Cap. 4

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Marinette non si mosse.

Le sembrava di essere tornata in quel vicolo dov'era stata aggredita.

Ora, davanti a lei c'era Chat Noir e aver letto tutti quei giornali appena prima di incontrarlo non aveva giovato al suo coraggio, ma era proprio ciò che voleva: incontrarlo.

La ragazza, lentamente, chiuse la botola che conduceva nella sua stanza, girandosi verso il giovane e sedendosi per cercare di fargli capire che sarebbe rimasta ferma –anche perché le tremavano le gambe–, siccome sembrava abbastanza nervoso.

Lo guardò senza dire nulla mentre se ne stava in piedi ad un paio di metri di distanza da lei, guardandola con curiosità ed un pizzico di paura.

Il silenzio regnava tra di loro, interrotto dal rumore delle macchine che passavano lungo la strada, ignari di quello che stava accadendo ad un paio di piani sopra le loro teste.

«Chat Noir...» sussurrò lei, vedendolo raddrizzare le orecchie di quello che sembrava essere un costume, rimanendone subito affascinata. «Sei in grado di muovere le orecchie?!»

Che domanda stupida, pensò lei subito dopo; non era nemmeno quello che voleva dire, ma vedendo ciò che era in grado di fare le sembrava più importante di ogni altra cosa.

Il biondo abbassò lo sguardo imbarazzato, annuendo leggermente con la testa.

Marinette lo guardò con occhi luminosi e la bocca aperta, assumendo un'espressione di pura meraviglia. «È fantastico!»

Fu la volta di Chat Noir guardarla con curiosità, pur non nascondendo il suo stupore.

La ragazza notò che aveva il volto ancora bagnato dall'acqua che gli aveva schizzato, per via delle gocce trasparenti che gocciolavano dalle bionde ciocche ribelli; voltando il torso verso sinistra, si ricordò di un telo mare che aveva portato sull'attico per quando prendeva il sole e, recuperdolo da sopra la sedia a sdraio, lo allungò al ragazzo.

«Mi dispiace di averti schizzato addosso l'acqua, ma credevo fossi un topo d'appartamento... mentre invece sei un gatto.» aggiunse, volendo sdrammatizzare un po' la situazione, per poi volersi menare mentalmente per la schifosa battuta che aveva appena fatto.

Sicuramente Chat la credeva una stupida, pensò lei con il braccio teso.

Per sua più grande sorpresa, il ragazzo sorrise divertito, per poi piegare le gambe e poggiare le mani a terra, avvicinandosi a lei come se fosse un micio curioso.

Almeno capiva ciò che diceva.

Chinando il capo in un ringraziamento silenzioso, prese il telo mare per asciugarsi il viso, mettendosi seduto a gambe incrociate, questa volta un po' più vicino a lei.

La corvina lo guardò incuriosita: era un ragazzo normale, eppure si comportava come un gatto.

Non sapendo che cosa dire, gli chiese la prima cosa che le venne in mente: «Hai fame? Mio papà prepara dei croissant buonissimi.»

Nell'udire la parola "croissant", le orecchie nere del biondo si raddrizzarono nuovamente e sollevò gli occhi dal telo, facendo sorridere la ragazza nel notare le sue pupille dilatate per la meraviglia.

«Quale gusto vuoi? Ci sono vuote, –scosse la testa.– alla gianduia, –scosse ancora la testa.– al cioccolato...» si interruppe, vedendolo annuire. «Perfetto. Aspettami qua, torno tra cinque minuti.»

Marinette aprì la botola e scivolò in camera sua, scendendo dal soppalco per andare verso l'apertura che collegava la sua stanza al resto dell'appartamento, fermandosi per una piccola pausa quando notò il cuore batterle all'impazzata.

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