Capitolo 13. Il processo

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Draco ostentava la sua solita aria annoiata e superba, nonostante il luogo e la situazione in cui si trovasse. L'intero Wizengamot era riunito attorno a lui: i membri occupavano le panche davanti al ragazzo, e ai suoi lati, e lo fissavano con sguardo d'accusa, occhiate torve e accusatrici che la dicevano lunga sul suo futuro – ad Azkaban. Ma lui sedeva al centro, i polsi legati dalle pesanti e robuste catene, e l'espressione imperturbabile: il suo viso pallido e smagrito era fiocamente illuminato dalle torce, che mandavano bagliori scuri sulle pareti di pietra, rendendo l'atmosfera più lugubre di quanto già non fosse. Nonostante il suo cuore stesse battendo freneticamente nel petto, nonostante il leggero senso di nausea che provava – e non era nemmeno sicuro che fosse per il processo – nonostante l'ansia divorante, fissava laconico la corte con sguardo annoiato, la sua solita aria di superiorità a far da scudo ad ogni emozione. Trovava vagamente ridicole le vesti color prugna che indossavano, e si rifugiava in quell'unico pensiero ilare per non ricadere nell'angoscia; per non pensare a suo padre, e al momento in cui anche lui si era ritrovato lì; per non pensare al futuro che lo aspettava; per non pensare alla settimana passata in quella prigione da brivido, con i Dissennatori a vegliare sulle sue peggiori paure, impedendo loro di fuggire, e alimentando quel terrore lancinante. E il pensiero di lei a spaventare il sonno, e scacciare l'ultimo stralcio di serenità rimasta. Non aveva più avuto sue notizie, ma era in qualche modo certo che, se lei fosse morta, l'avrebbe saputo in quel momento, perché sarebbe stata solo un'accusa in più che gli avrebbero potuto muovere contro. Forse era per questo che aveva atteso con tanta ansia quel giorno?
«Udienza processuale dell'otto agosto» recitò con tono pomposo il Ministro della Magia, spezzando quel silenzio inquieto e dando così inizio al processo che avrebbe per sempre segnato il suo destino. Alla sua destra, uno dei Weasley cominciò a scrivere freneticamente su una pergamena, e il suono straziante della penna d'oca riempì le orecchie di Draco di un ronzio indistinto e spaventoso: gli sembrava che la punta della piuma grattasse direttamente sul suo cuore, scoprendo nervi che non sapeva nemmeno di avere, e scavando così a fondo da far male. «L'imputato è accusato di: due tentati omicidi, uno nei confronti di Albus Percival Wulfric Brian Silente, l'altro nei confronti di Hermione Granger» Il cuore di Draco ebbe un tuffo: tentato omicidio, significava che era ancora viva? «Coalizione con Maghi Oscuri quali i Mangiamorte, e Colui-che-non-doveva-essere-nominato stesso. È inoltre sospettato di essere lui stesso un Mangiamorte» A quelle parole seguì uno sbuffo indignato. Draco osò lanciare un'occhiata d'accusa alla madre, seduta molte panche più in basso rispetto alla corte del Wizengamot: la donna aveva un'aria profondamente oltraggiata, eppure conservava la classe e l'eleganza che l'aveva sempre contraddistinta.
«Inquisitori: Rufus Scrimgeour, Ministro della Magia; Kingsley Shacklebolt, Capo del Quartier Generale degli Auror; Griselda Marchbanks, Membro giovane del Wizengamot» Una strega dall'aria delicata e giovane si impettì appena, sul volto un sorriso sereno, compiaciuto, ma incredibilmente severo. «Scrivano della Corte: Percy Ignatius Weasley. Testimone per la Difesa: Narcissa Black Malfoy» concluse il Ministro dopo una brevissima pausa, il tono appena velato da un'accusa di disprezzo a cui la donna citata replicò con espressione altera e distaccata. Non appena ebbe finito tornò a sedersi e prese a sfogliare diverse carte. Durante quell'intervallo di tempo, la segreta fu invasa da un silenzio inquietante e lugubre, rotto per qualche istante da quella strega giovane che poco prima aveva mostrato un'aria tanto soddisfatta, e che ora si stava destreggiando tra le file della giuria, cercando di scivolare giù e guadagnare la porta. Scrimgeour le lanciò un'occhiata torva, seguendola con lo sguardo e osservando la porta richiudersi alle sue spalle; una volta che la donna fu uscita, il Ministro si alzò in piedi ancora una volta, si schiarì la voce e parlò con il suo tono autoritario e sontuoso.
«Draco Lucius Malfoy» sentenziò, il viso una maschera di serietà e freddezza, lo sguardo acceso da una soddisfazione lucente che fece innervosire Draco più di quanto fosse lecito. «Le accuse nei suoi confronti sono tante, e tutte molto gravi. Attualmente, la sua pena corrisponde a ottantasette anni di reclusione nella prigione di massima sicurezza di Azkban» Scrimgeour fece una lunga e teatrale pausa, godendo segretamente del sussulto che aveva colto Narcissa Malfoy a quelle parole.
«Draco Lucius Malfoy» riprese, senza dar segno di averla vista o sentita, guardando profondamente il ragazzo seduto al centro dell'aula. «Lei nega di aver tentato di uccidere Albus Percival... com'era? Oh, insomma... Silente?» domandò lievemente imbarazzato, e a Draco sembrò che il tono fosse quasi melodrammatico, tanto era esagerato. Attese qualche istante, avvertendo con fastidio lo sguardo di tutti fisso su di lui, poi replicò seccamente: «No» e tacque. Orgoglio. Era sempre stato solo l'orgoglio, l'unica colpa di cui si era macchiato; orgoglio purosangue, orgoglio di una casata a cui era appartenuto per sbaglio, non per scelta; quell'orgoglio che era, e sempre sarebbe stato, la sua rovina. Non sarebbe mai strisciato ai piedi del Ministro a chiedere pietà per i crimini commessi da suo padre; non lui, non Draco Malfoy. Sapeva di non avere colpe, ed era stato pronto a mettere da parte la sua dignità per un mese intero, decidendo di farsi aiutare da lei, ma adesso, davanti a quella corte, non era disposto a cedere. Avrebbe affrontato a testa alta la sua condanna, scontando colpe mai avute ma perlomeno mantenendo una dignità troppo a lungo calpestata. E la paura che aveva avuto, e il terrore che aveva provato, e l'angoscia che l'aveva avvolto... avrebbe seppellito tutto dietro una maschera di freddezza e disinteresse.
«E nega di aver tentato di uccidere la Signorina Hermione Granger, la notte del trentun luglio scorso?» chiese ancora il Ministro, per nulla turbato dalla sua confessione e assolutamente ignaro dell'uragano di pensieri e sentimenti che stava imperversando dentro di lui. A quelle parole, Draco strinse le labbra, ed emise un gemito che non sfuggì a Scrimgeour.
«Le ricordo che è sotto giuramento» chiosò con tono altero, lanciandogli un'occhiata di sfida. Forse fu quello a convincerlo a mentire. Cosa sarebbe cambiato, in fondo? Un'accusa in più o una in meno non avrebbe fatto la differenza: avrebbe passato il resto della sua vita ad Azkaban. Aveva appena aperto la bocca per rispondere, quando fu salvato dal peso di quella bugia da uno schiocco: la porta si era aperta con uno scatto secco, spalancandosi con tanta violenza che tutti gli astanti trasalirono, sorpresi. Draco vide una figura femminile entrare nell'aula, e per un attimo pensò che la strega del Wizengamot che poco prima era uscita fosse infine rientrata; ma si dovette ricredere quando, a uno sguardo più attento, la osservò meglio. E allora anche lui sussultò, incapace di contenersi.
Hermione Granger fece il suo plateale ingresso con sguardo serio e fiero, e procedette fino al centro della sala con falcate rapide e lunghe, fermandosi solo una volta giunta al fianco di Malfoy, seduto al centro dell'aula circolare, i polsi legati ai braccioli della sedia di legno con lunghe e rigide catene di ferro. Non lo guardò: i suoi occhi erano puntati su Rufus Scrimgeour, come se lo volesse sfidare silenziosamente – cosa che in effetti stava facendo. Con la coda dell'occhio, vide Narcissa Malfoy muoversi nervosamente, sulla panca al di sotto della giuria, e si trattenne dal desiderio impellente di guardare anche lui. Sotto gli sguardi increduli e confusi della corte del Wizengamot, scossa dopo quell'insolito e inaspettato avvernimento, la ragazza prese la parola.
«È innocente» esordì, e i suoi occhi, decisi e profondi, osservarono con intensità tutti i membri, uno dopo l'altro, come se volesse convincerli con la sola forza del suo sguardo.
«Lieto di vedere che sta bene, Signorina Granger, ma mi duole informarla che questo è un processo privato» sibilò tra i denti il Ministro, senza cercare di nascondere la collera che gli aveva arrossato il volto durante il suo ingresso.
«È innocente» ripetè caparbiamente Hermione, ignorando volutamente le parole dell'uomo, nonostante lo stesse fissando con sguardo profondo e provocatore. Scrimgeour strinse le labbra in una morsa sottile e collerica, ma prima che potesse replicare ulteriormente, Kingsley Shacklebolt intervenne in aiuto della ragazza.
«Su cosa basa la sua affermazione, Signorina Granger?» intervenne l'uomo, apparentemente – ed effettivamente – interessato a quel nuovo risvolto, il tono caldo e cortese. Il suo volto mostrava un'espressione attenta e seria, eppure i suoi occhi ridevano, fieri e compiaciuti.
«Io c'ero» replicò Hermione, mantenendo una determinazione ferma e sicura, nonostante un sorriso stesse lottando per affiorare sul suo volto; cercò di reprimerlo, e dopo essersi riuscita con successo, i suoi occhi si spostarono, inquieti, sui membri della corte: un mormorio incredulo, e forse anche un tantino sospettoso, si era diffuso nella sala, ma fu subito quietato dal Ministro.
«A questo proposito, ci sarà un processo a parte esclusivamente dedicato a lei. Vista l'evidente propensione ad attirare l'attenzione su di sé. Sembra quasi un insolito bisogno, quello che ha sviluppato da quando ha aiutato Potter a sconfiggere il Signore Oscuro» sibilò con astio l'uomo, e sul suo volto comparve un sorriso vittorioso e compiaciuto che venne stroncato sul nascere.
«Non è bisogno di attenzioni, ma voglia di giustizia» replicò con serenità, sfidandolo a viso aperto, per nulla offesa da quell'ingiuria.
«Se vuole testimoniare a favore di Draco Lucius Malfoy, deve prestare anche lei giuramento, Signorina Granger» la voce calda ma seria di Kingsley Shacklebolt interruppe quell'astioso gioco di sguardi. Hermione puntò gli occhi, brillanti di determinazione, sull'uomo che aveva appena preso parola, e annuì.
Draco la osservò a lungo, e non sapeva se essere più sorpreso o sollevato: di certo lo disturbava il fatto che lei fuggisse così il suo sguardo. Mentre lei prestava giuramento, la giovane strega che poco prima era uscita rientrò nell'aula, borbottando con vocetta acuta parole di scuse come "Roba da donne" e "Mi sono persa qualcosa?". Il ragazzo non potè fare a meno di notare che rispetto a prima sembrava avesse subito un Incantesimo Rallegrante –Rictusempra, Summerbee, Dissennatori – perché sul suo volto brillava un sorriso a trentadue denti tanto lezioso quanto allegro.
«Allora» la voce del Ministro spezzò il filo dei suoi pensieri, e Draco si rese conto che la ragazza aveva già finito di recitare la formula, e ora guardava con impazienza Scrimgeour, che parlava con serietà e una lieve, indignata collera ben visibile sul suo volto «può dirmi cosa ci faceva a Godric's Hollow quando meno di un mese fa ha dato le sue dimissioni per un viaggio in America con i suoi che non sarebbe durato, a suo dire, meno di due mesi?» Il tono dell'uomo era grave, e deciso: pensava, con le sue parole, di aver messo alle strette Hermione, così da costringerla a confessare il suo crimine. Ma naturalmente, nel breve tragitto tra il San Mungo e l'Aula Dieci del Ministero della Magia, la ragazza aveva avuto tutto il tempo per elaborare una scusa, e mentì con una tale prontezza che sorprese l'uomo.
«Purtroppo mia madre si è ammalata, così siamo stati costretti a tornare in anticipo dal viaggio» spiegò con tono falsamente contrito, trattenendo a stento un sorriso soddisfatto nel notare l'espressione di puro disappunto che aveva contratto il viso del Ministro.
«Né è sicura? Le ricordo che è sotto giuramento» le rammentò l'uomo, evidentemente contrariato da quella che riteneva una scusa bella e buona.
«Ne sono sicura» assentì determinata la ragazza, senza mai staccare lo sguardo da quello di Scrimgeour, come se i loro occhi fossero stati allacciati da segrete catene di sfida e disprezzo.
«Può confermare le sue parole?» continuò ancora il Ministro, intestardito. A quel punto Hermione esitò: fu solo un istante, ma durante quell'attimo l'uomo, che non aveva smesso di fissarla e attendeva con ansia le sue parole, sorrise vittorioso. Quella smorfia di evidente disappunto scemò non appena la ragazza prese ancora una volta la parola, il tono deciso nonostante fosse pienamente consapevole che ciò che stesse dicendo fosse una menzogna enorme.
«Può mandare anche immediatamente qualcuno a controllare. Abito al cinquantasei di Straight Avenue» disse con risolutezza, augurandosi mentalmente di aver ereditato da sua madre la prontezza alla bugia. Scrimgeour fece un cenno a uno dei suoi sottoposti, alla sua destra. Con orrore, Hermione notò Percy Weasley scattare in piedi, e scivolare giù dalla sua panca per dirigersi verso la porta con solerzia. Prima di poter guadagnare la porta, una giovane strega dal viso gentile e allegro lo fermò per un braccio e gli sussurrò qualcosa all'orecchio; il viso del ragazzo mutò espressione, e lui sembrò impallidire improvvisamente. Si liberò dalla stretta della donna, poi, con rapidità ancora maggiore, uscì dall'aula e sparì alla vista, non senza aver prima lanciato occhiatine nervose al Ministro, che tuttavia non sembrava aver notato quel breve scambio di battute.
«E come mai si trovava Godric's Hollow, quella notte?» Scrimgeour alzò lo sguardo dal rapporto che fino a quel momento stava stilando il giovane Weasley, e dopo avervi appuntato qualcosa tornò a fissare Hermione, negli occhi una luce collerica e sprezzante.
«Durante il mio viaggio sono sempre rimasto in contatto con i miei amici. Sapevo che Harry quella notte sarebbe andato a Godric's Hollow a visitare la tomba dei suoi, e volevo esserci» replicò serena la ragazza, senza scomporsi minimamente nonostante quello sguardo ostile testardamente puntato su di lei.
«Perché?» la giovane strega che poco prima aveva fermato Percy senza che il Ministro se ne accorgesse, intervenne nella discussione, probabilmente più interessata al lato umano che non a quello giuridico. Hermione spostò lo sguardo su di lei, e la osservò a lungo, incerta e dubbiosa, poi, con cortesia, le rispose.
«Per sostenerlo. Sapevo che per lui sarebbe stato... doloroso» la sua voce suonò innaturalmente falsa, e lei sperò vivamente che quella donna fosse davvero ingenua e superficiale come sembrava. Le sue preghiere furono esaudite un attimo dopo, perché la giovane strega, con sguardo sognante e tono incantato, mormorò, a voce abbastanza alta perché tutti potessero udire: «Che dolcezza!». Il Ministro grugnì, contrariato da quell'interruzione, poi riprese il suo interrogatorio con voce ancora più stizzita.
«Sono certo che la Signorina Marchbanks intendesse chiedere perché lei si trovasse già lì» sillabò, lanciando un'occhiata torva alla donna intervenuta poco prima, che non si scompose minimamente, e anzi esibì un sorriso smagliante e allegro. Scrimgeour alzò gli occhi al cielo, poi tornò a fissare la ragazza.
«Ci eravamo dati appuntamento lì, perché lui quel giorno stava lavorando, e io dovevo prendermi cura di mia madre» rispose con serietà, in una degna interpretazione di una figlia preoccupata per lo stato di salute del suo genitore più caro. Prima che il Ministro potesse interromperla con altre domande, si affrettò ad aggiungere: «Solo che sono arrivata prima del previsto. E ho visto tutto». Tacque, per lasciare che quell'ultima affermazione giungesse a destinazione e sortisse l'effetto previsto. Come sperava, un mormorio incerto si diffuse tra la corte. Hermione vide Narcissa Malfoy sporgersi appena verso l'alto, come se volesse cogliere eventuali voci, opinioni, o parole.
«Visto cosa, esattamente, Signorina Granger?» intervenne Griselda Marchbanks, il cui sorriso era scomparso dal volto per lasciar posto a una teatrale e preoccupata espressione. Hermione lanciò un'occhiata a Malfoy, uno sguardo appena accennato che lui non parve ricambiare e di cui nessuno si accorse davvero; fu il primo che si scambiarono da quanto lei era entrata.
«Ho visto Malfoy combattere contro i Mangiamorte. Stava cercando di catturarli» annunciò con tono serio, lo sguardo profondo fisso su quella donna, come se lei fosse l'ultima, inattesa speranza di tutta quella ingiustizia illecitamente protratta da Scrimgeour. «E mi ha salvato la vita più di una volta, l'ultima portandomi al San Mungo nonostante sapesse di rischiare l'incarcerazione» continuò, il tono che si faceva ogni istante più melodrammatico, come se la sua interpretazione potesse giocare a loro favore. Narcissa Malfoy storse il naso, ed Hermione immaginò che quell'espressione rispecchiasse perfettamente anche lo stato d'animo di suo figlio, in quel momento. Evidentemente, però, la ragazza aveva esagerato, perché anche il Ministro aggrottò le sopracciglia, nauseato.
«Il Signor Malfoy ha negato di aver combattuto i Mangiamorte. E ha affermato di aver partecipato alle loro illecite attività, e di essere tuttora in combutta con loro» pontificò con il solito tono pomposo, una punta di soddisfazione negli occhi.
«Il Signor Malfoy è un idiota, e ha mentito» esplose Hermione, non riuscendo più a trattenersi. Tutta la corte trasalì a quell'affermazione, e lei potè leggere l'espressione incredula e al tempo stesso indignata che risaltava sui volti dei membri del Wizengamot. Scrimgeour riuscì a dominare la sorpresa, e forse ringalluzzito da quell'esplosione spazientita, a suo parere chiara esternazione di una menzogna che stava lentamente crollando sotto i colpi della verità, si erse in tutta la sua statura, e tuonò con voce decisa, sicura: «Perché avrebbe dovuto mentire?» L'uomo battè con forza un pugno sul tavolo, e scattò in piedi, il volto rosso di rabbia, una luce determinata e inquisitrice negli occhi. Di fronte la collera del Ministro, Hermione non seppe cosa replicare. Non fu tanto l'ira che gli lesse nel volto, né la soddisfazione e la crudeltà che gli brillava nello sguardo, né tantomeno la certezza che lei stesse mentendo, che traspariva da ogni parola e da ogni gesto; fu più che altro l'incapacità di rispondere in modo convincente a quella domanda, che in fondo avrebbe dovuto prevedere, ma che, presa probabilmente dagli eventi, non aveva tenuto in considerazione. Così si appellò alla sua ultima speranza: lui, sperando che non fosse ancora una volta così stupido e così orgoglioso da mentire ancora; sperando che tenesse più alla sua libertà, che alla sua dignità. Si voltò verso Malfoy, e lo fissò a lungo, in un chiaro invito a parlare, a venirle in aiuto, e a spiegare la situazione. Gli occhi di tutti i presenti seguirono la linea immaginaria che legava adesso lo sguardo castano di lei alle iridi cineree di lui, a cui tutti prestarono adesso attenzione. Prima che potesse parlare, la porta si aprì con uno scatto, e un trafelato Percy entrò, con il respiro affannoso ma il solito, pomposo contegno.
«La Signora Granger è a casa, gravemente ammalata. Non riesce nemmeno ad alzarsi dal letto» annunciò con tono solenne. Senza degnare di una sola occhiata Hermione, come se temesse di tradirsi se l'avesse guardata, tornò lentamente al suo posto sotto lo sguardo furente di Scrimgeour. La ragazza cercò di mantenere un contegno, di non mostrare segni di sorpresa, ma anzi di palesare un volto seriamente preoccupato per la salute della madre; intanto, ringraziava mentalmente Percy Weasley, e appuntava di fargli un enorme regalo per ringraziarlo non solo della prontezza di spirito, ma anche e soprattutto dell'enorme menzogna che aveva detto per lei, proprio quel ragazzo che era sempre stato così ligio alle regole.
Un silenzio inquieto e pregno di brusii seguì quell'annuncio inaspettato, una quiete carica di aspettative e curiosità per la nuova piega che avevano preso gli eventi.
«Signor Malfoy, attendo con ansia la sua dichiarazione» Il Ministro mise a tacere ogni tentativo di sussurro o bisbiglio, ponendo fine anche alle supposizioni e a quella vaga speranza di salvezza che sembrava aver alleggerito l'atmosfera dell'aula. Malfoy esitò forse un attimo di troppo, ma alla fine parlò.
«Pensavo che se li avessi catturati, avrei dimostrato la mia fedeltà al Ministero. Che avrei ottenuto la libertà, in cambio del mio aiuto» cominciò con un'esitazione che lo rendeva irriconoscibile, ma che faceva sì che il suo teatrino riuscisse perfettamente: il tono plateale, esageratamente melodrammatico, offriva una presentazione tanto falsa quanto credibile. Hermione pensò che fosse un bene che sapesse mentire così bene.
«Astuto. Ma per i suoi crimini, assolutamente insufficiente» sbottò Scrimgeour con tono spazientito. Sul suo volto leonesco comparve un sorrisino di pura e sadica soddisfazione.
«Quali sarebbero i suoi crimini?» intervenne Hermione, facendo sfiorire quella compiacenza dal viso antico e florido dell'uomo, che proruppe in una risatina sarcastica.
«Tanto per cominciare, è un Mangiamorte» recitò con tono acido, abbandonando la sua calma in favore di una rabbia ben evidente che gli colorò il viso di rosso e strappò alla Signorina Marchbanks schiocchi di disapprovazione. Tuttavia, la ragazza non si scompose minimamente, e anzi quelle parole e quegli atteggiamenti sembrarono rassicurarla ancora di più, tanto che un sorriso vittorioso comparve sul suo volto, ancora pallido a causa della lunga degenza. Il Ministro le aveva appena servito su un piatto d'argento la miglior difesa in cui potesse sperare.
«Ne è sicuro, Ministro?» domandò retorica, fissandolo con sguardo di sfida. Qualcosa sembrò sgretolarsi, sul volto di Scrimgeour: una sicurezza che vacillò appena, per poi ricostituirsi, forte e potente come e forse più di prima. L'uomo alzò il mento, e incrociò le braccia sotto il petto, certo delle sue parole.
«Naturalmente» scandì, ostentando un'aria di superiorità che poteva far concorrenza a Malfoy stesso. Il sorriso della ragazza di fronte a lui si accentuò.
«Allora come spiega questo?» proseguì, il tono appena velato da un'accusa silente, e da una soddisfazione affatto celata. Hermione agitò la bacchetta in aria, e la catena che teneva legato il braccio sinistro del ragazzo si sciolse, docile; poi afferrò senza troppa delicatezza il polso di Malfoy, e tirò su la manica, scoprendo l'avambraccio, liscio e pallido, senza nessun Marchio a deturparne la pelle eburnea. La corte trasalì in un coro sorpreso. Scrimgeour, invece, impallidì.
«Questo è impossibile» sillabò, livido di rabbia. Hermione lo fissò con serenità, ma questa volta non stava sorridendo: la sfida insita nel suo sguardo era ancora presente, e saettava dai suoi occhi a quelli del Ministro come una freccia scagliata con insolita potenza, ma la soddisfazione era come scemata, sostituita da una tranquillità un po' inquieta che le stava facendo battere il cuore tanto forte da farle male.
«È sotto i suoi occhi, Signor Ministro» replicò con determinazione, il timbro caldo e soffice, tanto basso da poter essere appena udibile, ma proprio per questo più convincente di qualsiasi urlo.
«Comunque ha tentato di ucciderla! Come può difenderlo, dopo questo?» sbottò Scrimgeour, la vena sul suo collo che pulsava rapida e potente. Si stava sporgendo talmente tanto dalla panca, che se si fosse proteso anche di un solo centimetro in più sarebbe probabilmente caduto.
«Perché non è vero. È stato Doholov a lanciarmi quella Maledizione, e lei, Ministro, dovrebbe saperlo bene. Il suo Anatema ha provocato non pochi problemi al Ministero in passato, e lei, che è stato a Capo del Dipartimento Auror, dovrebbe conoscerne gli effetti alla perfezione» Hermione parlò con voce ferma e sicura, lo sguardo severo puntato su quell'uomo che ogni istante che trascorreva, ogni parola che veniva detta, perdeva sempre di più la sua proverbiale calma, apparendo la copia spiccicata di quel Caramell che per la sua incapacità era stato dimesso e sostituito da quell'uomo che ora gli somigliava così tanto.
«E Silente, allora? Cosa mi dice di Silente? Voleva assassinarlo!» Scrimgeour puntò un dito accusatorio contro il giovane seduto al centro dell'aula, che mantenne una calma invidiabile, in barba a quell'uomo che invece sembrava folle tanto era impaziente e in collera.
«Ma non l'ha fatto. Non l'avrebbe mai fatto. Non sarebbe capace di farlo» furono le uniche parole che la ragazza riuscì a dire, in sua difesa. Malfoy arricciò il naso a quell'affermazione, punto sull'orgoglio: sembrava una macchia al suo coraggio, un ulteriore segno della sua codardia, l'incapacità di agire per ignavia e vigliaccheria, onta che lui non riusciva a sopportare, ma che si costrinse a subire.
«Harry Potter ha ammesso di averlo visto puntare la bacchetta su Silente» sentenziò Scrimgeour con tono severo.
«Harry Potter ha anche affermato di averlo visto abbassare la bacchetta, non appena Silente gli ha permesso di vedere una speranza diversa dal destino oscuro che gli aveva riservato Voldemort» replicò con sicurezza Hermione, accogliendo con fierezza i sussulti spaventati della corte, sorpresi che qualcuno dicesse il suo nome così apertamente e senza paura, nonostante la minaccia che esso costituiva fosse ormai svanita.
«Perché ha mentito? È stato interrogato più di una volta, ha avuto la sua possibilità» Stavolta il Ministro, come se fosse certo che lui sarebbe crollato sotto le sue domande, si rivolse direttamente all'imputato, fissandolo con sguardo carico d'odio; eppure la sua rabbia sembrava essere appena scemata, sostituita da una nuova luce incerta e incomprensibile.
«Pensavo di non avere scampo» replicò lui prontamente, lo sguardo supplichevole come se stesse chiedendo perdono per i peccati commessi. «Sapevo che nessuno a parte lei mi aveva visto, sapevo che nessuno mi avrebbe creduto» continuò con tono eccessivamente carico di drammaticità, lo sguardo da cane bastonato che passava in rassegna tutti i membri della corte.
«L'avremmo fatto, se aveste detto la verità» esordì un uomo della giuria, alzandosi in piedi: aveva un volto sereno, e la sua voce era calda e rassicurante. Non era un'accusa, la sua, né una critica, ma la semplice constatazione di chi cominciava a cambiare idea sulla colpevolezza di quel ragazzo all'apparenza tanto innocuo.
«Come avete creduto a Sirius Black, o a Stan Picchetto?» intervenne Hermione, la voce carica di un'ironia che fece arricciare all'uomo le labbra sottili: tornò a sedersi, e tacque. «E' un Malfoy» proseguì lei, appena rincuorata da quella flebile speranza che le sembrava di aver inteso. «Ha un orgoglio talmente spropositato che non basterebbe a riempire tutta Hogwarts» sentenziò sarcastica. Narcissa Malfoy tossicchiò, imbarazzata e adirata al tempo stesso, eppure ad Hermione sembrò di vedere un lievissimo sorriso incresparle le labbra. Lo stesso che la Signorina Marchbanks esibì, ma in modo molto più evidente.
«Signor Malfoy, può raccontarci come sono andate le cose? Per filo e per segno» disse quest'ultima, cortese, incoraggiandolo con lo sguardo e con quel sorriso gentile e accondiscendente che fece precipitare Scrimgeour in uno stato di evidente livore.
«Era da un po' che li tenevo d'occhio» Cominciò a raccontare Malfoy, e la sua voce era ferma e sicura, nonostante Hermione sapesse benissimo che stava mentendo. «Sono rimasto nascosto in attesa di quel momento per mesi, intrattenendo contatti con loro, e facendo il doppio gioco proprio in previsione di quella notte. Quando ho scoperto che avrebbero attaccato a Godric's Hollow, mi sono offerto di andare con loro. Ma al momento opportuno, li ho assaliti. Erano sorpresi, quindi ho avuto il tempo di Schiantarne qualcuno e scappare. Poi ho incontrato lei. Stava per attaccarmi, ma le ho detto che volevo solo aiutarla, e che in due avremmo avuto più speranze. Mi ha creduto, e ci siamo coalizzati per combatterli» Il tono quasi infervorato, e la leggera paura che traspariva dal volto pallido e scarno, resero il racconto ancora più credibile: sotto lo sguardo attento dei membri del Wizengamot, Draco si esibì in un teatrino che risultava molto convincente, a giudicare dai cenni di assenso della corte, e in particolare della Signorina Marchbanks, che sembrava rapita dalla storia, nonostante le occhiatacce torve che le lanciava il Ministro. «Alla fine sono riuscito a Schiantare e legare Greyback e Tiger, e poi anche Doholov, ma solo dopo che le ha lanciato la Maledizione... quando sono arrivati Potter e Weasley lei era quasi in fin di vita, hanno pensato che fosse colpa mia. Così mi sono Smaterializzato» spiegò in una rapida digressione che parve deludere Griselda, la quale arricciò le labbra, ma continuò a fissare con sguardo adorante l'imputato.
«Per portarmi al San Mungo» intervenne Hermione, non appena Malfoy ebbe finito di parlare. «Ma ha saltato la parte in cui mi ha salvata da un Anatema e da una Cruciatus» aggiunse con enfasi e tono contrito, in un teatrino a dir poco strappalacrime. Malfoy storse il naso, probabilmente ritenendo che stava esagerando.
«Un vero eroe» squittì affascinata Griselda Marchbanks. Scrimgeour aveva ascoltato con le braccia conserte, e a quell'affermazione, seguita da cori di assenso da parte dei membri della corte, esplose di nuovo.
«Ciò non toglie che durante la Guerra ha combattuto contro di noi. Dalla parte sbagliata» sentenziò furioso il Ministro, che vedeva sempre più lontana la possibilità di un'incarcerazione.
«Non ha avuto scelta» replicò con decisione Hermione, lo sguardo di sfida ostinatamente puntato su quell'uomo, che sembrava deciso a condannarlo a tutti i costi.
«Non ho avuto scelta» mormorò nello stesso istante Draco, abbassando il capo e passandosi la mano sinistra, libera dalle catene, tra i capelli. Solo allora si guardarono, con una sorpresa che svaporò ben presto in qualcos'altro nel momento in cui i loro occhi si incrociarono, con un'intensità che fece girare la testa ad Hermione. La ragazza barcollò sul posto, e Draco, senza sapere ben perché, cercò di scattare in piedi per sorreggerla, ma la catena che gli bloccava il polso glielo impedì. Per fortuna, lei si riprese subito, e non notò nulla di quel gesto. Ma Narcissa Malfoy lo vide eccome; e lanciò al figlio una silente occhiata d'accusa per quell'atteggiamento assolutamente inadatto a un Purosangue, a un Malfoy. E anche Griselda Marchbanks non mancò di accorgersi di quell'evidente apprensione, e questo non fece che aumentare la sua stima per Draco, di cui sembrava ogni istante più innamorata.
«Oh, insomma Ministro, questo ragazzo è solo una vittima. È chiaro some il sole» trillò sorridente, ma in tono serio e deciso. «Ha un'anima buona, lo si vede subito. Guardi come si comporta, ora. E non ha sentito il suo racconto? Si è comportato da eroe. È stato capace di cambiare opinione nonostante le influenze negative della sua famiglia» lanciò un'occhiata nervosa a Narcissa «-di suo padre, volevo dire, suo padre, che era un Mangiamorte e che ha sicuramente scelto per il figlio la stessa sorte, senza che lui potesse fare niente per ribellarsi. Che scelta aveva?» il suo tono era a dir poco appassionato. Quando finì di parlare, ci fu un coro di assensi generale che alleggerì incredibilmente l'umore di Hermione. Poi, senza aspettare che il Ministro replicasse, e prendendo l'iniziativa in modo tanto inaspettato quanto gradito, decise di mettere fine a quello che lei, evidentemente, riteneva un processo assolutamente ingiusto.
«Chi vota a favore del ragazzo?» cinguettò allegra, e subito la sua mano scattò in alto, seguita da moltissime altre. Tutte, in realtà. Persino Percy Weasley la alzò, lentamente, con esitazione, per poi abbassarla un istante dopo, lo sguardo basso e un dignitoso contegno a stemperare il sorriso soddisfatto che gli campeggiava ora sul volto. Scrimgeour, l'unico a non aver alzato la sua, lanciò un'occhiata torva sia allo scrivano, sia a Griselda, ma, suo malgrado, fu costretto a dichiarare, con un sibilo appena sussurrato tra due labbra troppo strette: «L'imputato è assolto da ogni accusa. La seduta è tolta». Si alzò con uno scatto furente, ma prima che potesse fare anche solo un passo, la Signorina Marchbanks parlò di nuovo.
«Oh, Signor Ministro» pigolò ancora una volta la donna, il tono soddisfatto. «Non pensa che sarebbe anche il caso... la Signorina Granger...?» considerò, e fece un cenno in direzione di Hermione. Altri cori di assenso seguirono quella proposta. Scrimgeour arrossì violentemente, ma cercò di contenere la collera, e con tono soffocato annunciò: «Anche la Signorina Granger è assolta da ogni accusa». Non c'era un minimo di rassegnazione nella sua voce; semmai rabbia, e indignazione, e nel suo sguardo la promessa che non sarebbe finita così facilmente.
Eppure, nonostante tutto, Hermione si sentì improvvisamente leggera, come se un enorme peso le fosse stato sollevato dallo stomaco. Era incredula lei stessa, incapace di comprendere come avesse fatto a salvare non solo Malfoy, ma anche se stessa, dalle accuse nei loro confronti.
Un tintinnio robusto annunciò che anche la catena che imprigionava il polso destro di Draco era stata sciolta, e lui era finalmente libero: non solo da quell'ultimo vincolo, ma anche e soprattutto da un passato troppo scomodo, da un nome troppo ingannevole, da uno stato di sangue troppo inutile. Libero dai suoi errori, dai crimini, dai peccati, dalle colpe; libero di vivere una vita secondo scelte che solo lui avrebbe preso. Libero, semplicemente. Il ragazzo fece per avvicinarsi ad Hermione, ma prima di potersi anche solo alzare fu avvolto da due braccia calde e affettuose, che lo cinsero in un abbraccio soffice al profumo di mandorle amare. Draco accolse quell'abbraccio, ricambiandolo con blanda intensità, come se avesse fretta di adempiere ai suoi doveri di figlio per poi soddisfare i suoi – quelli di un uomo. Ma Narcissa non sembrava intenzionata a lasciarlo andare, forse per evitare scomode verità e attutire e schiacciare sentimenti assolutamente sbagliati, che, in un modo o nell'altro, in fondo provava anche lei. La donna si ritrovò a ringraziare tacitamente quella Mezzosangue a cui, in un modo o nell'altro, doveva la vita di suo figlio. Mentre la folla, lentamente, scemava, migrando fuori dall'aula e lasciando quel momento di intimità a madre e figlio, la guardò, e in quell'unico scambio di occhiate fiere e femminili ci furono molte più parole di quante avrebbero potuto essercene in un intero discorso di ringraziamenti. Narcissa Malfoy non lo avrebbe mai ammesso, ma provava per Hermione Granger una gratitudine ben maggiore di quanto fosse lecito al suo nome e al suo sangue.

IL FANTE DI PICCHE E LA DAMA DI CUORIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora