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Col cuore in gola e le mani che tremano, busso alla porta. Spero sia a casa, non voglio tornare indietro sapendo che anche oggi non ho potuto rivedere quegli occhi castani, quei capelli scuri e le labbra sottili. Mentre sono ancora immerso nei miei pensieri la porta fa uno scatto metallico e si apre, lasciandomi esterrefatto da quella vista meravigliosa, che però mi lascia perplesso: sotto gli occhi due occhiaie profonde, le guance scavate, il viso pallido e i vestiti talmente larghi che gli si vedono le clavicole più evidenti del normale. Sembra così fragile che anche avvicinarmi pare pericoloso. Ha i capelli disordinati come se si fosse appena svegliato. Mi guarda sbigottito e imbarazzato.

«Jimin...?» farfuglia con la voce assonnata, confermando la mia ipotesi.

«Dormivi?» chiedo comunque.

«Uh, si... Ultimamente sono molto stanco, non so perché.» Come fa a non saperlo? Non si rende conto di essere scheletrico? «Uhm... Vuoi entrare?» chiede titubante.

Annuisco ed entro, sorpassandolo. Quella casa... Così tanti ricordi, mi mettono quasi nostalgia.

Poco dopo Yoongi mi raggiunge mentre si stropiccia un occhio e sbadiglia.

«Ti offro un caffè? O meglio una tazza di thè? Oppure...» dice con fare pensieroso.

«No, non preoccuparti. Sono passato per vedere come stai» dico guardando la sua espressione diventare confusa.

«Uh... Sto bene, grazie per essertene preoccupato. E tu?»

«Non dire bugie, Yoongi» lo guardo aggrottando le sopracciglia e ignorando la sua domanda. «Non stai bene. Sei scheletrico...» La mia smorfia arrabbiata si trasforma in una preoccupata mentre guardo le sue mani ossute, le gambe più che snelle.

«Dici?» chiede guardandosi le braccia e le mani. «Mi sento bene... Non credo sia un problema.» Fa spallucce.

«Si che lo è. Perché non mangi più?»

«Si che mangio» dice lui con un tono più distaccato, quasi annoiato.

«Perché non mi rispondi mai ai messaggi?»

«Mi hai chiesto di lasciarti in pace e di non parlarti mai più, ricordi?» Lo guardo con disappunto. Sembra quasi che voglia evitare di parlare con me. «Jimin, perché sei qui? Non perdere tempo con me» sospira, passandosi una mano fra i capelli.

«Sono preoccupato» farfuglio. «Non capisco... Non puoi star mangiando regolarmente con il fisico che ti ritrovi. C'è qualcos'altro che ti turba... Ma cosa?»

Rimane in silenzio e serra la mascella.

«Va via, Jimin. Non voglio ferirti più di quanto abbia già fatto.» Abbassa lo sguardo.

Non mi importa di rimanerci male, di non essere corrisposto. Non c'è nessuno che si prende cura di lui come ho fatto io standogli accanto tutti i giorni; non c'è nessuno che viene a vedere come sta, che viene a trovarlo, pur sapendo che il loro amico tanto adorato è malato. E probabilmente sto solo mentendo a me stesso pensando queste cose, perché il vero motivo è che non ho mai smesso di amarlo.

Vado verso di lui e gli accarezzo le guance pallide con entrambe le mani, muovendo i pollici. Lui mi guarda inespressivo, afferrandomi una mano.

«Non mi importa di me. Voglio che tu stia bene», sussurro.

Lascio un bacio sulle sue labbra delicatamente. Non mi respinge. Una volta staccato, soffio sulle sue labbra screpolate a pochi centimetri da esse. Abbrevia quella poca distanza, sorprendendomi con un bacio delicato, ma voglioso. Lascio che soddisfi i suoi bisogni socchiudendo le labbra, con un sospiro di sollievo.

E non importa se probabilmente sto sbagliando, se sono solo un mezzo di sfogo per lui.

Non importa.

A me basta che lui stia bene.

Hshwjwj scusate l'attesa. ;-;

Daddy IssuesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora