33.Fanculo🖕

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La gioia durò solo fino al lunedì dopo.
Infatti ora io, mi aspettavo e diciamo che speravo che ora ogni volta che ci saremmo visti, finalmente ci saremmo potuti salutare come usano fare gli umani sulla terra.
Quel lunedì mi svegliai piena di eccitazione. Avevo il cuore a mille anche solo a pensare che per una volta nella vita una gioia l'avevo ricevuta davvero. E che anche quel giorno lo avrei salutato di nuovo. Che donna di mondo che mi sentivo.

MA, come avrete intuito, quel giorno non capitò un bel nulla. Lo vidi due volte nell'intervallo. Notavo che mi guardava con la coda dell'occhio, però appena mi giravo, lui spostava il suo sguardo su qualcun altro, su un'altra cosa. Si, subito ci stetti male, ma pensai che mi avrebbe salutato il giorno dopo.
E invece, i giorni passavano e non mi salutava più. Ormai era passato almeno una settimana e mezza e lui non dava cenno di volermi rivolgere manco un "ciao" e io che aspettavo, perché purtroppo o per fortuna per amore si aspetta, e anche se vuoi, non è sempre così facile stancarsi di aspettare.
Allora un giorno durante la lezione di geostoria, io e Agnese confrontammo le nostre idee.
Io:"Oh Agne il tizio non mi saluta..."
Lei, seppur non convinta di quello che stava per dire, rispose:
Agnese:"Ma no dai, magari si dimentica..."
Io:"Ma va', come si può dimenticare di salutare una persona...non è che ci va un genio, basta che se la vedi fai un ciao e siamo a posto. La verità è che non gli importa niente. Dovevo rinunciarci subito a lui, già in partenza".
A:"Ma no dai...lui sa chi sei, però..."
Io:"Però... Cosa?"
A:"No vabbè non importa..."
Io:"Ennò, adesso me lo dici!"
A:"Ma non ti arrabbiare però..."
Io:"Ma no, perché dovrei?!"
A:"Ecco...secondo me...lui è cattivo e non ti saluta perché vuole farti stare male".
Sgranai gli occhi a quelle sue parole. Oh, non ci avevo mai pensato.

Io:"Ah..." ero rimasta talmente stupita che non riuscivo a emettere nessun suono se non un gesto veloce della testa. In effetti non aveva tutti i torti.
Io:"Sì hai ragione mi vuole far soffrire apposta...solo che mi fa male pensare che sia cambiato così radicalmente da un giorno all'altro. Per quanto mi ricordo io non aveva mai voluto offendermi. Né me, né gli altri. Non ci voglio neanche credere che ora sia diventato così..."

Agnese si rese subito conto che dopo quella frase avevo cominciato a guardare nel vuoto, i miei occhi si erano persi in qualcosa oltre il muro e oltre tutto quello che stavo fissando.
Agnese:"E dai Ambra, non fare così... Non volevo demoralizzarti..."
Io:"Io? Demoralizzarmi? Ma quale demoralizzarmi?! Tu hai ragione. È vero, venerdì scorso l'ho chiamato per salutarlo, ma adesso non è che può aspettarsi che lo saluti sempre io per prima e pure chiamandolo! Cos'è lui, un PRINCIPESSINO?! Adesso non lo saluto più, basta. E che cazzo".
A:"Si brava fai così però non ti arrabbiare".

La cosa ridicola è che avevo fatto tutto da sola e avevo conversato solo con me stessa urlandomi contro, come per convincermi di quello che dicevo.

Una volta a casa (e ringraziamo Dio che ero da sola) esplosi in una maniera indecente. Sbattevo porte, mandavo a stendere qualunque cosa mi cadesse di mano e parlavo ad alta voce con la mia solitudine con gli occhi leggermente bagnati.

Io:"Io non ci posso credere! Non mi saluta se non sono io a chiamarlo! Ma guarda te che roba, prima mi sorride e poi non mi rivolge nemmeno un piccolo gesto...che poi lo sa, lo sa che basta poco per farmi felice. E io sono una stupida, che si illude e si illude e poi indovina? Si illude ancora! Dovevo capirlo subito. Scema di guerra in tempo di pace che sono. Che non mi sono mai fatta problemi a dire ciò che penso e invece con lui non riesco a dirgli ste cose. Sai che c'è? Fanculo. A lui, a tutto quello che mi ha fatto e che ancora si permette di ferirmi, a me che mi autodistruggo e a questo mondo di merda!!" E così dicendo tirai il bicchiere sul tavolo che per poco rotolava giù.

Per il disgusto che provavo in quella situazione, persi anche la fame, per cui mangiai solo qualche galletta di riso con una sottiletta. Avevo bisogno di piangere per la prima volta dopo tantissimo tempo, ma non mi veniva da piangere. Probabilmente ero troppo arrabbiata. Però io necessitavo da morire di scaricare la tensione. Allora per provocarmi il pianto (strano a dirsi ma ero davvero disperata) mi misi ad ascoltare la canzone "Sere nere" di Tiziano Ferro per rattristarmi e pensai anche a mia nonna, morta quando avevo tre anni. In balia di quel momento sentii tutte le macerie che avevo sul cuore venire a galla, riversandosi finalmente in lacrime. Pensai a lui, a mia nonna, ai miei problemi, agli amici con cui avevo litigato. Fu una cosa liberatoria.

Ma una cosa che mi disse mia mamma, mi fece pensare:
Mamma:"Ambra, fai una cosa. Tu vivi la tua vita, fai vedere che per essere felice non hai bisogno di lui, fagli capire che non sei nelle sue mani come crede lui. Ignoralo per un po' e poi vedi come reagisce"....

Ancora per sempreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora