Passato.

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Aveva commesso un errore fatale, Angelica, l'imperatrice divina. Ella non riusciva a trovarsi pace, non riusciva ad immaginare le conseguenze su quel povero umano se Hirvi avesse messo le sue grinfie su di lui.

I funerali delle guardie si erano svolti molto rapidamente poche ore prima. I poveri congiunti delle vittime non potevano smettere di versare le loro lacrime, però per la dea erano morti con onore. Si erano schierati per difendere tutto e tutti, conoscevano i rischi e li avevano affrontati senza macchia e paura.
Non appena la cerimonia finì Angelica si rinchiuse nella sua stanza, affranta. Si era presa la responsabilità di dominare su qualsiasi cosa, e il prezzo da pagare ogni qual volta per lei era eccessivo.
Troppo eccessivo.
Ma lei aveva scelto quella vita, e dato che era l'ultima rimasta nella sua famiglia, doveva subirne. Non aveva eredi a cui cedere il suo trono, non perché non le importasse averne ma era perché nessuno l'aveva mai voluta come moglie. Forse il fatto che la maggior delle volte era troppo autoritaria e pretendeva il meglio a chi dava ordini; forse perché appariva troppo aggressiva se veniva infastidita durante uno dei suoi momenti in cui voleva stare sola. Ma non era colpa sua. Dominare e controllare su qualsiasi essere vivente che respirasse o camminasse, le causava stress, e quella giornata era stata una delle più stressanti e traumatiche che potesse ricevere durante la sua carriera di dea e imperatrice. Lo stress causava il nervosismo, il nervosismo la rabbia, che a volte scagliava senza volere su qualsiasi malcapitato le si avvicinasse anche per rivolgerle una parola. Quando i sensi di colpa si creavano nel suo cervello, Angelica non riusciva a liberarsene. Aveva paura. Paura che qualcuno la giustificasse come una persona non degna di quel trono. Trono che le era stato assegnato da suo padre; quanto le mancava. Egli avrebbe saputo cosa dirle in un momento del genere : "Angelica mia bambina, non piangere, non è stata colpa tua, io ti credo. E anche se lo fosse stata ricordati una cosa : non c'è persona migliore di chi sa ammettere i propri errori."
Già suo padre.
Egli era un uomo così sapiente e placido. Non aveva mai avuto timore di dire quello che pensava, era sempre stato diretto, non gli importava a quali conseguenze portassero le sue parole. Lui parlava. Esprimeva il suo giudizio perché sapeva che quello che diceva era più che giusto.
In quel momento le venne in mente un giorno della sua infanzia.

Era estate, e nel regno di suo padre c'era una grande caldo. Dato che erano in cielo e più vicini al sole, lafa era intollerabile e quindi dovettero chiamare la dea dell'inverno, Brina, per poter creare un ambiente che fosse fresco ma allo stesso tempo caldo, così da non far dimenticare che quella era la stagione del dio dell'estate, Sol.
Sol e Brina andavano molto d'accordo nonostante fossero l'opposto. Entrambi trovavano sempre delle vie di mezzo nelle loro idee, in fatto di temperatura erano molto equilibrati. Alcuni sparsero la voce che li avevano visti insieme a baciarsi per i corridoi del palazzo reale. Altri invece, inventarono storie come : "Si stavano tenendo per mano, e all'improvviso sono entrati in una delle loro camere da letto. Non voglio neanche immaginare cosa sia accaduto dopo!" E tutti iniziavano a ridere.
Tutto questo però, fortunatamente non riuscì a rompere il loro legame d' amicizia. Nessuno dei due aveva mai pensato di fidanzarsi con l'altro, tranne che per Autunno (Fall) e Primavera (Daisy).
Loro sì, che erano innamorati.
Fall per via della bellezza e purezza di Daisy, e Daisy per i colori che Fall creava ogni anno agli alberi, che lei faceva fiorire una volta per circa tre mesi l'anno.
Angelica era solo una bambina quando tutto questo accadde, e lei giocava liberamente con gli altri dei della sua età. Giocavano a mosca cieca, ed era il turno della piccola principessa cercare di acchiappare gli altri senza vedere un palmo dal naso quello che aveva attorno.

"Bene Angelica! Adesso leggerò la benda intorno ai tuoi occhi... ecco così! Riesci a vedere?"

Angelica si voltò attorno, non vedeva niente. Scosse la testa.

"No! Assolutamente niente!"

"Perfetto! Ragazzi sparpagliatevi!"

I ragazzini erano circa una ventina e tutti quanti si sparpagliarono intorno alla principessa e cercavano di non farsi afferrare dalle sue manine, tozze e rosee.
C'era chi le dava le pacche sulle spalle; chi le tirava i capelli; chi le faceva le tirava il vestito delicatamente; chi le tirava buffetti sulle guance paffute e tenere e chi invece le toccava le mani ma subito le ritirava.
Passavano i minuti ma Angelica non riusciva ad afferrare nessuno. Iniziava a sentirsi presa per i fondelli. Sentiva le risatine silenziose e stupide degli altri bambini che appena le passavano accanto, le facevano qualcosa e poi ridevano. Ridevano di lei; ridevano del fatto che era la più piccola. La principessa iniziò ad irritarsi e alla fine non ne potette più.

"SMETTETELA TUTTI QUANTI! IO SONO LA PRINCIPESSA ANGELICA E VOI DOVETE FARVI PRENDERE DA ME!" Urlò a squarciagola, ma forte, così forte che pure il padre la sentì.

Tutti rimasero nello shock più assoluto. Alcuni si scambiarono sguardi stupiti e altri pieni di rabbia per quello che aveva appena detto. Angelica si senti immediatamente in colpa e si portò le piccole mani sulla bocca. Sentì il petto andarle a fuoco insieme al viso per la vergogna più assoluta. Si tolse la benda, che cadde sopra al prato. Corse via, dal padre, nelle sue braccia, lì sarebbe stata a sicuro... ma da cosa esattamente.
Il padre di Angelica quando vide sua figlia entrare dentro il palazzo, fece un sospiro si preparò a riceverla.

"Zio, perché la cugina Angelica piange?" Domandò una bambina dai capelli bianchi e candidi, che giocava sul divano, lì nel salottino di fianco all'ufficio.

"A quanto pare l'hanno fatto innervosire, non preoccuparti, la calmo io."

Appena finì la frase la piccola principessa entrò, con il viso tagliato dalla lacrime. Hirvi scese dal divano e le corse contro con fare goffo. La abbracciò.

"Non piangere cugina! Zio adesso ti calmerà!"

Il sovrano prese la figlia tra la braccia e le chiese cosa l'aveva fatta diseparate in quel modo. Angelica racconto dei buffetti, pacche e di quando le tiravano il vestito. Egli si mise a ridacchiare.

"Figlia mia, su dai, vai a chiedere scusa, lo sai come dico sempre io : non c'è persona migliore di chi sa ammettere i propri errori."

La bambina ascoltò e scese di nuovo nel cortile dove si scusò timidamente per quello che aveva fatto. Gli altri bambini accettarono volentieri le sue scuse. Tutto ritornò come prima.

Non sapeva perché un ricordo così banale le uscì fuori dal cassetto dei ricordi, ma la fece stare bene. Per un momento sentì il calore affettivo e fisico del padre avvolgerla. Ella si addormentò sul suo letto, avvolta da uno stato di tranquillità e serenità.

Breath Of The Wild : La dea dei ghiacci (in riscrittura)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora