«No, non adesso...» Hermione cercò di divincolarsi dalla presa salda di Draco, ma lui le imprigionò le labbra in un bacio prima che la sua ribellione verbale diventasse tanto efficiente da spegnere il suo desiderio. La ragazza ricambiò il bacio con ardente passione, ma dopo qualche minuto, quando le mancò il fiato, si staccò da lui e lo spinse via con dolcezza. «Tu sei pazzo» mormorò sulle sue labbra, scostandosi un ricciolo bruno dal viso.
Subito dopo la lezione di Pozioni, Draco, facendo attenzione che nessuno li vedesse, l'aveva trascinata in quell'aula che aveva visto consumarsi la passione di una notte, a causa di una pozione preparata con incredibile talento. Aveva subito cercato di spogliarla, ma Hermione, che anche questa volta non era annebbiata dai fumi della pozione, aveva cercato di farlo desistere da quell'idea folle.
«Potrebbe entrare qualcuno...» cercò di giustificarsi Hermione. Abbassò sul ventre scoperto il maglione che il giovane Serpeverde, sospirando, le aveva alzato nel tentativo di spogliarla. Era sconcertata, non solo per la sua insistenza ma anche per quel repentino cambiamento. Quand'è che aveva cominciato a desiderarla tanto da non poter aspettare nemmeno il sopraggiungere della sera?
«Sei noiosa, Granger» replicò Draco, baciandole il collo con fare suadente, nel vano tentativo di convincerla a concedersi. «Sai da quanto tempo non facciamo sesso?» domandò retorico, con una naturalezza che fece tendere Hermione come una freccia pronta a scoccare.
«Se è solo questo che ti importa, puoi anche andare a cercare il sesso da qualche altra parte» sbottò arrabbiata, scostandosi da lui con uno scatto e fissandolo con gli occhi accesi di collera e un segreto, labile dolore in fondo al cuore, che aveva cominciato a battere più forte. Lo fissò con sguardo bellicoso, il volto contratto da un'espressione di sfida e la voce tanto sibilante da risultare astiosa. Draco, con estrema tranquillità, fece un passo verso di lei, imprigionandola di nuovo in un abbraccio caldo e morbido. Avvicinò le sue labbra a quelle della ragazza, alla ricerca di un bacio che lei gli negò, voltando il viso così da offrirgli solo il profilo dritto e grazioso del piccolo naso.
«Potrei farlo, se continui a negarti così» disse. Eppure smentì le sue parole con i suoi gesti: la accarezzava con delicata gentilezza, in quel modo un po' timoroso e insicuro che era diventato caratteristico da quando aveva finalmente deciso di stare con lei – erano passati solo tre giorni, non poteva più permettersi quel tremore, non avrebbe mai dovuto mostrarsi così.
Hermione, però, non si lasciò incantare da quei modi così dolci e cortesi: aveva troppa paura che lui scappasse di nuovo, che si lasciasse dominare dall'orgoglio o dagli ideali che i suoi genitori gli avevano inculcato. Tra l'altro, si sentiva in obbligo a far funzionare quella storia, adesso che l'aveva detto a Ginny: sapeva che, nonostante le fosse rimasta accanto, l'amica non aveva accettato quella situazione, ed era a tutti i costi decisa a dimostrare a lei e al resto del mondo che si sbagliavano sul conto di Draco. Lei era riuscita a vedere l'uomo dietro la maschera, e la sua fragilità e umanità l'avevano colpita al punto da farla innamorare. Perché lui non poteva semplicemente svestirsi di quella arroganza, di quella superiorità, di quell'orgoglio, e mostrarsi per ciò che era? Avrebbe reso tutto più semplice.
Mentre quei pensieri le attraversavano la testa, non si rese conto che lui era riuscito ad impossessarsi delle sue labbra, e le stava tempestando di piccolissimi, brevi baci. Hermione non potè fare a meno di sciogliersi, e abbandonarsi tra le sua braccia. Solamente quando la mano del giovane, audace e impavida, si infilò sotto la stoffa del maglione per accarezzarle la pelle soffice e calda, lei si irrigidì e smise di ricambiare quello che era diventato un bacio appassionato, per respingerlo ancora una volta, anche se a malincuore. Draco sbuffò, e si allontanò di un passo da lei, fissandola con una smorfia infastidita sul volto pallido. Lei abbassò il capo, un po' imbarazzata, mentre si sistemava i vestiti: aveva in mente un sacco di cose da dirgli, risposte acide e ricche di rabbia a ciò che aveva detto prima il ragazzo, eppure quando parlò, sembrava solamente profondamente dispiaciuta.
«Facciamo tardi a lezione» mormorò, e senza guardarlo negli occhi, lo superò con un passo, dirigendosi verso la porta.
Draco la osservò a lungo, in attesa; sperava forse che lei cambiasse idea, ma quando quel sussurro le scivolò fuori dalle labbra morbide e arrossate, si convinse infine che non era quello il momento di averla. Con un po' di fastidio a contrargli il volto, la seguì con svogliatezza, emettendo un lungo sospiro. Mentre la affiancava, pensava a quanto avrebbe volute dirle. Hermione aveva ancora il volto contratto da una leggera, infastidita rabbia, una collera che la rendeva adorabile. In quel momento, Draco pensò che non sarebbe mai andato a cercare niente da nessun'altra parte: le bastava lei. Le bastava averla lì, accanto a sé. Per di più, quei giorni di lontananza dal suo corpo l'avevano reso famelico, e una forte lussuria lo spingeva verso la ragazza. Sentiva il profondo desiderio di domarla ancora una volta, come aveva fatto qualche notte addietro, e quell'ira sottile che le incrinava i lineamenti non faceva che accendere il suo fuoco.
Quel pensiero lo sconvolse al punto da costringerlo a irrigidirsi e diventare ancora più freddo nei confronti della ragazza: non poteva permettersi debolezze del genere. Lei era solo una Mezzosangue, solo il diversivo del momento; nient'altro. Un lieve sbuffo gli scivolò fuori dalle labbra, e gli fece guadagnare un'occhiata curiosa e perplessa da parte della ragazza. La precedette fuori dall'aula, dimostrando una mancanza di tatto e galanteria che strappò ad Hermione una smorfia infastidita, e a Draco un ghigno soddisfatto.
La Grifondoro affiancava il giovane Serpeverde lungo il corridoio, lanciandogli occhiate sospettose e indispettite. Stava per riversargli addosso tutto il risentimento e il nervosismo dovuto alle parole da lui pronunciate, quando il suo sguardo incrociò un paio di occhi verde smeraldo cerchiati da occhiali rotondi e sormontati da una cicatrice a forma di saetta.
«Harry!» boccheggiò Hermione, incredula, fissando l'amico con espressione sconcertata.
Harry Potter era fermo al centro del corridoio, e discuteva animatamente con il professor Lumacorno, che aveva sul volto un'espressione terrorizzata. Quando sentì pronunciare il suo nome, il ragazzo si voltò e sorrise in direzione dell'amica, prima di incrociare Malfoy e fissarlo con espressione bellicosa: nonostante tutto, i vecchi rancori erano ancora troppo vividi e aspri per poterli dimenticare.
«Che ci fai qui?» domandò Hermione, avvicinandosi a lui, un po' meno sorpresa, in fondo contenta di vedere, dopo tanto tempo, il suo migliore amico.
«Che ci fai con lui?» fu la risposta di Harry, che indicò con sospetto Draco, il quale sbuffò, per poi superare con un passo il Ragazzo Sopravvissuto e il professore, lasciando a Hermione l'onere della spiegazione.
«Non ero con lui» si affrettò a contestare la ragazza, senza rendersi conto che stava arrossendo. Con estrema prontezza, pur continuando a guardare l'amico negli occhi per non destare troppi sospetti, gli ripetè la domanda precedentemente posta, sperando che la sua enfasi fosse stata abbastanza convincente, e che Harry escludesse a priori un qualsiasi legame tra lei e Draco.
Il ragazzo parve quietarsi, anche se una lieve preoccupazione gli si dipinse sul volto. Con un cenno del capo, si congedò dal professor Lumacorno per poi avanzare verso di lei e stringerla in un abbraccio caloroso e nostalgico. Hermione non esitò a contraccambiare, serrandolo in una stretta che profumava di innocente affetto e profonda mancanza. Le sembrò strano scambiarsi quella dolcissima effusione in mezzo a un corridoio che li aveva visti, per anni, camminare fianco a fianco, discutendo dell'odioso comportamento di Piton o della perfetta riuscita delle pozioni della giovane strega; con una fitta al cuore, ricordò il vuoto di quei giorni di scuola appena trascorsi, l'inusuale quotidianità che era stata costretta a sopportare, senza la sua vicinanza e quella di Ron. Un vuoto, che pur se riempito dalla presenza di Draco, continuava a pungere e tamburellare come una fastidiosa presenza che le rammentava giornalmente la lontananza dei suoi migliori amici.
Quando quella stretta si sciolse, entrambi stavano sorridendo. Forse avevano avuto esattamente gli stessi pensieri, ed ora, con un lieve imbarazzo, si guardarono negli occhi, memori di quei ricordi velati e dolcissimi che attraversavano la loro mente. Harry, per fortuna di Hermione, sembrava totalmente dimentico del fatto che lei poco prima si trovava con Malfoy – probabilmente si fidava a tal punto dell'amica da credere alle sue parole, e riteneva totalmente improbabile una loro eventuale relazione, di qualsiasi tipo – e la ragazza non fece nulla per rammentargli quel particolare. Al contrario, rinnovò la sua domanda, non riuscendo a comprendere il motivo per cui il suo amico si trovasse ad Hogwarts. Completamente dimentica dei suoi doveri scolastici, rimase immobile, di fronte al giovane, in attesa della sua risposta.
A quella richiesta, il Ragazzo Sopravvissuto si rabbuiò. Abbassò il capo, il volto contratto da una preoccupazione seria e grave, poi lo rialzò, puntando lo sguardo smeraldino sull'amica.
«Ci sono problemi ad Hogsmeade» spiegò vago, senza smettere di trafiggerla con quello sguardo profondo. Hermione si irrigidì, e il sorriso le morì sulle labbra.
«Che genere di problemi?» si affrettò a domandare. Harry sospirò, e le fece cenno di cominciare a incamminarsi verso le scale che li avrebbero condotti al piano superiore. La ragazza lo seguì senza esitazione, pur continuando a fissarlo, attendendo con fibrillazione una risposta. Camminavano l'uno di fianco all'altra, in silenzio: lo sguardo del giovane era puntato dritto dinnanzi a sé, quello di Hermione era invece fisso sull'amico, con un'evidente nota di preoccupazione a contrarle i lineamenti delicati.
«I Mangiamorte hanno rapito un ragazzo» ammise alla fine Harry, a bassa voce. I suoi occhi si spostarono sul viso dell'amica, e su quello si fermarono: la osservò a lungo, quasi volesse testare la sua reazione. Hermione aveva spalancato la bocca, incredula, e si era bloccata, incapace di proseguire oltre: i gradini le sembrarono improvvisamente ostacoli insormontabili.
«Chi?» boccheggiò, fissando il ragazzo, come inebetita dalla notizia. Harry fece spallucce, e salì qualche altro gradino, poi si fermò, aspettando che lei facesse lo stesso.
«Si chiama Basil Thompson. Pare che suo padre si fosse unito ai Mangiamorte anni fa, durante la prima Guerra, ma dopo la caduta di Voldemort ha negato ogni legame con loro» spiegò mentre l'amica lo raggiungeva, con tono serio e professionale. «L'obiettivo dei Mangiamorte era quello di convincere il Signor Thompson a militare tra le loro fila ancora una volta. Stanno cercando complici dappertutto, sono troppo deboli per contrastarci o combattere in modo efficace. Solo che lui è morto da parecchi anni. Kingsley crede che abbiano rapito suo figlio per convincere lui a unirsi a loro, magari pensano che con i parenti di chi è già passato al lato oscuro sia più facile. Solo che probabailmente non ci sono riusciti con le lusinghe, e sono passati alla minaccia» Il tono di Harry si fece più lugubre e tetro ad ogni parola, fino a quando non divenne più che un sussurro.
«Pensi che possano attaccare Hogwarts?» domandò Hermione preoccupata, senza smettere nemmeno per un attimo di fissare l'amico. Il ragazzo annuì brevemente.
«È una possibilità che non possiamo escludere» spiegò, facendo sfoggio ancora una volta di quel tono serio e competente che tanto contrastava con la dolcezza del suo viso. «Per quanto protetta, Hogwarts si è dimostrata più volte vulnerabile. Non sarebbe difficile per loro entrare, e non avrebbero pietà per nessuno. Uccidere qualche studente sarebbe un ottimo modo per mettere in luce le pecche del Ministero, e per riaffermare il loro potere» continuò, senza guardare nemmeno per un attimo la giovane strega. Hermione sospettava che quelle non fossero parole di Harry: magari le aveva sentite pronunciare da Kingsley, o, se erano sue, probabilmente si era preparato il discorso per risultare il più professionale possibile. Nonostante la situazione, la giovane strega non potè fare a meno di sorridere a quel pensiero. Cercando di dominarsi, riprese la parola: non riusciva a tranquillizzarsi, ora che era venuta a conoscenza della gravità della notizia.
«Cos'ha detto la Mc Granitt?» domandò rapidamente, percorrendo insieme all'amico i gradini che portavano al primo piano.
«Di avvertire tutti i professori, ma di non diffondere la notizia tra gli studenti per evitare inutili attacchi di panico. Tanto è inutile, sono certo che la notizia sarà presto sulla Gazzetta del Profeta» sbuffò il ragazzo, contrariato a quell'idea: ora che faceva parte del Ministero, un Ministero della Magia molto più preparato e competente di quello che aveva conosciuto da ragazzo, gli premeva l'opinione pubblica della gente. Forse era l'affetto nei confronti di Kingsley Shacklebolt, ora Ministro della Magia e contemporaneamente Capo del Dipartimento Auror – in mancanza di qualcuno di più degno. «Comunque Kingsley ha mandato qualche Auror per proteggere la zona. Ron è andato ad avvertire la Sprite e Hagrid...» Harry fu interrotto dal sussulto di Hermione, che trasalì a quel nome. Con uno scatto, voltò il capo verso l'amico, sbattendo le palpebre con perplessità.
«Ron è qui?» domandò, e il Ragazzo Sopravvissuto non potè fare a meno di notare che la sua voce sembrava nascondere una nota di panico. Le lanciò un'occhiata a metà tra il curioso e il dispiaciuto, ed annuì, lasciando che un sorriso gli arcuasse le labbra sottili.
Hermione si sentì improvvisamente nervosa. Non era sicura del motivo per cui, improvvisamente, un'ansia tetra e inusuale l'avesse assalita; era sicura, però, che il motivo non fossero né i rapimenti, né, tantomeno, i Mangiamorte. La notizia che Ronald Weasley condividesse con lei lo stesso tetto l'aveva improvvisamente messa in allarme. Era strano provare quella sensazione, perché, in fondo, avevano vissuto insieme a lungo dopo la loro rottura. Ma ora, dopo tanto tempo, sentiva che l'imbarazzo che avrebbero provato non sarebbe stato cancellato nemmeno dall'antica amicizia precedentemente condivisa. Temeva un loro possibile incontro, senza sapere perché. Non poteva ammettere con se stessa che il senso di colpa che le attanagliava le viscere avesse come unico colpevole un nome: Draco Malfoy. Era, in fondo, il motivo per cui Hermione l'aveva lasciato; non l'unico, forse, ma una ragione che aveva certamente contribuito.
La giovane strega tacque a lungo, ed Harry interpretò quel silenzio come solo il suo ingenuo migliore amico avrebbe potuto interpretarlo, nella vana speranza che accendeva il suo cuore coraggioso: la volontà della ragazza di vedere Ron per chiarire la situazione e tornare insieme. Non poteva sapere quanto si stesse sbagliando.
![](https://img.wattpad.com/cover/99318257-288-k676754.jpg)
STAI LEGGENDO
IL FANTE DI PICCHE E LA DAMA DI CUORI
FanfictionQuesta è una storia scritta da Eloise_Hawkins. E' una ff che ho trovato su Efp fanfiction e volevo trascriverla qui. Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=806487&i=1 Le testate dei giornali erano dedicate a Harry Potter, ancora una volta...