Odio. Era solo odio. Quello che provava per lei era soltanto odio, nient'altro che odio, del più puro e sincero. Odio della peggiore specie, che desidera il male e augura la morte. Odio che vuole farla soffrire con le più atroci torture. Peccato che lui le augurasse una lenta agonia tra le sue braccia. Avrebbe saputo esattamente come torturarla, e il pensiero di lei che impazziva lentamente sotto di lui lo riempiva di un intimo senso di soddisfazione – e disgusto al tempo stesso.
Draco non faceva altro che domandarsi per quale motivo la Granger gli tornasse in mente più spesso di quanto fosse normale, e si rispondeva che era solo un inconfessato e nascosto senso di gratitudine quello che lo spingeva a pensare ai giorni trascorsi alla Rocca; lo stesso che lo aveva condotto nei pressi di quell'antico fortino, quella mattina – nonchè le precedenti, ma a questo preferì non pensare. Il suo sguardo cinereo si diresse verso l'orizzonte, in un punto non esattamente precisato tra il ricco giardino e il cielo di settembre; quello stesso punto vuoto, ma in cui lui sapeva esserci il luogo che aveva visto troppo.
Non sapeva il motivo esatto per cui, ogni giorno dal processo, si era recato lì: all'inizio pensava fosse solo il desiderio di cancellare tracce che comunque non potevano essere intuite. Dopo una settimana di continue visite, il pensiero di voler rivivere certi momenti lo sfiorò appena, ma fu subito schiacciato dalla consapevole realtà che lui era un Malfoy, e un Purosangue, e la sola idea di voler trascorrere altro tempo con una Mezzosangue – in particolare con quella – era tanto assurda quanto impossibile. Alla fine aveva convinto se stesso che dopo mesi di reclusione provava un vago senso di inadeguatezza tra le mura domestiche, da uomo libero, tanto che si rifugiava col pensiero in quei giorni per cercare di ristabilire un equilibrio perduto; e soprattutto voleva a tutti i costi evitare lo sguardo di una madre troppo perspicace perché certi sentimenti potessero essere celati – d'altronde, Draco doveva pure aver ereditato da qualcuno il talento per la Legilimanzia.
Bastò un passo, perché entrasse nel campo immaginario tracciato dagli incantesimi della Mezzosangue quasi due mesi prima, ormai; bastò una sola, decisa falcata perché la Rocca del Serpente comparisse davanti ai suoi occhi in tutto il suo antico, diroccato splendore. Tuttavia, Draco non si soffermò ad osservarne la magnificenza: entrò con passo spedito all'interno del fortino, e una volta giunto nell'ingresso ora polveroso e poco illuminato a causa delle tende tirate, le sue iridi si posarono sul pavimento che aveva accolto i sospiri di una notte che sembrava incredibilmente lontana, eppure che diventava vicina ogni volta che si recava lì, a ricordare. Benchè lui facesse di tutto per negare a se stesso la realtà ultima di quei gesti, era chiaro che la spiegazione più vera che potesse dare a se stesso fosse quella: il bisogno di riassaporare l'unico momento della sua vita in cui si era sentito compreso. Avvertire in lei le stesse tensioni, le stesse paure e le stesse angosce, assaporare la stessa urgenza e infine condividere quell'intimità che nulla aveva a che vedere con l'amore e tutto con il desiderio di dimenticare, l'aveva fatto sentire meno solo, e in quegli attimi rubati a un destino crudele aveva rivisto mille ricordi, bruciati in chissà quale angolo della sua mente fino al momento in cui lei – gelsomino e rose selvatiche – non aveva scavato così a fondo da riesumarli e farglieli rivivere, così da permettergli di comprendere se stesso. Non il Draco Malfoy, non il Draco Mangiamorte, non quello Purosangue: soloDraco.
Non sapeva spiegarsi il sentimento che provava mentre ripensava a lei e a quegli attimi: d'altronde,lui non era mai stato innamorato. Di sicuro lo spaventava un po' l'intensità di quella nuova emozione, la maniera in cui il suo viso s'intrometteva nei pensieri, il modo in cui tutto cospirava affinchè lui l'avesse sempre in mente.
