Il diario.

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Da quando aveva preso quel diario, Yrjö aveva scatenato uno stato di polemica nell'animo di Hirvi. Non appena l'arcigna dea si accorse del furto, uscì fuori dalle sue quattro mura, e con fare furioso e non tanto garbato urlò : "Chiunque si sia infiltrato nelle mie stanze senza il mio attuale permesso; chiunque abbia rubato il mio diario, se ti troverò, ti staccherò la testa con le mie stesse mani!" e lei aveva seriamente il coraggio di prendere la testa di qualcuno e strappargliela senza fermarsi a preghiere o altro.
La civetta si portò un mano al collo; già sentiva gli artigli della cerva strappargli la carne di dosso, o ancora peggio. Se lo avesse trasformato in civetta e gli avesse mozzato le ali? Penna dopo penna... un dolore irragionevole. Delle piume gli apparvero dietro al collo, rabbrividì, non doveva pensarci, non lo aveva ancora scovato.
Due giorni erano passati, e da due giorni stava spulciando le pagine. Non aveva tanto tempo a cui dedicare la sua ricerca, al perché Hirvi fosse così ostinata, ossessionata da prendere quell'umano con se. Fino ad ora aveva letto soltanto un po' di avvenimenti avvenuti secoli prima come : la sua espulsione dal mondo divino, la cerimonia di incoronazione della cugina e del suo incontro e arruolamento di Raknor, il capitano delle guardie.
Si sarebbe portato il diario con se, durante i suoi momenti di veglia sul territorio nella notte, così da fermarsi, e dare l'illusione alla dea che stava sorvolando la zona, in caso di attacco nemico. Solo un paio di volte gli era capitato di seguire Soujus e Alias, poi dopo che la sua padrona ebbe l'incontro con il cane, non gli chiese più di seguirli.

«Yrjö! Esci fuori dalla tua stanza, è il tuo turno!» una guarda bussò con violenza alla sua porta, la stanza tremò per un istante.

«Sì arrivo!»

Mise il libro all'interno della tracolla, che si portava sempre appresso nei suoi turni, così se gli veniva fame, poteva sempre mettere sotto i denti qualcosa.
Aprì la porta, e fu accompagnato da una guardia alta e esile ai piani alti dove spiccò il volo. Per i primi istanti, aveva lo sguardo della sua padrona puntati addosso. Quegli occhi chiari, grigi e freddi, non poteva smettere di guardarli. Poi la cerva rientrò. Forse aveva dei sospetti su di lui?
Si fermò subito dopo, sopra un piccolo tetto a spioventi.

«Bene.» disse tra sé e sé «Adesso è arrivato il momento di scoprire cosa stai architettando Hirvi.»

Nonostante la dea gli avesse donato un letto caldo su cui dormire, un tetto e del cibo, egli non poteva dimenticare i suoi maltrattamenti nei suoi confronti, le frustate subite sulla sua pelle quando commetteva i minimi errori. Doveva sapere, e adesso non gli importava della sua testa o delle sue ali, solo della conoscenza.

Raknor se ne stava immobile, in piedi a fissare la sua padrona mentre scagliava le sue più severe frustrazioni contro il muro del suo stesso palazzo, che ad ogni colpo afflitto si rigenerava così da non crollare

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Raknor se ne stava immobile, in piedi a fissare la sua padrona mentre scagliava le sue più severe frustrazioni contro il muro del suo stesso palazzo, che ad ogni colpo afflitto si rigenerava così da non crollare. Il dio aveva il voltò segnato da profonde cicatrici, un occhio cieco e un orecchio assente. Gli occhi blu, l'armatura nera e molto opaca. Una corporatura alta, robusta e slanciata.
Non muoveva un dito, assisteva.

Breath Of The Wild : La dea dei ghiacci (in riscrittura)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora