Cap. 29

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Non sapeva cosa stava succedendo, ma le strade di Parigi erano insolitamente vuote malgrado fosse mezzanotte appena passata: solitamente c'era un viavai di persone, tra turisti e civili, che ammiravano la capitale o passeggiavano tra le vie senza alcun pensiero, ma quella sera l'intera città sembrava essere deserta.

Adrien camminò, sentendo il rumore dei suoi passi sul cemento inumidito dalla pioggia, non sapendo cosa stesse cercando e dove stesse andando.

Ad un certo punto sentì l'urlo spaventato di una ragazza ed il suo istinto lo fece iniziare a correre in cerca della fonte, volendo aiutarla o, perlomeno, capire cosa stesse succedendo.

Svoltò in una viuzza sulla sua sinistra e ad un tratto gli sembrò di trovarsi in un vero e proprio labirinto, un dedalo di stradine che conducevano chissà dove.

E poi eccolo ancora, l'urlo terrorizzato che udì poco prima.

Gli sembrava famigliare quell'urlo, come se conoscesse alla ragazza che l'aveva lanciato, invogliandolo a correre più velocemente e fregandosene se incappava in un vicolo cieco, riprendendo subito la sua corsa.

Probabilmente non l'avrebbe trovata, eppure quelle grida gli fecero aumentare i battiti del cuore nel petto e gli diedero un senso di urgenza, come se il tempo che aveva a disposizione per trovarla stesse per scadere.

Corse il più velocemente possibile, ignorando i muscoli delle gambe che bruciavano per lo sforzo ed i polmoni che sembravano esplodergli nella cassa toracica mentre si avvicinava sempre di più alla fonte.

Destra, destra, sinistra ed ancora destra, poi eccola lì, l'ultima persona che sperava di trovare in quel posto: Marinette con le spalle al muro, mentre lo stesso uomo che gli aveva sparato la sera precedente le puntava una pistola, il ghigno stampato sul viso.

«Chat Noir!» urlava lei in preda al panico, facendo voltare il malvivente, che non smise di sorridere.
«Il micio ha fatto scappare la mia preda una volta, ma ora non intendo farmi sfuggire la mia opportunità.» l'uomo si voltò di nuovo verso la ragazza, alzando la pistola all'altezza della testa, non lasciandosi impietosire dalle lacrime della corvina.

Adrien era pietrificato, non sapendo cosa fare.

«Allora gattino, non vuoi fermarmi?» domandò l'uomo con aria di sfida. «Si vede che lei non è poi così importante per te.» aggiunse, caricando il colpo.

Il ragazzo aprì bocca per dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma non ci riuscì.

Marinette lo guardò spaventata, allungando la mano in cerca di un suo aiuto ed anche Adrien mosse un passo in avanti, terrorizzato quanto l'amica, ma appena portò avanti l'altro piede, il rumore di uno sparo ed il rosso del sangue furono le uniche cose che riuscì a percepire in quel momento.

Le aveva sparato. Quel maledetto bastardo aveva ucciso la sua amica.

La vide lì per terra, immobile e con gli occhi azzurri, ormai spenti e ancora pieni di lacrime, mentre lo fissavano.

Non era riuscito a salvarla. Non c'era riuscito perché la paura l'aveva bloccato.

Il nero avvolse il vicolo, facendo sparire ogni cosa che fino a poco tempo fa era attorno a lui.

Cadde in ginocchio, con gli occhi stranamente asciutti e, per la prima volta dopo tanto tempo, riuscì ad urlare.

«Marinette












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Chat Noir alzò il busto di scatto, ansimando e stendendo il braccio sinistro come a voler afferrare qualcosa o qualcuno.

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