Tormenta 3

22 2 0
                                    

«Insomma... sono al piano di sopra da un bel po'»

«Non preoccuparti, ritorneranno...»

Quella situazione sembrava non cessare mai. Non sapevano da quanto tempo fossero all'interno di quella taverna ma già il fatto che la maggior parte degli ospiti fosse andata nelle loro camere era un buon segno. Pian piano la catapecchia diventava sempre più quieta e le orecchie dei giovani tre potevano meritarsi un bel meritato riposo.

«Eccoci qua! Vi siamo mancati?»

Dafne scese le scale molto guardigna. Alias la precedette subito dopo, non sapeva se unirsi a gli altri o meno, quindi restò a osservare la leoparda che si sedeva al centro tra Aatari e Kaapata.

«Beh, non ti siedi?»

Domandò la dea dei ladri a l'heimo. Egli non rispose i primi istanti ma poi annuì silenzioso. Prese un sedia e ci si sedette sopra e si avvolse all'interno della propria pelliccia. Nonostante ci fosse il fuoco, soffriva il freddo ugualmente.
Lives era proprio difronte al castano, non lo degnò di un parola ne tanto meno di uno sguardo.

«E dai Lives, non tenere il broncio! Prenditi una sedia e siediti saccanto a noi, perfavore...» implorò Kaapata il rosso mettendo in scena un sguardo tremendamente smielato, portando le mani al mento, assumendo la posa della tipica supplica.

Il rosso alzò gli occhi al soffitto, e dato che non voleva vederla triste la accontentò.
Kaapata esultò entusiasta assieme ad Aatari - in quella serata sembravano aver coltivato un grande legame.
L'heimo si ostinò ancora a non parlare, anche perché tutto gli andava bene così com'era. In silenzio, focalizzato sullo scoppiettio del fuoco che lo tranquillizzava e gli donava sonnolenza; già le occhiaie iniziavano ad evidenziarsi sotto i suoi occhi ambrati.

«Stare in silenzio non ti aiuterà a far passare il tempo, lo sai?»

Il biondino si avvicinò al castano che spostò lo sguardo sui suoi occhi color ametista.

«I tuoi occhi sono... viola?»

«A-Ah! Sì... i miei occhi... è sempre la prima cosa che una persona nota di me. Vedi : anche mia madre aveva gli occhi così, me li ha passati. Il suo nome era Alexandria.»

«Dove si trova adesso?» domando Alias sornio.

«Non lo so, è anni che non la vedo, stessa cosa per mio padre. Sono partiti..»

«Oh..»

«Ma la loro partenza è anche il motivo della mia : voglio trovarli, e fargli vedere quanto sono forte!»

Aatari sorrise, parlare dei genitori gli piaceva.

«Mio zio attualmente è in spedizione, sai lui è un soldato, e un giorno lo diventerò anch'io!
I tuoi genitori invece : chi sono?»

La fatidica domanda.
Nel suo cuore, Alias sentì un grande vuoto che lo riportò al sogno vissuto la notte prima. La dolce voce della madre e la fierezza del padre, gli apparvero difronte ai suoi occhi come spiriti nel fuoco, che lui ogni tanto osservava durante la conversazione con il biondo.
Un grande nodo lo soffocava nella sua gola, la poca aria che riusciva a ingerire lo stava quasi per portare allo sfinimento, non avrebbe pianto difronte a persone che non conosceva.
Dopo numerosi tentativi, riuscì ad inghiottire quello che lo bloccava dall'inalare l'aria.

«Alias... stai bene? Ti vedo pallido...»

«Sì, no, cioè sì sto bene.»

«Oddei, è accaduto qualcosa ai tuoi genitori?!»

Aatari dal dispiacere lo urlò, e Alias non riuscì a zittirlo in tempo. Dafne, Kaapata e Lives si girarono verso di loro.

«M-Mi dispiace...!»

Il biondo impacciato si coprì la bocca e il riccio sospirò malinconico.
Dafne guardò il ragazzo avvolto nella sua pelliccia in modo molto dispiaciuto. Avrebbe voluto consolarlo, ma sapeva bene che tutto ciò sarebbe stato poco più che utile.
Lives corrugò le sopracciglia in modo sospetto ma anche curioso.
Kaapata sapeva bene di cosa Aatari stesse parlando, e non appena notò lo sguardo triste della sua migliore amica le afferrò la mano per confortarla.
Alias non era mai stato bravo a narrare ma ora mai era fatta. Che lo volesse o meno adesso era forzato a raccontarlo a tutti e quattro, e pensare che doveva essere una conversazione a due.

