27. La partita

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"Mi sorrise,
e senza rendermene conto
avevo già perso la testa
per lui."

▶️Moonlight Popolare - Mahmood

▶️Moonlight Popolare - Mahmood

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Dopo il suono che segnava il termine delle lezioni mattutine, raccolsi il mio materiale scolastico all'interno della mia fedele borsa a tracolla, prima di salutare la professoressa di Economia Amministrativa

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Dopo il suono che segnava il termine delle lezioni mattutine, raccolsi il mio materiale scolastico all'interno della mia fedele borsa a tracolla, prima di salutare la professoressa di Economia Amministrativa. Salutai con le mani alcune compagne del mio stesso corso, non guardando minimamente il tragitto dal mio banco alla soglia della porta, andando - così - a sbattere contro qualcuno che si trovava lungo il cammino. Mi aspettai di abbracciare il pavimento della classe da un momento all'altro, ma fui gentilmente salvata dalle braccia di colui che avevo appena investito.
"Guarda più attentamente dove vai, piccoletta." Parlò la voce divertita di Elia, che dopo essersi assicurato di mettermi nuovamente in piedi, incrociò le braccia tatuate sotto il petto. Aveva un sorrisetto di un bambino divertito stampato sulle labbra, gli occhi azzurri mi guardavano attentamente il viso e i capelli bianchi - completamente spettinati - gli avvolgevano la nuca in modo naturale.
I suoi tatuaggi erano uno più particolare dell'altro e si evidenziavano molto, grazie al maglione bianco che fasciava le sue spalle.

Lisciai la mia camicetta azzurra con i palmi delle mani, chiedendomi mentalmente il perchè non prestassi mai molta attenzione a dove mettevo i piedi, ero sempre la solita imbranata. Se non fosse stato per Elia, a quest'ora sarei già stata spalmata come il burro sul pavimento. Sospirai, Dio che spavento!
"Non ho la minima idea di come tu faccia ad essere sempre presente, nel momento in cui sto per cadere da qualche parte ma, grazie. Veramente, mi hai letteralmente salvata." Mormorai prima di prendere la borsa a tracolla, che mi era caduta a terra. Appoggiandola nuovamente su una spalla, ottenendo una risata divertita da parte sua.

"Sta diventando una abitudine, oramai." Mormorò accompagnandomi fuori dalla porta della classe, con una certa ironia nella tonalità della sua voce, che mi portò ad alzare gli occhi al cielo sotto la montatura dei mie occhiali.
"Allora come vanno le cose?" Mi domandò camminando - al mio fianco - per i corridoi dell'istituto, completamente affollati dalla presenza degli studenti, che uscivano dalle loro classi per l'ora di pranzo. Teneva le mani nascoste in tasca proprio come Isaac, camminando con la schiena dritta, mettendo in mostra la differenza d'altezza abbastanza evidente che c'era fra me e lui.

Il ragazzo della 113 | Noah CentineoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora