CAPITOLO 12

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Devon's pov

La chiamata di mia madre mi ha fatto riflettere su quanto abbia finalmente preso le distanze con un mondo che non mi apparteneva e che non mi è mai appartenuto. Potrò scappare per sempre dai miei doveri? Non credo, ma non è il caso di arrovellarmi il cervello adesso per questo.
Con questi strani pensieri mi reco a lavoro, l'unico posto nel quale mi senta davvero a casa, almeno per la maggior parte del tempo. Infatti, si lamentano tutti che non prendo mai giorni di ferie creando problemi agli altri dipendenti. Beh, amo quello che faccio che posso dire? Non a caso sono diventato primario di cardiochirurgia a soli trent'anni, anche grazie alla mia tesi sulla possibile risoluzione della "fragilità delle arterie", uno scoglio importante per chi è del mestiere come me. Ricordo perfettamente il giorno della laurea e di come mi sono sentito realizzato in quel momento. Nel lavoro, almeno, ho avuto successo e ne vado fierissimo.
In ospedale stavo facendo il giro dei vari pazienti, quando una ragazza bionda mi ferma chiamandomi addirittura per nome.

«Mi dica(?)» Le domando perplesso sostando di fronte alla sua figura slanciata. Si nota lontano un miglio che non è proprio abituata a questo luogo dato l'abbigliamento poco consono.

«Oh salve, mi scusi se la disturbo, sono un'amica di Ella. In questo momento sta facendo le analisi. Volevo solo conoscerla di persona e ringraziarla per il suo aiuto.» Mi sorride allegramente spostandosi la massa bionda dietro le spalle.

«Si figuri, è il mio lavoro nonché dovere.»

«Oh, io sono Audrey Anderson, piacere.» Mi tende la mano che stringo professionalmente.

«Devon Reinfield, piacere mio.» Scambiamo altre due parole fino a quando Ella non fa la sua comparsa. È ovviamente sorpresa di vederci parlare. La sua amica ci lascia subito soli, così accetto l'invito di Ella di fare colazione insieme. È una buona scusa per fare una pausa.

Al bar mi convince a prendere un piccolo cupcake al cioccolato che devo dire è davvero strepitoso. Amo il suo sapore. Anche la fanciulla deve apprezzare parecchio dato che ha praticamente immerso il viso nella nutella. È buffa quando si imbarazza.
Le porgo subito dei fazzoletti approfittandone per prenderla in giro. Mi diverte farlo. Noto che mi sta fissando per poi distogliere subito lo sguardo. Devo ancora intimorirla parecchio, forse per la mia figura di medico o forse è ancora scossa per la famosa caduta di qualche settimana fa. Cambio argomento passando alla sua salute quando, dopo poco, la mia presenza viene richiesta urgentemente. Un altro paziente che devo operare in fretta.
Saluto fugacemente la ragazza e corro al piano di sopra, rinfilandomi il camice al volo. Un po' mi dispiace averla abbandonata così al bar, ci stavamo conoscendo meglio, ma allo stesso tempo non potevo fare altrimenti.

Mi reco a passo svelto nel mio reparto e incontro subito Rose, mia assistente nonché mio fidato braccio destro. Mi illustra rapidamente la situazione. Uomo caucasico, sui cinquant'anni, arrivato al pronto soccorso pochi minuti fa lamentando dolore al petto e difficoltà a respirare. Dopo le visite preliminari, hanno diagnosticato un'ostruzione di un'arteria che se non curata subito potrebbe procurargli un infarto.

«Datemi i suoi esami del sangue, veloce.» Angie, il nostro tecnico d'eccellenza, mi passa la cartellina con gli esami appena eseguiti che mi accingo a leggere.

«Ha il colesterolo alle stelle e la pressione non mi piace per niente. Il battito è irregolare. Se non ci sbrighiamo, non potrò operarlo perché non reggerebbe l'anestesia. Intubatelo.» Lancio le analisi all'infermiera e mi preparo per l'operazione. Certo che non ci si annoia mai in pronto soccorso!
Dopo un paio d'ore esco finalmente dalla sala operatoria. Abbiamo impiantato un bypass coronarico sostituendo l'arteria ostruita con un pezzo di un'altra prelevata dalla gamba del paziente. Sembra stabile per il momento, così ne approfitto per prendere un po' d'aria fresca.

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