Alla fine, l'intensità dei ricordi si fece tanto violenta che lui strinse i pugni e fu costretto a distogliere lo sguardo da quel pavimento, per evitare che la sua immagine – i suoi seni che fremevano al suo tocco, le sue labbra che bruciavano, lucide e gonfie di baci che avevano il suo sapore, e poi il suo profumo, gelsomino e rose selvatiche – si riformasse nella sua mente e diventasse un fastidioso fardello. Mentre usciva, accogliendo con un grugnito infastidito l'accecante luce del sole, gli sembrò quasi di sentire ancora una volta il suo profumo: come fosse una maledizione, l'aroma gli punse le narici tanto da costringerlo a irrigidire la mascella. Gelsomino – dolce come il suo sapore– e rose selvatiche – selvatiche come lei, che doveva essere domata. Ecco, domata. Non era tanto il desiderio di averla, quanto piuttosto il bisogno di domarla. Gli piaceva spiegarsi così l'urgenza che aveva di rivederla, anche solo per un attimo, anche solo per sapere che effetto gli avrebbe fatto. Rifugiarsi in quell'idea lo faceva sentire molto meglio, più pulito e in pace con se stesso.
Eppure lui, Draco Malfoy, da sempre padrone dei suoi sentimenti, si ritrovava ora a navigare in emozioni in cui non si sapeva destreggiare a causa di una stupida, inutile e lontanissima notte con una Mezzosangue che da sempre odiava, e che costituiva tutto ciò che aveva sempre schifato. Era solo un'ossessione, continuava a ripetersi, una sciocca, stupida ossessione che col tempo sarebbe passata. Un'ossessione: però, dolcissima.
Mentre quei pensieri contrastanti e impuri gli sporcavano la mente, avanzava a grandi passi lungo il giardino, lo sguardo fisso dinnanzi a sé, ma in realtà per nulla attento allo splendore di quella fauna lussureggiante. Guadagnò la porta d'ingresso in pochi minuti, e prima che potesse anche solo sperare di rifugiarsi nella sua stanza per sfuggire allo sguardo inquisitorio di sua madre, la voce della stessa risuonò nell'ingresso, raggiungendolo dal salone. Benchè avesse alzato la voce, il suo tono risultava elegante e controllato, e conservava la nota di calda freddezza che da sempre lei gli riservava.
«Hai preparato i bagagli?» domandò Narcissa con il solito distacco. Draco entrò nell'ampio salone, e si fermò sulla soglia della porta, gli occhi fissi sullo schienale della poltrona su cui lei era comodamente seduta: poteva vedere solo la mano pallida ed affusolata, le unghie laccate di rosso e la tazzina stretta tra indice e pollice, che ben presto sparì, apparentemente inghiottita da quel mobile di legno scuro. La donna non sembrò degnarlo di uno sguardo, mentre, seduta sulla sua preziosa poltrona di seta davanti al camino, sorseggiava il suo caffè mattutino. Draco non le rispose: sfilò davanti a lei con falcate rapide ed eleganti, e si versò un goccio di Whisky Incendiario dalla brocca poggiata sul pregiato tavolino antico, riccamente intarsiato in oro. Il tintinnio della caraffa contro il bicchiere convinse infine la donna a prestare attenzione al figlio, e quando notò qualche filo d'erba impigliato nell'orlo dei pantaloni del ragazzo, inarcò un sopracciglio, e dopo aver poggiato sul vassoio davanti a sé la sua tazzina, lo fissò con sguardo gelido. «Dove sei stato?».
Ancora una volta, Draco tacque. Svuotò il bicchiere con un solo sorso, e solamente quando lo ebbe posato nuovamente sul tavolino, con estrema lentezza si voltò verso di lei e la guardò negli occhi: le sue iridi cineree riflettevano la stessa freddezza che quelle azzurrine della madre emanavano.
«Non capisco perché devo tornare ad Hogwarts» esordì con tono piatto, come se in realtà quel discorso non gli stesse davvero a cuore; persino il viso manteneva l'indifferenza tipica dei suoi modi, eppure in fondo allo sguardo c'era un'ansia malcelata che, tuttavia, alla donna non sfuggì. Forte di quell'unico appiglio, consumò il suo ruolo di madre con il solito cinismo, distaccata e altera come solo lei sapeva essere.
«Non eludere le mie domande, Draco» replicò con severità, e in un fruscio di stoffe si alzò in piedi e con due falcate rapide e aggraziate raggiunse il figlio e lo fronteggiò. Il ragazzo sbuffò, e scostò lo sguardo, consapevole che lei avrebbe potuto leggere la menzogna nei suoi occhi in ogni momento.
«Non ho fatto i bagagli, madre, perché non voglio tornare a scuola. È una stronzata» replicò con stizza, eppure mantenendo il tono freddo e basso. C'era una calma soppesata e voluta, nei suoi modi di fare, una quiete che tentava di riflettere non solo uno stato d'animo del tutto opposto, ma anche e soprattutto l'alterigia di una madre da cui aveva preso più di quanto lui potesse immaginare.
«Modera il linguaggio, prima di tutto» Narcissa era innanzitutto sua madre, e sapeva essere tanto severa e inflessibile, quanto, a dispetto delle apparenze, protettiva e affettuosa. Draco roteò gli occhi, e finse un'affettazione che fece fremere la donna dall'indignazione. Sua madre congiunse le mani davanti al grembo in un gesto regale, e, il busto dritto e il mento alto in un chiaro segno di superiorità ostentata, rispose con lentissima freddezza. «Come ti ho già ripetuto almeno un centinaio di volte, durante questi giorni» sillabò con distacco, marcando con enfasi questa prima parte del discorso, come se non volesse più sentir parlare di un argomento del genere, e in modo da sancire la fine di quelle che lei riteneva sciocche domande «devi tornare ad Hogwarts perché è necessario che tu termini la tua istruzione. È la tua ultima possibilità di avere un posto degno nel mondo, quando sarà il momento. Dopo la macchia del tuo processo, e le accuse infamanti...» Narcissa non ebbe il tempo di finire, perché il figlio la interruppe prima che potesse concludere, con uno sbuffo tanto rumoroso quanto scettico. Lei inarcò le sopracciglia, e serrò le labbra in una stretta sottile. Draco alzò lo sguardo e lo puntò, finalmente, dritto sul volto della donna: quel viso che lui amava più di qualsiasi altra cosa, così severo e freddo, così bello e altero, che cominciava ad essere intaccato dai segni del tempo, mostrava adesso una lieve luce di calore, dietro la maschera gelida che continuamente ostentava. D'altronde, dietro quei modi di fare distaccati e talvolta striscianti che entrambi continuavano a voler usare l'uno nei confronti dell'altra, c'era la traccia di un affetto nascosto che solo loro due sapevano riconoscere.
«Potrei pensare che non mi vuoi più con te, madre» sibilò in tono di sfida il ragazzo, e sul suo volto comparve un ghigno furbo e sarcastico. La donna non si scompose minimamente: mantenne un'espressione neutra sul volto, imperturbabile come sempre.
«Una donna fa quel che è in suo potere per assicurare all'uomo che ama una vita lunga e felice. Non ci sono riuscita con tuo padre, Draco, ma continuerò a lottare per te, come ho sempre fatto» Quelle parole apparentemente così distaccate e fredde, nascondevano un'insinuazione e una verità che fecero sparire dal volto di Draco quel sorrisetto beffardo in favore di una più sorpresa espressione. Alla fine, depose le armi, benchè il suo sguardo freddo e scettico continuasse a solleticare con insistenza le iridi di ghiaccio della madre.
«Dove sei stato?» domandò ancora la donna, dopo interminabili minuti di estenuante silenzio, durante il quale entrambi non avevano fatto altro che scrutarsi. Solo a quel punto il giovane abbassò lo sguardo, forse un po' troppo in fretta perché lei non potesse sospettare qualcosa. Una madre ha la straordinaria capacità di comprendere gli stati d'animo dei figli con una sola occhiata; Narcissa Malfoy, poi, aveva dalla sua non solo una perspicacia e una destrezza che l'avevano più volte salvata in ogni tipo di situazione, ma un talento non indifferente nella delicata arte della Legilimanzia.
Draco non era sicuro che l'avesse usata in quel preciso istante; forse, in quel momento, stava facendo uso solamente delle sue doti materne. Fatto sta che il suo sguardo si strinse tanto che lui non riuscì più a intuire il profilo delle pupille, e meno che mai i suoi pensieri. Infine sconfitto, il ragazzo fece per compiere un passo, ma la mano della donna gli artigliò il polso con insolita gentilezza, soprattutto se confrontata con l'intensità di quella stretta.
«Non tornare più alla Rocca. Non è adatta a te, Draco» Il suo tono era basso, eppure caldo; non c'era nota di freddezza, nella voce, come se quello fosse un consiglio che lui avrebbe assolutamente dovuto accettare perché veniva dal cuore, e non dalla testa. E mentre risaliva di corsa le scale per chiudersi in camera sua, il ragazzo si domandò se quell'ultima frase fosse davvero riferita alla Rocca.
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IL FANTE DI PICCHE E LA DAMA DI CUORI
FanfictionQuesta è una storia scritta da Eloise_Hawkins. E' una ff che ho trovato su Efp fanfiction e volevo trascriverla qui. Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=806487&i=1 Le testate dei giornali erano dedicate a Harry Potter, ancora una volta...