CAPITOLO 50 - BRUCE

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BRUCE

"Bruce....."sentii solo queste sillabe, il mio nome, con un gesto fulmineo presi il cellulare, lo spensi troncando la comunicazione di netto, lo misi in tasca, sotto lo sguardo attonito di Touch, presi lo zaino con le poche cose che mi erano rimaste e sbattendo la porta me ne andai.

Sentii il telefono squillare ancora e ancora, ma non risposi, lo spensi definitivamente, avevo bisogno di stare da solo e di pensare a tutta questa storia, forse Touch non aveva torto, forse avevo sottovalutato il fatto che Penny fosse una ragazza molto viziata, faceva sempre di testa sua e poi quando si accorgeva di avere esagerato tornava in lacrime a chiedere perdono. Era una bambina, non era abituata a qualcuno che le dava contro. Quel giorno avrebbe dovuto restare con me, aiutarmi consolarmi, mio Dio avevo perso tutto quello che avevo e lei se n'era andata.

Adesso a mente fredda compresi che il suo comportamento mi aveva fatto stare male, avevo capito, ma per l'ennesima volta mi aveva lasciato da solo a raccogliere i cocci della mia vita.

Ero arrivato alla porta d'ingresso quando mi sentii chiamare:-" Ragazzo dove stai andando?"

Vidi la nonna di Touch in piedi che piano, piano si stava avvicinando:- "Signora le dissi, come mai è ancora In piedi, non riesce a dormire?"

"Noi anziani" rispose "dormiamo poco anche perché durante il giorno ci stanchiamo poco, ma tu dove stai andando?"

"Via, me ne sto andando, la ringrazio per l'ospitalità, ma adesso devo andare via".

Quella strana signora mi prese per mano e facendomi un sorriso si rivolse a me:-

"Figliolo per favore accompagnami in camera, sai non sono molto stabile sulle gambe e non vorrei finire a terra..."

"Certo" risposi prendendola sottobraccio e sostenendola, "mi indichi la strada".

Poco dopo giungemmo alla sua stanza, l'aiutai a togliersi la vestaglia e a rimettersi sotto le lenzuola. Sembrava affaticata , il suo respiro era debole ed aveva gli occhi chiusi. Decisi di lasciarla riposare e mi allontanai dal letto per uscire dalla stanza, ma la sua mano mi bloccò dov'ero.

"Siediti qui accanto a me e raccontami cosa è successo con mio nipote. Avete litigato? E' per questo che te ne volevi andare?"

"Sono accadute tante cose signora abbiamo avuto dei contrasti d'opinione e..."

"E tu sei molto orgoglioso ragazzo, l'ho capito subito al primo istante che ti ho visto. Raccontami un po' di te, così ti calmerai, sento da come mi stringi la mano che provi sentimenti di rabbia e riesci a malapena a controllarti, lo so che vorresti andartene chissà dove, ma a volte bisogna fermarsi ed affrontare la realtà, non ha senso sempre scappare, ricordati che chi scappa a nascondersi si porterà sempre il suo peso come una palla al piede, non si sentirà mai libero."

"Abbi fiducia in me, raccontami qualcosa di te, vorrei conoscerti meglio".

Non sapevo spiegarmi il perché, ma quella signora mi piaceva, un momento prima ero arrabbiato con il mondo intero e volevo andarmene , adesso mi stavo calmando, la mano della signora chiusa nella mia mi dava un senso di serenità.

"Il mio nome è Bruce, Bruce Donovan". Iniziai.

"Donovan?" ridisse Donna Ester." E' un cognome insolito da queste parti".

"Forse chi mi ha abbandonato non era originario di questi luoghi, al centro per l'infanzia abbandonata dove sono cresciuto non mi hanno mai voluto dire niente di più, tranne che qualcuno mi aveva abbandonato in una cesta e accanto a me c'era un biglietto con scritto quel nome".

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