Cap. 9

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Marinette non poté fare a meno di ripetersi che i colori del crepuscolo erano fantastici: ogni volta che saliva sull'attico restava ammaliata da quello spettacolo naturale, ed i raggi del sole avevano reso piacevolmente caldo il ferro della ringhiera sotto le sue braccia.

Sbadigliò, sentendosi stanca –poiché il pomeriggio non aveva avuto il tempo per dormire–

Appena tornata dalla biblioteca, circa alle sei e un quarto di sera, si abbandonò sul suo morbido divano, starnutendo e tirando su con il naso, immaginando che l'umidità di quel –magnifico ed immenso– posto fosse la causa del suo raffreddore.

Durante la sua "lezione" con Fu aveva soltanto imparato le basi, se così si potevano chiamare, scrivendole su un quaderno ad anelli, con l'intenzione di aggiungere fogli per quando avrebbe scritto altro.

Non sapeva se raccontare di Fu e ciò che aveva scoperto a Chat, data la reazione dell'ultima volta.

Suo padre si sedette accanto a lei, chiedendole com'era andata in biblioteca mentre le accarezzava amorevolmente la testa; sapeva che sua madre sarebbe dovuta rimanere in ospedale ancora: ogni volta che c'era una brutta notizia Tom le accarezzava la testa e le parlava con tono dolce e lento, non volendo farla rattristare troppo.

Stata un po' con il padre, i due cenarono insieme, parlando del più e del meno –tralasciando l'argomento Chat Noir e quello dell'essere allieva di un anziano cinese–

Fu una bella serata, dopotutto, ma la mancanza di Sabine era papabile.

Il fiume dei suoi pensieri fu interrotto da una mano guantata che sventolava davanti al suo volto e da un paio di occhi verdi.

Sbatté le palpebre per tornare alla realtà, notando Chat Noir seduto sulla ringhiera accanto a lei.

Marinette rise imbarazzata. «Scusa, non ti ho visto arrivare.»

Chat scosse la testa mettendosi accanto a lei ad osservare la cattedrale di Notre Dame.

Il suo sguardo verde vagava sui lineamenti del viso della corvina, notando immediatamente il suo stato d'animo, che dedusse essere sotto le scarpe.

Il felino le porse la mano, sorridendole dolcemente; la ragazza posò la propria su quella del biondo, stringendogliela leggermente.

«Non ti preoccupare, va tutto bene.» disse con sorriso triste, notando quanto la sua stretta, seppur gentile, fosse forte, come a volerle fare capire che lui era lì per lei.

Chat la sollecitò a parlare con lo sguardo, facendole cenno di allontanarsi dalla ringhiera non appena notò alcune persone camminare sul marciapiede: non voleva metterla in pericolo.

Marinette andò a sedersi contro il piano di legno che usava per poggiare i suoi vasi accanto alla botola, seguita dal felino.

«Scusa, mi sono anche dimenticata di darti il quaderno.» si scusò, allungando il braccio sopra la testa per recuperare l'oggetto sul mobile, porgendoglielo subito dopo. La ragazza recuperò anche un plaid rosso, poggiandolo sulle sue gambe. «Dovevo anche restituirti la coperta che mi hai prestato ieri, ma mio papà l'ha messa da qualche parte dopo averla lavata e devo cercarla... scusa... Intanto te ne ho portata un'altra.» disse inventandosi una scusa plausibile.

Il biondo la guardò incuriosito, scuotendo la testa ed alzando la mano per farle cenno di non preoccuparsi, per poi prendere la coperta che gli aveva offerto.

La prima cosa che lo colpì fu il buon profumo che emanava, sorridendo del fatto che odorava esattamente come la ragazza che aveva accanto.

Era un profumo dolce e delicato, che non stancava nemmeno se lo sentivi per ore di fila.

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