Il biglietto.

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Le ombre, le creature più manipolate da Hirvi non che bestie nate dal frutto della magia oscura, non si potevano definire né vive e né morte. Non avevano un'anima propria e tanto meno una volontà. Tutto quello che gli veniva comandato, loro lo svolgevano, tuttavia solo coloro con l'animo più oscuro e privo di qualsiasi raggio di luce poteva avere controllo su di esse. Quindi, se siete persone dall'animo pieno di luce che esige dominare su di loro, mi duole, ma non siete degni.
Quel giorno erano di pattuglia fuori dal castello e dal campo protettivo. Il grande alloggio di Hirvi era protetto da una grande forza protettiva, quasi del tutto infrangibile. Rastrellavano il terreno con i loro grandi artigli per scovare qualche riferimento ad Alias, ma niente quel giorno, neanche una cellula di odore si infilò nelle loro narici. Ritornarono indietro ma Hirvi non voleva gettare la spugna. Le rimandò, ma questa volta più lontano del solito. Yrjö che, al momento stava servendo l'arcigna, pensò che se non avesse trovato modo di comunicarlo al giovane Heimo ciò che aveva scoperto su di lui attraverso il diario, con qualche incantesimo, avrebbe dovuto optare per la fuga. Una fuga che gli sarebbe costata la vita e tanto meno il collo. Il collare che ogni servo e guardia possedeva, serviva ad impedire a loro stessi di fuggire al di fuori del campo. In pochi erano riusciti a toglierselo senza rischiare la giugulare, però contare che anche una solo movimento falso, poteva seriamente definirsi spacciato.
I lupi si avviarono verso le uscite, superarono la zona e incominciarono ad allontanarsi sempre di più. Ebbero la brillante "idea" di ripercorrere tutto il percorso, da Turku, nel luogo in cui Raknor azzannò Soujus per la gola. Forse tramite il suo sangue, sarebbero riuscite ad individuarlo e scovare dove si fosse cacciato con la loro vera preda. Ma quando arrivarono al fluido scarlatto vi era rimasto poco e nulla, per via della neve che lo stava assorbendo. Quel poco, insomma, giusto bastava per qualche chilometro, dopo di che, la scia si sarebbe interrotta. Il capo ombra di quella pattuglia ululò in segno di ricognizione e tutte le altre incominciarono a inseguirlo. Due giorni di distanza li separavano dal ragazzo dai capelli ricci, e avevano due giorni per riuscire a raggiungerli. Molto probabilmente anche in quel momento erano in marcia e dovevano affrettarsi. Uno del gruppo si separò e ritornò indietro per informare che avevano trovato qualcosa. In quelle sala grande, ove i cristalli di ghiaccio sul soffitto erano stalattiti, il trono posto su una ampia e monumentale scalinata, infondo a quelle quattro e altrettanto alti muri perimetrali, che in mezzo alle colonne alternate vi erano delle grandi vetrate. Tutto formato da marmo bianco, pietra grigia e ghiaccio. Alla notizia Hirvi esaltò dicendo «Finalmente! Yrjö portami un calice del vino più buono che custodiamo, di questo passo finirò per ottenere ciò che bramo da lungo temp...» fu interrotta. L'ombra spiegò che tale quantità di sangue non sarebbe bastata a lungo. La cerva digrignò i denti e nuovamente urtò il pugno sul bracciale del trono. La civetta sussultò e arretrò di qualche passo. La donna si portò una mano alla testa, una leggero cerchio alla testa le si creò, molto probabilmente dallo stress in quei giorni, che stava accumulando sempre di più. Doveva assistere all'allenamento del suo esercito, alimentare il campo di forza, giorno e notte, il consiglio, al quale almeno tutti i giorni doveva partecipare per costringere i Maestri dell'altra parte a donarle più ombre, sempre più potenti.
Con la mano liquidò l'ombra che se ne andò dissolvendosi in un fumo nero nel pavimento.

«M-Mia signora...» mormorò l'albino con un filo di timore «State... bene?»

«No.» rispose fredda. Fece una pausa poi, alzandosi lentamente, chiuse gli occhi e inalò un grande quantità d'aria dalla bocca. Con un gesto cauto dalle sue mani, fece sbucare dal pavimento al centro della sala un portone dorato, ornato da diversi tipi di foglie e ramificazioni. Esso si aprì lentamente e la donna, con postura fiera, incominciò ad ampie falcate, ad avviarsi verso il suo interno.

«Yrjö!» interpellò l'altro acidamente.

Quel portone che aveva appena evocato portava da una sola persona : Angelica. Non era la prima volta che la vedeva quella settimana. La seconda per la precisione. Quando Hirvi interruppe il concilio della cugina irrompendo nella grande sala dell'altra, lui era lì, che osservava devastato la scena appollaiato in un angolo scuro di una colonna dal capitello corinzio. Ritornò alle sue fattezze da civetta delle nevi, e sperava solennemente, che non commettesse scemenze questa volta.

Breath Of The Wild : La dea dei ghiacci (in riscrittura)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora