20. Momenti imbarazzanti

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"Non puoi accontentarti a
vent'anni di una cosa tiepida.
O gela o brucia."

"Le emozioni o sono forti,
o non sono niente."

▶️NF -  Paralyzed

"Ahia!" Mormorò Isaac fulminandomi con lo sguardo, nel mentre gli tamponavo dei graffi profondi, con una buona quantità di cotone e dell'acqua ossigenata dal colorito verde. Ci trovavamo ancora all'interno del Blue's, seduti su alcuni sgabelli di una stanza, creata apposta per svolgere delle cure mediche per i giocatori.

Inarcai un sopracciglio, ignorando completamente la sua occhiataccia fulminante nei miei confronti. "Hai poco da lamentarti." Lo ripresi, proprio come fa una madre al suo bambino piccolo, con l'intenzione di rimproverarlo. "Dove avevi la testa in quel momento?" Mormorai alzando lo sguardo in sua direzione, lasciando che i capelli mi ricadessero velocemente sul viso, aspettando di ottenere una sua risposta nettamente plausibile, che semplicemente non arrivò.
Si limitò a guardarmi, come se la risposta la dovessi trovare in quegli occhi meravigliosamente verdi, che riflettevano perfettamente la mia immagine. "Andrà sempre a finire così con te?" Brontolai. E guardando la sua espressione, radicalmente cambiata da furente a sofferente, pensai di aver esagerato.

Sospirai.
"Perdonami, non volevo essere così dura." Parlai portandomi lentamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
"Ma non mi piace affatto vederti ridotto in questo stato e guardandoti lì, steso sul pavimento completamente privo di sensi, mi ha spaventata a morte." Dichiarai sincera, appoggiando - spontaneamente - le mie mani sulle sue, sentendo immediatamente le sue dita avvolgere le mie, in una stretta salda. Menomale.
"Non voglio soffocarti con le mie preoccupazioni, ma non posso fare a meno di essere in pensiero per te ogni qual volta che sali su quel ring." Continuai, passando i pollici sulle sue nocche completamente ferite, notando - come reazione al mio gesto - una smorfia sul suo volto. "Perché continui a farti del male in questo modo?" Gli domandai.

Sentii le sue dita stringere le mie mani con una pressione più forte, coprendole completamente fino a farle sparire. Si chinò, continuando a star seduto nello sgabello, in mia direzione. Avvicinò il volto al mio. "Onestamente non c'è una spiegazione in grado di poter rispondere alla tua domanda. Quel ring è semplicemente tutto quello che ho, tutto quello che sono. E lo sono diventato grazie a questo posto. È per questo che devo tornare nuovamente lì, per riprendere l'incontro, vincere e tornare a casa. Non posso farne assolutamente a meno, capisci?" Parlò sistemando, dietro il mio orecchio, la ciocca che mi era - nuovamente - ricaduta sulla fronte. Dandomi una spiegazione alla quale non riuscii a trovare un perché.
Il perché era diventato quello che era grazie al Blue's, il perché non riuscisse a farne a meno e il perché nonostante le ferite che si procurava, ogni qual volta che affrontava un incontro, non prendesse una buona volta la decisione di smettere.
Era quasi come una dipendenza, farsi del male.

"Isaac non ha mai perso un incontro, nonostante si portasse - insieme ai soldi - i lividi a casa. Vive di cicatrici, basta guardare nel suo sguardo." Fu la voce di Travis a riecheggiare nella mia mente, facendomi ricordare ciò che mi disse la prima volta in cui misi piede in questo posto.

Oh Isaac, pensai, cosa posso mai fare per farti trovare la pace nell'uragano che sei diventato, per crearti una barriera difensiva dal passato che hai affrontato e che a stento conosco?

Sospirai ancora una volta, abbassando lo sguardo. "Che cosa c'è?" Mi domandò con la voce calma e leggermente rauca togliendo una mano dalle mie, per sfiorare il mio mento, intimandomi ad alzare la testa.

Sforzai ad alzare gli angoli delle labbra, scuotendo la testa e alzando le spalle. "Evidentemente niente che possa farti desistere dal tornare lì dentro." Parlai sincera, alzando le palpebre per incontrarmi con il verde dei suoi occhi, che mi guardarono con estrema tenerezza. Quasi volessero dirmi che non ci sarà mai nulla, in grado di fargli cambiare idea. "Ma è una tua decisione e nonostante non sia d'accordo, come tua amica rispetto le tue scelte." Parlai arrendendomi. "Quindi vedi di vincere, non voglio assolutamente pulire altro sangue per questa sera." Dichiarai distogliendo le mie mani dalle sue, alzandomi dallo sgabello su cui ero seduta, lisciandomi con i palmi i miei pantaloni.

Il ragazzo della 113 | Noah CentineoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora