Adrien aprì pigramente gli occhi, guardandosi attorno: era un una stanza azzurra, con un letto bianco e dalle coperte ben fatte ad un paio di metri di distanza dalla sua sinistra; sulla sua destra un armadio blu, con due chiavi attaccare ad ognuna delle due ante, ma in quel momento non riusciva a leggere bene i numeri scritti su una targhetta usata anche come portachiavi; un tavolo con un paio di sedie era posto contro il muro davanti a sé, mentre una televisione abbastanza vecchia ma –sperava– funzionante era appesa ad un sostegno di metallo sul muro a poco meno di un metro di altezza rispetto alla porta; sulla sua sinistra un comodino sul quel erano riposti un bicchiere di plastica ed una bottiglietta d'acqua.
Spostò la testa di lato quando la porta alla sua destra si aprì, rivelando il volto sorridente di Sabine.
«Ciao Adrien. Come ti senti?» domandò, fermandosi davanti alla testata del letto.
«Meglio...» sussurrò, per poi tossire.Aveva la gola estremamente secca e gli doleva parecchio.
«Non sforzarti troppo a parlare. Hai la gola parecchio irritata e deve guarire per bene.» si raccomandò la donna, facendolo annuire.
«Marinette?» sussurrò, ricordandosi che anche lei era andata in ambulanza con lui.
«Sta bene. Un po' stanca e sotto shock, ed il taglio che aveva non è molto profondo. È andata a casa trascinata da Tom circa mezz'ora fa a calmarsi e farsi una doccia. Presto potrai vederla.» aggiunse, sapendo già che stava per chiederglielo. «L'orario di visita inizia tra un'ora e sono più che sicura che Marinette sarà la prima ad entrare rispetto a tutti i parenti.» ridacchiò, per poi dirigersi verso la porta da cui era entrata. «Se tutto va bene già domani puoi essere dimesso.»
«Grazie, Sabine.» sorrise, vedendosi restituito il gesto.
«È il mio lavoro.»Non mancò molto che si ritrovò nuovamente solo in quella camera d'ospedale.
Si guardò nuovamente intorno e poi alzò le mani, fissando le dita affusolate, arrivando quasi a pensare che non fossero le sue, per poi sfiorarsi con la punta di esse le braccia piene di cicatrici di ferite che si era auto inflitto.
Si ricordava che di quelle ne aveva parlato con Marinette e che lei lo aveva capito: erano tagli fatti con gli artigli, mentre cercava in tutti i modi di volersi levare la tuta in momenti di poca lucidità, preso dal panico, quando arrivava a pensare che l'unico modo di liberarsi dalla maledizione fu di uccidersi.
Scosse violentemente la testa, rabbrividendo a quei pensieri: non poteva credere che era proprio lui a pensare a quelle cose, eppure si ricordava come se fosse solo ieri di quanto soffriva ogni volta che si vedeva allo specchio o vedeva la sua immagine di com'era prima di diventare la Belva Nera.
Era un incubo, un incubo dal quale voleva solo svegliarsi, e Marinette fu la sua luce.
Fu l'unica a fidarsi di lui ed a aiutarlo, passando del tempo con lei per tenergli compagnia e rendere le sue giornate sempre più luminose e piene di vita.
Sorrise, lasciando andare le braccia lungo i fianchi, accorgendosi solo in quel momento di un ago infilato nell'avambraccio, molto probabilmente usato per gli esami del sangue.
A parte quello e un po' di stordimento, si sentiva meglio.
Non vedeva l'ora di rivedere Marinette, così, accese la televisione e attese con impazienza l'orario delle visite.
—•—•—
Marinette si sistemò davanti alle porte chiuse, attendendo che l'operatore le aprisse.
Controllò freneticamente l'orario –era già la settima volta in due minuti– e mancavano sempre quei maledetti centottanta secondi.
Batté freneticamente la punta del piede a terra, controllando di nuovo l'orario e non notando nessun cambiamento.
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Monster
Fanfiction[COMPLETA] |Miraculous Ladybug AU!| Chat Noir, la Belva Nera, un ragazzo che ha il potere di distruggere tutto ciò che tocca: una maledizione che lo vede essere temuto da tutti. Solo una ragazza, Marinette, sarà in grado di conoscerlo meglio e capir...