CAPITOLO 21 - SEBASTIAN

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SEBASTIAN:

Tornai a casa e mi recai subito nelle stanze della nonna, lei avrebbe capito subito che qualcosa non andava, che tutto era cambiato dal giorno precedente, il giorno prima ero euforico, deciso, convinto dei miei pensieri, l'ombra del dubbio che potesse non essere così non mi aveva nemmeno sfiorato, mentre oggi dopo quello che era successo ero amareggiato con la vita, la colpa era mia, per l'ennesima volta avevo lasciato uscire la parte di me che non mi piaceva, quella parte oscura e malinconica che sapevo di possedere, ma che avrei voluto imparare a tenere sotto controllo.

Dentro di me avevo tanta rabbia nascosta, un bravo psicologo avrebbe costruito la sua ricchezza sui miei disagi se avessi voluto cercare il suo aiuto. Ma io non volevo andare in analisi, non volevo che un essere qualunque si divertisse a dissezionare senza emozioni i periodi più bui della mia vita che racchiudevo come un tesoro prezioso in fondo al mio cuore.

Bussai leggermente alla porta della camera della nonna, ma non udii risposta, allora abbassai silenziosamente la maniglia e mi accorsi che la nonna si era appisolata, infatti l'orologio che batteva il tempo , dalla parete mi comunicava che quella era l'ora del sonnellino pomeridiano, perciò richiusi la porta e senza far rumore mi allontanai dalla stanza.

Feci una tappa in camera per cambiarmi, indossai una tuta blu con i profili rossi, cambiai anche le scarpe e prese le chiavi dal comodino, uscii di casa, Apocalypse mi aspettava tranquilla davanti all'ingresso, dovendo uscire non l'avevo parcheggiato in garage come facevo di solito, salii a bordo, innestai la prima e partii alla volta di "Rainbow", il centro commerciale; rammentai che l'ultima volta che c'ero stato avevo visto di sfuggita mio padre, era da tempo che non lo sentivo, che non lo vedevo era da quando se ne era andato per sposare quella donna che aveva sostituito mia madre nel suo cuore, dopo la sua fuga verso quella che era diventata la sua nuova vita, aveva cercato di contattarmi telefonicamente, più volte, ma io non avevo mai risposto anzi per marcare il distacco, avevo cambiato il numero del mio telefono, bloccando così ogni possibilità da parte sua di contattarmi.

Come aveva potuto fare questo a mia madre, io non sapevo perché, non avevo mai voluto andare a fondo per non soffrire troppo, capivo però che qualcosa di grave, di forte si era abbattuto sulla mia famiglia, un giorno, un boomerang , di colpo aveva spazzato via le giornate armoniose e tranquille che mi avevano accompagnato durante la mia esistenza, quelle erano sparite, dopo la sua partenza erano rimasti solo pianti, tanta tristezza tanta disperazione.

Forse mia madre aveva avuto bisogno d'aiuto ed io non avevo fatto nulla per andarle incontro. Era da tanto che non pensavo a lei, dopo l'abbandono di mio padre mi ero chiuso in me stesso, mi ero sentito solo e adesso potevo ammettere che dentro di me avevo dato la colpa a lei per avere infranto i miei sogni, lei non era stata in grado di difendere il nido che si era creata, non avendo più l'amore di suo marito e avendo perso anche quello di suo figlio, giorno dopo giorno si era spenta e un giorno che preferivo dimenticare aveva tentato di porre fine alle sue sofferenze.

L'avevo giudicata una vigliacca, anche in quella straziante tragedia avevo inveito contro di lei, l'avevo accusata di fare la vittima, di aver compiuto quel gesto estremo per attirare la mia attenzione, ero distrutto dentro e me l'ero presa con lei, avevo sentito il mondo crollarmi addosso, ero troppo giovane per sopportare tutto quel dolore, giorno dopo giorno avevo cercato di annegare i miei dispiaceri nell'alcool e nelle donne.

Qualsiasi cosa mi facesse sentire meglio, anche se era sbagliata la facevo senza pensarci due volte, erano rare le occasioni in cui tornavo a casa sobrio o quelle in cui ci tornavo a casa, a volte qualcuno mi trovava addormentato e sbronzo su una panchina in città e mi persuadeva a tornare a casa e questo durò fino al giorno in cui tornando a casa alle sei di un mattino di gennaio, dopo aver passato la notte in compagnia di Jack, il grande "Jack" che faceva scomparire i miei problemi non trovai più mia madre, la porta era aperta, ma all'interno non c'era nessuno.

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