CAPITOLO 2

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Ella's pov

Ma come è possibile che sia sempre in ritardo? Ci fosse una volta che mi alzassi in orario!
Mi volto verso la sveglia per spegnerla e con un balzo atletico, o quasi, salto giù dal letto inciampando nelle pantofole appostate lì sotto. Dannazione! Impreco mentalmente e mi lancio sotto la doccia. In un battibaleno sono già fuori, pronta per vestirmi.

«Audrey? Sei in casa?!»
Mi sporgo dalla porta della mia stanza, ma non ricevendo risposta dalla mia coinquilina, deduco che sia uscita prima di me perciò rientro e apro l'armadio. Prendo le prime cose che mi capitano sotto tiro, ovvero un paio di jeans chiari e una maglietta a mezze maniche bianca, e infilo tutto di fretta. Siamo ad Aprile ma l'aria non è ancora caldissima perciò indosso un giubbino di pelle nero e un paio di stivaletti e... voilà! Ah no... devo sistemarmi ancora i capelli. Non posso uscire di certo in questo stato. Corro nuovamente in bagno e afferro la spazzola dandomi una sistemata alla frangia e mettendo un filo di matita e mascara. Adesso sono davvero pronta. Senza ulteriori indugi, afferro la tracolla e le chiavi di casa e mi precipito all'esterno.

L'aria è tiepida, il sole brilla alto nel cielo e sarebbe tutto perfetto se solo non stessi correndo come una dannata per tutta New York!
Non posso permettermi di fare tardi, ho un importante colloquio con un mio professore e ho aspettato settimane per poterlo incontrare. Per arrivare all'università devo prendere, oltre alla metropolitana, anche un pullman che dovrebbe passare fra pochi minuti. Devo farcela assolutamente!
Corro per le strade ed i vicoli della città scansando praticamente qualsiasi cosa o persona per non rischiare di rallentare la mia corsa. Ma non fila tutto liscio come aveva sperato la mia mente.
Improvvisamente, non percepisco più la terra sotto i piedi e il mio corpo si protende in avanti a causa della forza di gravità. Sarei finita inevitabilmente al suolo se qualcosa, o meglio qualcuno, non mi avesse afferrato in tempo evitandomi lo schianto. Ma come si fa ad inciampare in un tombino?

Non mi ero resa conto di aver chiuso gli occhi nella scivolata, ma quando li riapro, ne trovo un paio color del ghiaccio a fissarmi preoccupati. Un uomo sulla trentina, vestito in modo impeccabile, mi scruta dall'alto. Che imbarazzo.

«Sta bene signorina?»
Mi domanda sempre più confuso mentre mi osserva sospettoso spostando poi lo sguardo verso il basso. Gli sto stringendo ancora il braccio terrorizzata per la mancata caduta. Mi affretto, quindi, a lasciarlo andare e mi allontano di qualche passo.

«Sì.. grazie. Devo essere inciampata su quel tombino... che maldestra che sono. Grazie mille per avermi aiutata.»
Gli rivolgo un sorriso di cortesia, se non mi avesse presa, mi sarei potuta fare davvero molto male, ma per fortuna non è successo nulla di drammatico. Egli mi osserva attentamente per poi fissare un punto alle mie spalle.

«Dovrebbe fare una denuncia, a parer mio. Poteva ferirsi gravemente.»
Asserisce senza l'ombra di un sorriso. Punta nuovamente i suoi occhi profondi nei miei e quasi mi vengono i brividi. Ha un'aria molto intimidatoria.

«Non credo ce ne sia bisogno... forse è meg..»  Non mi lascia finire la frase.

«Venga, le offro un caffè, sembra ancora parecchio scossa.»
Non attende una vera e propria risposta e si avvia subito in direzione del bar più vicino. Faccio il pari e dispari, ma constato che a quest'ora il pullman che mi avrebbe portata all'università, è di certo già passato. Con un sospiro, decido quindi di seguirlo e lo affianco. Mi lascia entrare per prima nell'angusto localino per poi invitarmi a sedere ad uno dei pochi tavolini presenti. Mi accomodo e quando si posiziona di fronte a me, posso osservarlo con più attenzione. È di bell'aspetto, molto affascinante direi, una leggera barba gli incornicia il viso ed i capelli castani sono ben curati. Lo sguardo è molto profondo, magnetico, ma ha qualcosa che... che non riesco a decifrare. Dev'essersi accorto che lo sto fissando da troppo perché assume un'espressione corrucciata e mi domanda.

«Cosa prende?»
Anche la sua voce è molto profonda e seria, forse troppo formale, e il tono è un po' dispotico.
«Un caffè... e una fetta di quella torta al cioccolato.»
La indico con un dito sul menù.

«Ottima scelta. Prendo lo stesso.»
Con un gesto della mano chiama la cameriera che velocemente si avvicina e annota le nostre ordinazioni. Mi rendo conto che ancora non ci siamo presentati così, mi schiarisco la voce e gli rivelo la mia identità.

«Comunque mi chiamo Ella.. Ella Davis.»
Gli sorrido cordiale ma scorgo qualcosa di strano in lui non appena termino la frase. Si irrigidisce di colpo e sgrana leggermente gli occhi azzurro-grigi. Che cosa ho detto di sconvolgente..?
Sto per chiedergli se c'è qualcosa che non va, ma sembra riprendersi subito presentandosi a sua volta.

«Piacere mio, sono Devon Reinfield.»
Il tono così freddo con il quale ha pronunciato il suo nome mi inquieta e non poco. C'è qualcosa che non va e si percepisce notevolmente. Per fortuna ci salva la cameriera adagiando sul tavolo le nostre ordinazioni.

Devon's pov

Quando mi sono svegliato questa mattina, mi sarei aspettato di tutto tranne che il destino mi ponesse davanti ad una sfida, fin troppo dura per il mio animo già tormentato.
Mi stavo recando tranquillamente al lavoro, quando mi piomba letteralmente fra le braccia una ragazza dall'aria impacciata e molto maldestra. Come si può inciampare in un tombino?
Per fortuna sono riuscito a prenderla in tempo altrimenti avrebbe potuto addirittura rischiare la vita.
La fanciulla, devo ammettere, ha dei begl'occhi color del mare, molto spaventati al momento e dei capelli castani lunghi più o meno fino alle spalle. È vestita in modo casual e sembra piuttosto affannata. Da bravo gentiluomo quale sono, mi viene naturale offrirle un caffè. Magari si tranquillizza.
Siamo uno di fronte all'altra nel piccolo bar sulla 65esima, un locale molto anni cinquanta con tanto di jukebox, aspettando le ordinazioni quando la ragazza decide di presentarsi. Esistono migliaia di nomi sulla faccia della terra e doveva chiamarsi proprio Ella? Ma a quale gioco sta giocando il destino? Sgranai subito lo sguardo non potendo credere di aver udito nuovamente quel nome. Era da più di un anno che nessuno lo pronunciava. Giuro di poter sentire un pugnale conficcarsi nel mio petto, duramente, in una ferita già aperta, ma devo ridestarmi in fretta e presentarmi a mia volta. Di certo non le avrei potuto rivelare le ragioni del mio repentino cambio d'umore.

«Metti sempre tanto zucchero nel caffè?»
Le domando, dandole ora del tu, scrutandola mentre armeggia con il cucchiaino e la tazzina alla ricerca di chissà cosa nel fondo della tazza. Devo averla intimorita con i miei modi, ma non posso cambiare, sono fatto così e non è la prima che ne subisce gli effetti. Mi accingo, quindi, a prendere un pezzetto della torta al cioccolato lasciando che il suo sapore dolciastro mi infonda un po' di calma e che riesca a farmi tornare la lucidità perduta. Troppi imprevisti oggi, decisamente troppi per i miei gusti.

«Sì, non mi piace il caffè amaro... ha un sapore troppo intenso.»
Giunge dopo qualche secondo la sua risposta e per qualche strano motivo, mi viene da sorridere. Sembra molto ingenua, ma dubito che sia realmente così.

«Dove andavi così di fretta? Dovresti fare più attenzione a dove metti i piedi.»
Le chiedo senza uno scopo preciso, per mandare avanti la conversazione più che altro. Non voglio impicciarmi dei fatti suoi, non mi interessa farlo.

«Ho... avevo a questo punto, un colloquio.»
Mi risponde affranta sorseggiando il suo caffè zeppo di zucchero. Alzo un sopracciglio e mi sistemo sulla sedia. Lo sguardo mi scivola inevitabilmente sull'orologio. È ora di andare.
«Beh, si è fatto tardi anche per me. È stato un piacere, Ella.»

«Grazie ancora... anche per la colazione.»
Mi risponde gentile, la sua voce è molto delicata, oltre che sinceramente riconoscente. Mi alzo velocemente, seguito a ruota dalla giovane, e lascio i soldi sul tavolo così che la cameriera possa prenderli. Mi saluta poi con un cenno della mano e scompare tra le persone che affollano la strada. Mi volto e proseguo per la mia, pensando a quanto il destino riesca ad essere davvero meschino.









Angolo autrice:

E' domenica e come promesso, ecco un nuovo capitolo.  I due protagonisti si sono finalmente incontrati. Perché Devon è rimasto tanto sorpreso nel sentire il nome Ella? Che cosa nasconde? E lei?
Se siete incuriositi e volete sapere come continuano le vicende, vi aspetto la prossima settimana con un nuovo aggiornamento.
Kisses <3

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