«I miei genitori erano Seraphina Imy... e Ivan Korhonen. Mio padre era il capo tribù di Heimoria, più una città che come tribù. Solo pochi mesi dopo la mia nascita, Heimoria fu invasa e attaccata da un popolo invasore. Mia madre mi donò a Soujus per tenermi in salvo ma... lei e mio padre... la mia gente non ce l'hanno fatta...»

Strinse a se la pelliccia, la cui si portava dietro da tutta la vita. Sapere di essere rimasto l'ultimo della sua tribù lo rendeva a pezzi, ma allo stesso tempo forte. Avrebbe voluto onorare il suo popolo un giorno, questo era l'obbiettivo che si era stabilito da ora mai anni. Sarebbe stato il primo Heimo della storia a entrare nelle pagine dei libri e nei testi di canzoni, che avrebbero narrato le su imprese con orgoglio.

Il gruppetto che si era accerchiato attorno ad Alias si scambiò degli sguardi sconcertati e pieni di pena per il ragazzo.
Lives ovviamente fu un'altra volta l'eccezione. Non gli credeva.

«Oh sì certo, bella storia, e dimmi dove si trova questa "Heimoria??»

«Lives!» Kaapata lo incalzò e lo improverò allo stesso tempo.

Alias corrugò le folte sopracciglia, già il tono sarcastico con cui commentò la sua storia lo innervosirono.

«Non lo so, Soujus non mi ci ha mai portato.»

«Perché non esiste! Non ho mai sentito parlare di questa Heimoria, e mai ne ho letto nei libri di testo!»

«Ah perché tu sai leggere? Non si direbbe.» ribattè Alias.

«E tu sei solo uno sporco bugiardo! Tu sei inventato tutto solo per ottenere l'attenzione!»

Un grande sussultò si udì nel trio Dafne, Kaapata e Aatari.
Alias cercava di trattenersi da prendere la faccia dell'altro e buttarla nel fuoco. In quel momento di pura ira avrebbe avuto il coraggio di farlo.

«Non... ti... azzardare a ridire... che sono tutte frottole...»

«Ah sì? Altrimenti che mi fai Heimo? Evochi la tua popolazione morta ad uccidermi?»

«Lives bast-»

Ancora prima che la dea dei ladri potesse finire la frase Alias scatto verso il rosso. Con le mani coperte dai guanti iniziò a cazzottargli la faccia con forza al quanto brutale, come se in quel momento qualcun altro avesse preso possesso della sua anima. Lives cercava di fermarlo in qualsiasi modo ma a quanto pare ogni sforzo fu più che invano. Dafne cercò di bloccare Alias afferrandolo per la schiena ma l'heimo le tirò una gomitata sul naso che la fece cadere all'indietro. L'ira aveva preso possesso del ragazzo, non si fermava e non lo avrebbe fatto fino a che non avrebbe visto il corpo di Lives immobile, privo di vita.
Il locandiere implorò i due di smetterla, con tono molto impaurito, non voleva che si facessero del male, anche se ora mai la cosa era inevitabile dato il modo in cui Alias stava sfigurando il viso di Lives.
I pochi ospiti che erano rimasti al balcone corsero nelle loro stanze, non volevano avere niente a che fare con quella situazione. Lives riuscì a ribaltare la situazione e fu lui a ricambiare la scarica di botte afflitte dall'altro. I denti quasi ricoperti dal sangue e le guancia ricoperte dai lividi mostravano chiaramente che anche l'altro non stava affatto giocando.
Il ricciolino cercava di ripararsi il più possibile quando a una certo punto...

"All'addome... mira all'addome..."

Una voce fievole e femminile gli ronzò per la testa. Una voce che non aveva mai sentito prima d'ora.
Qualcosa lo spinse a darle retta.
Non appena entrambe le braccia di Lives si sollevarono in aria per il colpo decisivo, Alias portò le mani su l'addome dell'altro.
Il simbolo sulla sua fronte iniziò ad illuminarsi, i suoi occhi diventarono privi di iride e pupilla che al loro posto apparve una luce bianca. La stessa cosa capitò per la mani. Una luce.
Una grande onda d'urto.

Breath Of The Wild : La dea dei ghiacci (in riscrittura)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora