CAPITOLO 9

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Ella's pov

«Papà, voglio andare con Derek in spiaggia, dai! Ho diciott'anni ormai, sono grande abbastanza. Tornerò per cena, promesso.» Mi lascio le urla di mio padre alle spalle ed esco da casa mia alla velocità della luce. Durante il tragitto ricevo una chiamata da mia madre.

«Ella, perché sei andata via così?! Tuo padre è uscito subito dopo di te, perché volete lasciarmi tutti da sola? Perché?»

«Mamma, tornerò stasera non sono scappata via per sempre.» Alzo gli occhi al cielo. Ma perché non mi lasciano vivere la mia vita in pace?

«Ella! Ti prego torna, non lasciarmi sola. Torna.»

«Lo farò stasera, a presto.» Attacco la chiamata velocemente e mi godo il pomeriggio in compagnia del mio migliore amico Derek.

«Ella sei arrivata finalmente! Temevo non venissi più!» Mi circonda le spalle con un braccio sorridendo sornione.

«Non mi sarei persa questa festa per niente al mondo, Derek!» Insieme ci incamminiamo per raggiungere gli altri.
Al termine dei festeggiamenti saluto tutti e mi infilo in macchina per tornare a casa.

È tutto silenzioso e le luci sono spente. L'aria è tesa e sembra quasi pesante, soffocante direi. Mi inoltro e chiamo a gran voce mia madre ma non ricevo risposta.

«Mamma? Mamma sono a casa.» Salgo velocemente le scale, magari è sul letto a riposare. Apro la porta e la scena che mi si presenta davanti è agghiacciante. Mia madre giace esanime sul freddo pavimento della sua camera. C'è sangue dappertutto, un conato di vomito mi sale spontaneo ma riesco a reprimerlo. Mi accascio accanto a lei, prendendole la mano ma non riesco ad urlare. Piango silenziosamente per un tempo che sembra interminabile. C'è una pistola accanto a lei e ha una grossa macchia di sangue nel punto in cui si trova il cuore. Si è tolta la vita, è stata lei ad andare via per sempre.

Mi sveglio di soprassalto, mettendomi seduta sul letto. Ho avuto un incubo. Ricordi di quella notte continuano ad assillarmi facendo emergere i miei sensi di colpa. Se non me ne fossi andata via non sarebbe successo, è colpa mia.
Scanso le coperte e mi alzo, infilandomi le pantofole e legando i capelli. Sono spossata, stanca e assetata così mi dirigo in cucina per bere un po' d'acqua fresca. È proprio quello che ci voleva, mi sento già meglio. Sbuffando mi accoccolo sul divano osservando i miei disegni. Molti sono incompleti e altri sono solo schizzi. Sono tutti vani tentativi di ricominciare daccapo, in tutti i sensi, ma poi mi blocco sempre. Scuoto la testa e volto pagina. Con il carboncino nero inizio a tratteggiare qualcosa sul foglio lasciandomi trasportare dall'istinto. Di solito disegnare mi tranquillizza sempre. Prende forma e mi rendo conto di star disegnando un paio di occhi. Sembrano tristi, malinconici, sembrano i miei ma non lo sono. Sono i suoi. Ecco cos'hanno di familiare. Sono sofferenti come i miei. Dannazione perché ci sto pensando? Chiudo tutto e mi catapulto giù dal divano ma un'ombra sulla soglia del salotto mi fa quasi venire un colpo.

«Cazzo, Audrey! Vuoi farmi morire per caso?» Mi appoggio una mano sul petto teatralmente.

«Ella che ci fai in piedi alle tre del mattino? Stai male?» Mi chiede apprensiva avvicinandosi a me. Quando finirà questa storia?

«Sto bene, ma non avevo sonno, tutto qui. Tu che ci fai sveglia?» Le domando accendendo la luce. Ormai siamo sveglie entrambe, quindi.

«Ho sentito dei rumori e mi sono svegliata.» Fa spallucce e si avvicina al bancone per prendersi dell'acqua.

«Che ne dici se ci vediamo un film? Tanto il sonno mi è passato...» La bionda annuisce e ci riaccomodiamo sul divano accendendo poi la tv. Facciamo zapping finché non troviamo "Ghost" che decidiamo di vedere.

Love will find youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora