23. Auschwitz 1941

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▶️Calum Scott - Dancing On My Home

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Due settimane più tardi..

"Vedo che hai addobbato l'albero." Parlai rivolgendomi all'immagine del viso di mio fratello, sorridente nella videochiamata nello schermo del mio PC.

Seduto sulla sedia girevole della scrivania, presente nel nostro piccolo ma accogliente salotto di casa Johns, si girò a contemplare alle sue spalle l'albero - illuminato e addobbato con cura da quest'ultimo - fiero del proprio lavoro svolto. "Ho trovato il vecchio scatolone completamente impolverato nel garage, con tutte le decorazioni natalizie al suo interno. Così ho pensato di addobbarlo, anche se farlo senza te, papà e la mamma non è ben la stessa cosa. Ho voluto comunque provare, mi ha fatto rivivere un po' quella che era la nostra infanzia." Raccontò, con un pizzico di malinconia nel tono della voce, muovendo - in senso orario - il piccolo cucchiaino all'interno della grande tazza di cioccolata calda, con la faccia di un simpaticissimo orso grizzly stampata davanti.

"Hai fatto davvero un ottimo lavoro, Aid." Commentai sincera, rivolgendogli un sorriso affettuoso e più che comprensivo. L'arrivo del Natale, affievoliva le nostre anime con i ricordi di un passato felice.
Era impossibile dimenticare l'intero pomeriggio, in cui nostra madre ci invitava a partecipare per addobbare l'albero di Natale, rendendolo vivace e pieno di colori, pronti a riempire i nostri cuori di gioia. Ore passate a sporcare ogni angolo della cucina, con gli ingredienti utilizzati per fare i biscotti e le torte, facendo profumare la casa con ogni delizia e riempiendoci lo stomaco con diverse prelibatezze.
L'aria soffocava di contentezza, avvolta dai nostri canti natalizi attorno al pianoforte, su cui la mamma passava intere giornate a suonare.
Le dita magre, dalla carnagione pallida, si muovevano esperte negli innumerevoli tasti bianchi e neri.
I capelli biondi le coprivano la schiena in piccole onde disordinate e sulle labbra arrossate, vi era sempre presente un sorriso.
Era un rito indossare i maglioni pesanti e i calzini fatti amorevolmente a mano, con fatica e dedizione.
I teneri pupazzi fatti di neve, uno per ogni componente della famiglia, erano piazzati esattamente fuori casa. Con tanto di sciarpa, vecchi bottoni e il naso a carota.
La casa era sempre avvolta dalle piccole lucine colorate, candele profumate e tante altre decorazioni, che abbellivano il nostro prezioso rifugio.
Le feste natalizie, fino alla morte della mamma, erano sempre state un periodo davvero allegro a casa Johns.
Nostra madre era la rappresentazione del Natale perfetto.

Poi - però - la mamma si è spenta e il nostro Natale, si è spento con lei.

"Papà non torna nemmeno per festeggiare il Natale?" Gli domandai, portandomi le ginocchia - fasciate dal mio pigiama a Panda - al petto, tenendomi ben salda con le braccia.
La camera, nonostante fosse acceso il riscaldamento da ore, era terribilmente fredda. E l'unico modo per crearmi calore, era tenermi ben coperta con i vestiti o arrotolarmi, come un perfetto involtino di primavera, sulle coperte.

Il ragazzo della 113 | Noah CentineoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora