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Mancava una settimana al giorno del ringraziamento e lo si poteva capire notando l'aria di vacanze nei sorrisi degli studenti, che si preparavano per tornare a casa dalle proprie famiglie. Purtroppo quell'anno non sarei potuta andare a San Diego, per festeggiare insieme a mio padre e a mio fratello, Aidan. Perché il primo uomo della mia vita era in arruolamento, mentre il secondo era impegnato con il lavoro e non aveva senso comprare il biglietto, fare un lunghissimo viaggio con l'intenzione di rivederli, per stare - in fine - da sola. Anche se, avrei passato il 24 Novembre comunque senza nessuno, perché Kara tornava in Germania - insieme al Signor Lindstrom, suo padre - per festeggiare insieme alla madre, che non vedeva da quando si era trasferita qui - a New York - per studiare.
Seduta sul tetto del terzo edificio della Columbia, avvolta da una copertina beige e con in mano un buon libro che arrivava a poco più di trecento pagine, passavo il pomeriggio guardando ogni tanto il panorama da quassù. Ed era davvero meravigliosa New York, pensai spostando lo sguardo fra le pagine e le parole che mi portavano in un mondo tutto mio. Avevo scoperto questo posto in un pomeriggio, quando non avendo nessun corso durante la giornata, mi ero persa per i corridoi ed ero arrivata qui. Oramai era diventato il mio posticino, il tetto del pensiero lo avevo nominato.
Erano quasi le cinque del pomeriggio e l'aria - leggermente fredda - si faceva sentire, tanto da farmi rabbrividire nonostante la presenza della copertina e dei miei indumenti pesanti, che avevo indosso. Decisi di chiudere il libro e di riprendere la lettura in un altro momento, perché guardando le sfumature grigiastre nel cielo, si intuiva subito l'arrivo di un brutto tempo e con lui, anche le nuvole cariche di borse di pioggia.
Mi alzai passando le mani più volte sui jeans, per togliere i residui di polvere su cui mi ero appena seduta. Piegai la copertina mettendomela sottobraccio insieme al libro, stringendomi nella felpa nera con le braccia, incamminandomi successivamente verso la porta verde che mi avrebbe condotta alle scale anti-incendio. Dentro all'edificio c'era sicuramente una temperatura più piacevole e anche la mia pelle, gelata, lo gradiva.
Scesi i gradini a passo svelto, con il timore di essere vista dagli addetti alle pulizie, dirigendomi verso l'edificio principale dove si trovava la mensa scolastica. I tre edifici scolastici erano collegati fra loro da svariati corridoi, che mi facevano smarrire ogni qual volta in cui mi incimentavo. Mi sembrava di ritrovarmi in un grande labirinto, da cui difficilmente ne uscivo. Dieci minuti più tardi entrai nel grande salone che era la mensa scolastica, andando ad ordinare un Muffin ai mirtilli e due ciambelle, non preoccupandomi assolutamente di tenere la linea che non avevo. "Grazie, Loreleil." Parlai ringraziando la stessa signora che nei giorni precedenti, mi aveva offerto i panini che erano stati divorati - in un batter d'occhio - dalla squadra di Rugby. Si trovava dietro all'enorme bancone grigio scuro, mentre mi porgeva - gentilmente - il mio vassoio, con i miei rispettivi ordini.
Andai al solito tavolo vicino alle vetrate, ringraziando al cielo che non ci fosse nessuno seduto. Mangiai tranquillamente, lasciando la copertina e il libro sulla sedia al mio fianco. E mentre masticavo lentamente, mi accorsi delle gocce di pioggia che scendevano e scorrevano, a mano a mano, lungo le vetrate. Alcuni studenti che si trovavano nel giardino, si affrettarono ad entrare nella mensa per ripararsi da quello - che sembrava - un temporale. Giusto in tempo, pensai. E menomale che non ero rimasta ancora sul tetto del terzo edificio a leggere, altrimenti mi sarei presa qualche goccia anch'io. "Si mamma, io e papà arriveremo fra due giorni. Non preoccuparti. Anch'io non vedo l'ora di vederti. No, tranquilla. Va bene, ciao mamma." Fu la voce di Kara al cellulare, in chiamata con quella che doveva essere sua madre. "Sei sempre al posto giusto, amica mia." Si rivolse a me sedendosi nella sedia difronte, rubando - senza problemi - una ciambella dal mio vassoio, spegnendo la chiamata con un semplice gesto del pollice nello schermo rettangolare. "Buonissima." Mormorò con la bocca piena, ricevendo un occhiataccia da parte mia una volta addentato il dolce.
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Il ragazzo della 113 | Noah Centineo
FanfictionLe regole alla Columbia University sono poche e precise: puntualità alle lezioni, tenere uno studio costante e comportarsi civilmente. Ma soprattutto, stare lontani dal ragazzo della stanza 113. Eisel Johns, considerato l'angelo della scuola, non fa...