Tormenta 2

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"Oh coraggioso eroe che porti felicità,
Proteggici dalle malvagità.
Tu con che il tuo coraggio combatti il male,
Dal sole radioso come il tuo futuro lasciati guidare.
Le tue imprese verranno narrate di era in era,
Così come la tua bravura grande e fiera..."

Una canzone ora mai da tutti conosciuta, veniva intonata da un gruppo di uomini all'interno della locanda che traboccava di ospiti. Era una canzone dedicata a l'eroe, colui che avrebbe sopraffatto il suo nemico. Tutti cantavano tale melodia, nella speranza che egli potesse sentirla. La metà delle persone era ciucca, l'altra ancora lucida che aspettava la fine di quel l'inferno all'esterno della baracca per poter tornare alle loro dimore.

«Hey, guarda un po' laggiù che bella signorina abbiamo!» sghignazzò un uomo di bassa statura, un nano.

«Già... una giovane fanciulla dai capelli quasi bianchi che indossa un' armatura!» Commentò un uomo mingherlino e biondo.

«Mh-mh, certo! E secondo te quella ti cagherà? Dai, si vede che le piacciono le donne!» disse un uomo barbuto con il boccale in mano, seduto di fianco al nano.

«E cosa te lo dice? Non vedi che molto probabilmente ci sta provando con il ricciolo?»

«Schifo è? A cosa servono quelle piume sulla testa?»

«Bah, secondo me sono come gli accessori delle donne-»

«Vorresti insinuare che quello, in realtà è una lei?» incalzò il barbuto al nano mentre sorseggiava il suo calice.

«Non ho detto che è una donna, volevo insinuare che forse gli piace usare gli accessori da donna!»

«Bah!» sbotto il biondo.

Dafne non solo parlava con Alias ma poteva sentire i loro commenti. Il suo udito da leoparda non le mentiva mai, e le veniva la piena nausea. Non capiva cosa gli uomini ci trovassero in lei. Sguainava sempre la sua spada se qualcuno cercava di persuaderla; cercava di essere il più minacciosa possibile ma a quanto pare tutti gli uomini non potevano fare a meno di lei. Di certo l'amore non era il suo primo pensiero la mattina, però se ci rifletteva, sentiva che le mancava avere qualcuno che si appropriasse delle sue labbra e del suo corpo durante gli scambi d'affetto più intimi.
Quando si sedette al tavolino, Alias non la degnò di uno sguardo né di una parola. Era troppo concentrato a sistemare il suo amato arco per prestarle attenzione. 

«Allora... uhm... perché te ne stai qui tutto solo? Puoi andare da Aatari e gli altri e conoscervi!»

Alias finalmente la guardò e sbuffò.

«Parlare? Conoscerci? Non appena questa tormenta finirà ci separeremo, non credo ne valga la pena.»

«Beh... sì hai ragione ma... in futuro dovrai avere qualcuno su cui contare!»

«Ho Soujus, non ho bisogno di nessun altro.»

«E se Soujus non ci fosse nel tuo momento del bisogno? Cosa farai?»

«Me la caverò da solo... come ho sempre fatto quando lui andava a caccia e io a prendere la legna.»

«E quando sarai attaccato da dei ladri che ti vogliono morto? Cosa farai?»

Alias voleva risponderle ma le parole gli si bloccarono nel suo esofago, che rimasero e non uscirono. L'unica cosa che sapeva fare con l'arco era cacciare, non aveva mai ferito un essere umano. E in quel momento, fuori dalle mura di Turku, non avrebbe mai schioccato la sua freccia, quella maledetta freccia, che nonostante era dentro la sua faretra, identica, uguale a tutte le sue sorelle, lui riusciva a identificarla; lui riusciva a riconoscerla ancora, anche se aveva mischiato e rimischiato le frecce per perderla di vista.

Breath Of The Wild : La dea dei ghiacci (in riscrittura)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora