Prologo parte 2 (In riscrittura)

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Le vittime aumentavano. Il sangue dei cadaveri scorreva sulla neve, che da quel bianco candido diventava sempre più rossa, come i petali di una rosa matura. Gli Heimo erano rimasti in pochi a combattere. I nemici erano troppi, forse non sarebbero riusciti a vivere tutti quanti. Soujus non si azzardava a muovere un dito, né a pronunciare un incantesimo, restava lì, immobile, e osservava gli umani che si uccidevano tra di loro.

Più il tempo passava; più la situazione si rendeva tragica : Ivan era circondato, ferito, sanguinava da un fianco. Era stato trafitto dalla lama di una sciabola del suo ultimo nemico. Kosari invece... stava combattendo assieme a lui, ma uno dei nemici gli squarciò il polpaccio facendolo inginocchiare, lo presero per i capelli e lo portarono via. Il castano fece di tutto per impedire tutto ciò; fu fermato, ma con la poca fortuna che si ritrovava al momento riuscì a eliminare coloro che lo bloccavano. Ma lo perse di vista e non lo vide più. In quel momento doveva farcela, doveva sopravvivere, doveva farlo per il suo popolo, per la sua famiglia...

«Mio signore! Non potete continuare a combattere, dobbiamo arrenderci immediatamente!» disse un suo alleato avvicinandosi a lui.

«Anche se ci arrenderemo ci uccideranno comunque!» sbottò nervoso Ivan. «Non morirò se non avrò combattuto come si deve!»

«Ma signor-»

«Scansati!»

Ivan con un movimento brusco spostò il soldato. Si teneva saldamente alla sua spada, quasi come fosse stata un bastone. Camminava tra i cadaveri, li ignorava, non voleva proprio farci caso alla gente del suo popolo ormai deceduta. Il Dio guardò l'uomo che cercava di trascinare il suo corpo con tutte le sue forze, ma la cosa lo faceva solo ridere, anzi, era davvero uno spettacolo penoso.

«Fatevi avanti! Forza! Ne ho ancora per voi brutti bastardi!»

Urlò il capo tribù pieno di ira, sangue e ferite. Cercava di portare timore negli occhi dei nemici e animo nei cuori dei suoi compagni; cercava di essere il più minaccioso possibile ma era inutile. Quello che ne rimaneva dei suoi alleati continuava a combattere. I nemici gli sembravano non finire mai. Forse doveva considerare il fatto di arrendersi, che non ce l'avrebbe fatta. Stava facendo diminuire il suo popolo sempre di più.
Ma poi il pensiero di sua moglie, che era all'interno del rifugio, gli stava già facendo pensare che se non fosse stato in grado di difendere il suo popolo, l'avrebbero uccisa. Kosari che molto probabilmente era già stato sgozzato e lasciato morire chissà dove. L'uomo voleva solo piangere. Perché proprio lui? Perché propio la sua gente?.

«IVAN.»

Una voce femminile, più familiare che mai. Ivan si voltò e la vide : Seraphina. Ella stava correndo verso di lui, aveva un' armatura sul suo corpo e un fioretto ben ricamato nella sua mano sinistra.

«SERAPHINA!»

Non appena la donna raggiunse il marito, egli ritrovò la forza di combattere. Non ci poteva crede : sua moglie, impugnava un fioretto e si era offerta di sacrificarsi a combattere.

«Perché non sei rimasta nel rifugio?!» urlò impaurito alla moglie.

«Voglio lottare, e se capiterà : morire con te!»

Tutto gli sembro più facile assieme a lei. Seraphina era un'ottima guerriera, sin da piccola si era addestrata a combattere. Lei voleva morire per il suo popolo, con suo marito. La stessa cosa valeva per Ivan. Quando uno di loro veniva ferito, l'altro interveniva - erano una cosa sola.

«Ma che scena toccante... peccato che non riceverò il cibo che mie è stato promesso...»

«Quanto sei ignobile!»

Una donna incappucciata apparì dietro Soujus. Era alta e snella, i suoi occhi rossi si potevano ben notare dato che brillavano come i rubini alla luce del sole. Sotto la sua kappa aveva un armatura, lucida, di color argento.

«Disse colei che ha fatto scatenare l'invasione...» bofonchiò il dio.

«Purtroppo è il mio compito, ognuno di noi ne ha uno, e tu dovresti proteggerli.» disse la dea irritata.

«E per cosa? Proteggerli per cosa? Per poi vederli morire?» disse in modo freddo Soujus «Li proteggo, e poi un giorno non si sa perché muoiono, tutti quanti.»

«È perché forse sono mortali? Mi sembra più che palese che muoiono prima o poi!»

«Sprecherei solo potere...»

«SOUJUS. Prendi per esempio quel bambino che adesso stai tenendo tra le tue braccia, anche lui prima o poi morirà, è vero, fa male, sopratutto quando ti ci affezioni, ma non sta a significare che devi per forza lasciarli morire. Se gli umani smetteranno di credere in te; se smetteranno di credere nella protezione stessa, tu morirai. È davvero questo quello che vuoi? Morire? Se non lo vuoi, allora fai diventare quel marmocchio la tua ragione di vita. È da anni che non svolgi più il tuo compito, almeno per una volta, sforzati!»

Soujus rimase in silenzio, ormai non guardava neanche il combattimento, guardava altrove : l'orizzonte? Le montagne? I pini? Non si sapeva, ma non stava più guardando in basso. Ma solo il fatto che la donna aveva ragione lo faceva indemoniare; e pensare che aveva sempre represso i suoi sentimenti ed emozioni, proprio perché era stufo di fare il Dio. Ogni volta che cercava di proteggere qualcuno, si ricacciava nei guai.

Dopo vari ripensamenti, e critiche verso se stesso, egli sospirò. Soujus portò un dito sulla fronte del piccolo Alias, pronunciò in una lingua antica un incantesimo mentre gli tracciava il simbolo della protezione sulla fronte.

«Bene, ho protetto qualcuno. Sei contenta?»

«Almeno hai mantenuto metà della preghiera di quella donna. Adesso i due moriranno, e tu dovrai prenderti cura dell'umano.»

«Lo crescerò e poi, quando sarà maturo, lo affiderò a qualcun' altro.»

La donna incappucciata dall' armatura d'argento non commentò l'ultima frase del Dio della protezione, semplicemente si smaterializzò via.

Ivan e Seraphina erano stati sconfitti. La donna era stata trafitta allo stomaco, a Ivan gli avevano quasi amputato un braccio, ma la ferita al fianco, era diventata una vera e propria emorragia. Non riuscivano più a combattere, per loro era giunto il momento, anche se quello implicava lasciare il loro popolo nelle grinfie degli invasori.

«Ivan.. non ce la faccio più... mi hanno trafitta allo stomaco... n-non credo che posso resistere ancora..»

Ansimava Seraphina, mentre cercava di non far uscire il sangue dalla sua ferita.

«Ti ho amato più di qualsiasi altra persona al mondo... mi dispiace di non... di non aver potuto difendere tutti...»

«Shhh... va bene... hai dato il tuo meglio... Alias sarà fiero di noi!»

«D-Dov'è il bambino?...»

«L'ho affidato a Soujus... il nostro Dio saprà cosa farne di lui... lo proteggerà...»

Insieme si strinsero la mano per l'ultima volta, sdraiati su quella neve non più bianca ormai, ma rossa scarlatto. I respiri della coppia diventavano sempre più deboli, si lasciavano avvolgere da quella che doveva essere la morte. Tutto diventò sfocato.
Le tenebre caddero per sempre, negli occhi del capo tribù e sua moglie.

ANGOLO DELL'AUTORE
Ciao grazioso lettore! Vorrei semplicemente chiedere venia se la seconda parte della storia non è tanto coinvolgente come la prima parte. Non sono mai stato bravo nel descrivere i combattimenti, e devo ammettere che la cosa mi ha parecchio intrippato ecco ahaha.

EDIT : Ci sono stati dei cambiamenti radicali su questa parte della storia. L'avevo riletta, ma da quando l'avevo scritta BOTW era agli inizi. Non mi ricordavo di alcuni dettagli del capitolo precedente, ma adesso è stato migliorato. Have a great day!

Breath Of The Wild : La dea dei ghiacci (in riscrittura)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora