18. La pizza peggiore della mia vita

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Casa sua era gigantesca ed era in assoluto la casa più moderna dove io avessi messo piede.
Aveva questo attico gigantesco sviluppato su due piani con una terrazza enorme.
Ogni mobile, ogni parete, ogni singola cosa era un pezzo di design.

Ero rimasta a bocca aperta appena avevamo varcato la soglia e non avevo potuto fare a meno di spettegolare con le mie amiche.
"Che cazzo di casa!"
Avevo sussurrato per non farmi sentire dagli altri.
Duna e Aisha si erano messe a ridere.
"Come fa a mantenerla? È pazzesca?"
Duna alzò le dita e mimò il gesto dei soldi.
"Suo padre sta molto bene economicamente e anche la madre quando era in vita."
Mi sentii in colpa per star spettegolando sugli agi economici di qualcuno ma non riuscivo a farne a meno.
Avevo vissuto in una miriade di case diverse, alcune molto belle ma nessuna come quella.
"Inoltre Finn entrerà in nazionale fra un anno, quindi viene pagato per giocare ad hockey e un sacco di spese sono a carico della squadra."
Spalancai la bocca a quella rivelazione.
Eyvar aveva detto qualcosa a riguardo ma non avevo idea che fosse confermato.
"Anche Gils entrerà in nazionale?"
Chiesi e Duna alzò le spalle.
"Non ha potuto fare il reclutamento quest'anno perché sarebbe risultato positivo al doping. L'anno prossimo ci proverà anche lui e speriamo che gli vada bene. È sempre stato molto bravo a giocare."
Mi zittii quando Murat ci passò di fianco e ci invitò ad andare in salotto con gli altri.
C'erano tutti i componenti della squadra, e Sergj stava ordinando le pizze al telefono.
"Come la vuoi?" Chiese puntandomi in dito."
Risposi e i miei occhi caddero su Marco.
"Che è successo ad Eyvar?"
Gli chiesi.
Il ragazzo si finse sorpreso della mia domanda.
"Perché?"
"Perché ha detto che sarebbe venuto in macchina con te e poi mi ha scritto che tornava a casa?"
Marco alzò di nuovo le spalle.
"Non è possibile Ina, Marco non aveva la macchina. Eravamo tutti con la mia tranne voi che siete arrivate con Duna. Tuo fratello non ha voluto venire."
Si intromise Sergj facendomi spalancare la bocca.
Quella storia mi puzzava da morire e quel ragazzo non mi piaceva affatto. Eyvar non rinunciava mai ad una festa, nemmeno in punto di morte.
Lo guardai male poi estrassi il cellulare e mi allontanai per telefonare.

"Che ti prende?"
Chiesi subito quando rispose al decimo squillo.
"Mi è venuto mal di pancia."
"Cazzate Eyvar. Che ti prende?"
Lo sentii sbuffare.
"Lasciami in pace Ina. Fatti la tua vita e lascia che io mi faccia la mia."
Mi appese il telefono in faccia mandandomi in frustrazione totale.
"Merda.."
Restai immobile per alcuni minuti con il cervello in pappa completamente sommerso dai pensieri. Ero preoccupata e non riuscivo a calmarmi.
Quando mi voltai mi ritrovai Finn alle mie spalle.
"Scusa. Non stavo girovagando per la tua casa. Volevo solo sapere cosa stesse capitando ad Eyvar."
Finn sorrise. Fece qualche passo verso di me e io trattenni il fiato ma poi mi superò e andò a ad aprire un cassetto per estrarre una cassa di birra.
"Birra?"
Scossi la testa.
"Vino?"
Feci un grande sorriso al quale rispose e andò dall'altra parte della cucina per prendere una bottiglia di rosso.
"Prendi l'apri bottiglie? È nel cassetto in alto."
Mi chiese mentre trafficava con la chiusura.
Aprii lo sportello che mi aveva indicato e mi alzai in punta di piedi per prendere ciò che mi aveva chiesto rendendomi conto che non ci arrivavo.
In un secondo mi ritrovai Finn alle spalle, il suo corpo schiacciato contro il mio e la sua mano sul mio fianco mentre lentamente, allungava l'altra mano per prende il cavatappi.
Mi si mozzò il respiro in gola a quel contatto e le gambe si fecero molli.
Mi voltai di scatto trovandolo di fronte a me e i nostri occhi si incrociarono.
Mi sorrise, come faceva sempre mentre io probabilmente lo fissavo come un'ebete.
"Preso."
Mi mostrò l'aggeggio e quasi svenni mentre lui si allontanò per aprire la bottiglia e passarmi il bicchiere colmo di rosso.

"Stai bene?"
Distolsi lo sguardo di scatto cercando di ricompormi.
"Sono preoccupata per quel disastro di mio fratello."
Confidai grattandomi la testa.
"Che succede?"
Aprii la bocca per parlare e poi la richiusi. Non volevo raccontare i fatti suoi ad altri e inoltre Finn era in squadra con Marco. Non mi volevo sbilanciare.
"Non è stata sempre facile l'omosessualità. Eyvar è gay da sempre e lo ha praticamente sempre saputo, però nonostante le cose stiano cambiando, non ovunque nel mondo c'è spazio per persone come lui e gli omofobi sono ancora fottutamente presenti."
Sentii la lacrime pungermi gli occhi a quelle parole quindi mi voltai per non darlo a vedere.
Era un argomento che mi portava molta sofferenza.
Finn si avvicinò e mi mise le mani sulle spalle appoggiando la testa sulla mia in una sorta di abbraccio.
Poco dopo, mi posò un bacio tra i capelli e di nuovo sentii quella sensazione di vertigine.
Sembrava tutto così intimo con lui ma lo faceva apparire come cosa più normale del mondo.
"Non mi sono mai trovato in situazioni del genere ma sono sicuro che può essere complicato."
Sorrisi cercando di rilassarmi.
Quando allontanò il suo corpo dal mio trattenni il respiro delusa. Avrei voluto continuare a sentire quell'energia che il contatto con lui sprigionava.
"È che sono iper protettiva e so di sbagliare. Dovrei fidarmi di lui e lasciarlo vivere in pace, eppure non posso fare a meno di preoccuparmi. Eyvar è più fragile di quanto di mostri."
Sbuffai.
"Sbaglio?"
Gli chiedi voltandomi per guardarlo.
Finn sorrise.
"È bello sapere che qualcuno al mondo si preoccupa per noi. Sono sicuro che tuo fratello lo apprezza. Devi lasciarlo provare però. Ha il diritto di muoversi con le sue gambe."
Riflettei per qualche istante alle sue parole.
"Scusa, forse sono stato invadente."
Scossi la testa.
"Ti ho chiesto io cosa ne pensavi. Grazie per la tua onestà."
Mi sentii leggermente turbata per la sua franchezza anche se sapevo che aveva ragione.
Dovevo smetterla di fare da muro per proteggere Eyvar da ogni colpo. Dovevo lasciarlo provare. Dovevo lasciarlo anche soffrire.
Se solo lui non fosse stato così ingenuo..
Il suono del campanello mi riportò alla realtà.
"Sono arrivate le pizze!"
Urlò Gils per farci tornare in salotto.
Finn non mosse un solo passo ma continuò a stare immobile accanto a me.
"La diversità risulta difficile. Spesso la società ci vuole omologati, uno uguale all'altro perché così siamo più controllabili, più prevedibili. Però ora le persone iniziano a prendersi il loro spazio e Eyvar è uno di quei rivoluzionari che sta contribuendo a cambiare il mondo. Devi esserne fiera."
"Credo che dovremmo andare."
Risposi dopo aver preso un respiro profondo.
Solo allora si fece da parte e prese la bottiglia di vino guardandosi alle spalle mentre per controllare che lo stessi seguendo.

In salotto i ragazzi stavano già mangiando come porcelli seduti a terra sul tappeto, intorno al tavolino, mentre Duna mi lanciava sguardi indagatori per nulla discreti e sghignazzava continuamente.
Diedi il primo morso alla fetta di pizza e feci una smorfia.
In Islanda la pizza era strana, per nulla come quella italiana.
A Siviglia c'erano diverse pizzerie italiane dove mangiavamo pizze pazzesche.
Mi mancavano tantissimo.
"Fammi provare la tua."
Disse all'improvviso Finn addentando la pizza che avevo in mano.
Masticò il boccone e poi fece un verso felice.
"È buona!"
Mi passò la sua ma io scossi la testa troppo sconcertata da ciò che stava accadendo.
Aisha di fianco a me, fece un gesto fulmineo per chiudere la mascella di Duna che stava praticamente toccando per terra.
Anche Havrest sembrò stupito dal suo gesto ma sorrise quando incrociò i miei occhi.
"Facciamo una foto da mettere su Instagram?"
Chiese allora Murat estraendo il cellulare e voltandolo per fare un selfie.
Tutti tirammo fuori il miglior sorriso che avevamo e un attimo dopo la foto era postata.

"Avete visto il tok tok dell'allenamento?"
Chiese Gils guardando verso Duna che entusiasta si lanciò in un resoconto di quanto fosse stato figo e di quante mosse simili avessero fatto durante la partita.
"Che sport si pratica in Spagna?"
Mi chiese allora Sergj.
"A Siviglia è ancora legale la corrida e viene considerata uno sport piuttosto che un'atroce barbaria."
Un coro di assenso si levò nella stanza.
"Altrimenti fanno un poco di tutto. Calcio, tennis, nuoto.. Non ho mai conosciuto nessuno che gioca ad Hockey."
"Quindi era la tua prima partita?"
Mi chiese Gils.
Mi voltai a guardare Finn.
Gli avevo detto che avevo visto partite migliori ma avevo mentito.
"Sì."
"Sei partita col botto! Io e Finn entriamo in nazionale l'anno prossimo."
Confidò Murat con un sorriso.
"E contiamo di portarci tutta la squadra."
Proseguì Finn guardando intensamente verso Gils.
"Accidenti, complimenti. Sembra un ottimo traguardo! Quindi smetterete l'università o come funziona?"
"Ci permettono di finire l'ultimo anno online in maniera da diventare medici assistenti ma poi il nostro lavoro sarà fare i giocatori."
Proseguì a spiegarmi Murat.
Mi voltai a guardare Finn e un moto di nostalgia mi invase il petto.
Quello sarebbe stato l'unico anno di università insieme.
Finn mi scrutò con aria interrogativa e poi mi spostò una ciocca di capelli.
Aveva iniziato a toccarmi con abitudine e senza farsi remore di alcun tipo.
Era molto strano per me ma mi rendevo conto dell'evoluzione che stava avendo il nostro rapporto in così poco tempo.
Stava cambiando tutto quanto e dall'essere costantemente arrabbiata e giudicante nei suoi confronti, cominciavo ad essere a mio agio quando lui era con me più di quanto lo fossi senza.

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