Passò il tempo, scandito da secondi eterni e minuti interminabili, gli uni uguali agli altri. Il ripassare periodico dei giorni, tutti identici tra loro, dava a qualsiasi trascorrere una fissità poetica di fronte alla quale l'accadere del mondo perdeva ogni incanto. Hermione imparò a misurare il peso delle ore e la consistenza dei giorni, e ad usare lo studio come un'arma. Rinchiudersi in biblioteca divenne la medicina a tutti i mali, l'antidoto ad ogni pensiero o dolore che le attraversasse il cervello e il cuore. Aveva cominciato ad agire in un modo esatto e preciso, perché la sicurezza della quotidianità le desse la certezza di non perdersi nel mare di dolore in cui di tanto in tanto, nonostante tutto, sembrava affogare. Ogni mattina, si svegliava e lavava via con una doccia fredda gli incubi della notta – o forse erano sogni, dolcissimi e inarrivabili. Seguiva le lezioni con un'attenzione inusuale persino per lei, e qualche volta, mentre prendeva appunti, la penna d'oca grattava così forte, nel foglio, da bucarlo, lasciando sospese a vagare nell'aria quelle cinque lettere che non avrebbe mai avuto il coraggio di pronunciare ad alta voce. Poi si ritirava in Biblioteca, e non ne usciva fino a quando la notte non scendeva ad avvolgere le mura della scuola; continuava anche nonostante le minacce di Madama Pince, che alle sette in punto aveva l'abitudine di chiudere a chiave i suoi libri, per lasciarli riposare. Hermione glielo impediva, e continuava fino a quando i suoi impegni di Caposcuola non la stanavano dal suo nascondiglio. Le ronde erano la parte più difficile della giornata: vederlo, anche se solo per un attimo, la distruggeva. Non era solo l'amore che provava per lui – perché ormai era certa di essersi perdutamente innamorata di quel bastardo di Draco Malfoy – ma soprattutto l'orgoglio ferito, che ruggiva pur di non venire distrutto. Lui l'aveva vista così fragile e sofferente, senza nessuna difesa se non quei forti sentimenti che era infine stata costretta a confessare.
Non erano più capitati insieme: Anthony aveva avuto il buonsenso e la gentilezza di caricarsi dell'onere di far coppia con Malfoy. Hermione non era sicura del motivo per cui l'avesse fatto, anche se in un certo qual modo le sembrava improbabile che non avesse intuito qualcosa: il modo in cui si evitavano e si ignoravano, unito all'attenzione con cui fuggivano l'uno lo sguardo dell'altro, era il sintomo di un qualcosa che ben presto tutti avrebbero potuto comprendere. E ancora non le importava.
Hermione aveva perso il senso dei giorni. Le ore trascorrevano inquiete, risucchiate dal vortice dello studio, e i minuti si prolungavano come infinite note di una melodia che lei non voleva ascoltare. Aveva smesso persino di frequentare la Sala Grande dopo aver capito che, durante i pasti, non riusciva a staccare gli occhi da lui, osservando ogni piccolo gesto di quel corpo così perfetto: il suo modo di portare alle labbra il bicchiere diventava un richiamo sensuale, e il metodo con cui, religiosamente, tagliava in piccoli pezzi la carne era una provocazione che lei non voleva cogliere. All'inizio aveva optato per la soluzione più logica, per non morire di fame: si recava nelle cucine, e chiedeva agli elfi domestici di darle qualcosa, qualsiasi cosa. Ma questo le riportava alla mente la piccola Flika, e la creaturina, a sua volta, le ricordava inevitabilmente il mese passato alla Rocca, e quindi lui. Così, alla fine, aveva optato per il digiuno.
Ginny la guardava con preoccupazione, ma taceva; a parlare, d'altronde, ci pensava Calì, che sembrava appigliarsi a quella nuova amicizia con la disperazione delle parole, e non mancava di far notare ad Hermione quanto fosse dimagrita negli ultimi giorni, e quanto stesse diventando noiosa ed esagerata nello studio. Lei rispondeva sempre che quello era l'anno dei M.A.G.O., e che il carico di compiti era così pesante che lei non riusciva proprio a trovare il tempo di mangiare. In realtà era lei che non voleva trovare il tempo di far niente, soprattutto quello di pensare, perché le sue riflessioni riportavano sempre a quel chiodo fisso che lui era diventato.***
Draco non poteva fare a meno di odiarla. Odiava il modo in cui lo ignorava, innanzitutto. Odiava non vederla a colazione, a pranzo e a cena, e odiava ancora di più quando, durante le lezioni che condividevano, lei non gli rivolgeva nemmeno uno sguardo, assorta com'era a seguire le lezioni e prendere appunti. Era così maledettamente brava a far finta che lui non esistesse, che si domandò per quale motivo lui non riuscisse a fare lo stesso. Forse perché le sue parole gli avevano toccato il cuore più di quanto fosse disposto ad ammettere persino a se stesso.
E odiava la sua ostinazione nel mostrare quella forza, di una fragilità disarmante. Odiava il modo in cui era capace di vestirsi di un sorriso finto e indifferente quando lui sapeva che dentro stava morendo – l'aveva visto, dentro i suoi occhi, quella notte, il dolore.
E odiava dover far finta di nulla. Nascondersi. Quella era una cosa che il suo orgoglio non gli permetteva. Una contraddizione, perché con lei non sarebbe mai potuto uscire allo scoperto – era una Mezzosangue, era Hermione Granger, era lei – eppure non sopportava l'idea di essere stato, per lei, solo un uomo con cui condividere un paio di notti, e di cui lei non avrebbe mai potuto né voluto parlare. Era quella l'idea che più lo disturbava: essere incosistente.
Durante quei giorni di nulla, Draco non faceva altro che pensare: se ne stava ore e ore solo con se stesso, magari volando in piccoli e veloci cerchi sul campo da Quidditch, quando questo non era occupato per qualche allenamento. Lo rilassava. Nonostante fosse più che mai sicuro della sua decisione di lasciare la squadra – troppa ostilità persino da parte dei suoi compagni di squadra – continuava a frequentare assiduamente quel luogo, soprattutto in quei giorni.
I suoi voti calarono considirevolemente, ma l'unica che sembrava preoccuparsi di questo punto era Narcissa Malfoy, che incredibilmente informata sul suo rendimento scolastico, non faceva altro che mandargli lettere minatorie e severe – una Strillettera non sarebbe assolutamente stata nel suo stile, roba da zoticoni come i Weasley.
Ma Draco era troppo occupato a sentirsi intossicato dalla presente assenza di Hermione, per dar retta alle richieste materne. Lei era veleno e antidoto, e lo era in modo dolce ed enigmatico.
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IL FANTE DI PICCHE E LA DAMA DI CUORI
FanfictionQuesta è una storia scritta da Eloise_Hawkins. E' una ff che ho trovato su Efp fanfiction e volevo trascriverla qui. Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=806487&i=1 Le testate dei giornali erano dedicate a Harry Potter, ancora una volta...