negare a se stessa quanto quella possibilità stuzzicasse la sua mente, malata di lui. In più, era già buio, e la possibilità che Harry e Ron, pur trovandosi a Hogsmeade per ordine del Ministro della Magia, potessero raggiungerla a quell'ora così tarda, erano davvero minime. Perché, allora, negarsi la possibilità di passare del tempo con lui? Forse perché le aveva detto che non aveva motivo di stare lì, perché loro non stavamo insieme.
Con un sospiro, Hermione rilassò le spalle, e lo fissò negli occhi, rendendosi conto solo ora del viso del ragazzo, a pochi centimetri dal suo. Non si era nemmeno resa conto che Draco le si era avvicinato così tanto. Prima ancora di potergli comunicare la sua decisione, il ragazzo catturò le sue labbra con le proprie.

IL FANTE DI PICCHE E LA DAMA DI CUORIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora