Cap. 31

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Malgrado fosse costretto a restare in casa, una settimana passò abbastanza velocemente per Chat Noir.

Su sette giorni esatti Sabine andò a trovarlo per controllare la sua ferita tre volte, visibilmente sorpresa dei miglioramenti e della velocità della guarigione in quel piccolo arco di tempo: solitamente, con una ferita del genere, in casi meno gravi, la guarigione era prevista per minimo un mese, se non di più; eppure la spalla di Chat Noir era quasi totalmente sgonfia e la ferita stava iniziando a cicatrizzarsi.

La donna si tolse i guanti di lattice, che era solita indossare quando visitava un paziente, gettandoli nel bidone della spazzatura. «Sono piacevolmente stupita: la ferita sta guarendo bene e tra poco potrò levarti i punti; mentre la spalla sembra essere a posto, ma tieni il tutore ancora per un po'. So che non era rotta, ma vorrei evitare che ti si riapra la ferita o che i muscoli ed i tendini vengano sovraccaricati di lavoro. Tra due giorni ti leverò i punti e darò un'ultima controllata alla spalla e deciderò se potrai tornare a muovere il braccio, ma poco alla volta. Come ti ho già detto non voglio che sovraccarichi l'articolazione. Siamo intesi?» domandò la donna, applicando sulla zona dei punti un semplice cerotto, aiutandolo a sistemarsi la tuta ed a rimettergli il tutore, facendolo annuire.

Il felino si portò la mano sinistra all'altezza delle labbra, per poi portarla in avanti e con il palmo rivolto verso l'alto, nel segno del ringraziamento.

«Non ti preoccupare, lo faccio volentieri. Ti considero uno di famiglia ormai, anche se è meglio che mio marito non ti veda.» ridacchiò con una nota di nervosismo, chiudendo la borsa del primo soccorso e guardando la figlia mentre, sdraiata a pancia in giù sul materasso pulito, mentre chattava al cellulare con qualcuno. «Mari, io torno a casa. Non fare tardi stasera.» si raccomandò la donna, facendole alzare lo sguardo e facendola annuire.

La donna salutò i due ragazzi, lasciandoli da soli nella stanza.

Il biondo si sistemò accanto all'amica, aiutandosi con il sinistro a sistemarsi il meglio che poteva, stando attento a non fare movimenti bruschi poiché i punti potevano strapparsi; e aveva già rischiato quando, preso da un altro incubo, aveva tentato di colpire qualcuno, sfiorando con gli artigli Sabine, che era rimasta con la figlia a seguito di una visita.

Per fortuna non era successo nulla, ma era l'ultima volta che gli fu permesso di dormire senza tutore e far rilassare così i muscoli intorpiditi del braccio.

Al suo risveglio, però, si ricordava solo il volto preoccupato della donna, il dolore lancinante all'articolazione, che andava dalla spalla fino alle punta delle dita, e un senso di collera.

Non ricordava cos'aveva sognato, ma era da allora che aveva una brutta sensazione.

Chat Noir osservò Marinette mentre ridacchiava ad un messaggio della sua migliore amica, per poi digitare con le dita che si muovevano velocemente.

Si chiese se pensava prima di scrivere o se le parole le uscissero dalle dita quasi per magia: scriveva tanto veloce quanto parlava.

Invece lui, dato che non poteva parlare, ed ora nemmeno scrivere sul quaderno con la mano destra, era lentissimo.

Marinette offriva il suo cellulare ogni volta che doveva dirle qualcosa, aprendo le note e digitando lì; per fortuna i guanti permettevano al touch di funzionare, il problema erano gli artigli, leggermente troppo lunghi per scrivere correttamente, facendogli sbagliare un po' di parole e finendo per graffiare il vetro protettivo del cellulare.

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