Epilogo

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▶️River Flows in You - Yiruma

Sei sicura di volerlo fare, è questo quello che vuoi?
La voce di mio padre, continuava a risuonare nella mia mente in modo continuo, mentre indossavo il giubbotto anti proiettile, sotto la mia maglia bianca a maniche lunghe. A fasciarmi le gambe, ci avevano pensato i pantaloni da tuta grigi e ai piedi le mie fedeli All Stars bianche, assai sgualcite durante il corso del tempo.

Mi guardai allo specchio, pettinandomi lentamente i capelli con la spazzola della mamma, lasciando che le ciocche mi sfiorassero il collo e le spalle, come i ciuffi d'erba sulla riva del fiume. Non avevo messo alcun tipo di trucco, per coprire le occhiaie tremendamente evidenti sotto i miei occhi o del fondotinta, per dare un po' di colore alla mia pelle pallida. Non era il momento per pensare all'aspetto fisico, quando il mio cuore era ancora alla disperata ricerca di ritrovare i propri cocci, sparsi nella disperazione delle mie lacrime, stretta fra le braccia di mio padre, che non aveva perso tempo a soccorrermi in un momento di debolezza. Era stato occupato per rendersi disponibile per la propria patria per mesi, lasciandosi tutto alle spalle, nello stesso istante in cui aveva capito che avevo bisogno di lui. Servire il mio paese è un dovere, ma la mia famiglia viene sempre al primo posto. Prima di ogni cosa. Era ciò che non aveva mai smesso di dire a me e a mio fratello, fin da quando eravamo bambini.

"Lascia fare a me, Scricciolo." Mormorò Aidan, raggiungendomi alle mie spalle con la sua mostruosa imponenza. Prese dalle mie mani la spazzola, iniziando a pettinarmi i capelli con estrema cura. Quando ero arrivata - una settimana fa - alla base militare dell'Aeronautica, nei pressi di Washington che ospitava gli aeroplani ufficiali del Presidente degli Stati Uniti, nella contea di Prince George, ero stata accolta dalla meravigliosa presenza di mio fratello. A nostro padre era sembrata una giusta e buona occasione per riunire nuovamente la famiglia Johns, così aveva fatto inviare a San Diego un piccolo e lussuoso aeroplano militare privato esclusivamente per Aidan, che era volato qui senza troppe cerimonie.

Alzai il mio sguardo in direzione dello specchio, incrociando il mio con il suo, accennando un sorriso davanti ai suoi occhi verdi ed affettuosi. Mi legò i capelli in una coda perfetta, mettendo in risalto i miei zigomi e i miei occhi castani, completamente avvolti dalle lenti a contatto. "Fai attenzione questa sera quando sarai la dentro. Se ti succedesse qualcosa, non me lo perdonerei." Mormorò, sfiorandomi le spalle con le sue mani grandi e calde.

"Starò bene, Aid. Abbi fiducia in me." Parlai, girandomi pronta per essere stretta in un abbraccio dalle sue braccia muscolose ed accoglienti. Ed era sempre ciò che - negli ultimi giorni - aveva fatto. Mi era sempre stato costantemente vicino da quella sera, mi aveva ascoltata e mi aveva fatto versare tutte le lacrime che avevo trattenuto, per non cedere davanti agli occhi di tutti.

Va tutto bene, scricciolo, va tutto bene. Erano state le parole che mi avevano consolato, che mi avevano fatto sentire a casa. Non sarei mai riuscita a ringraziare mio fratello, per tutte le volte che c'era stato per me.

"Tua sorella è una ragazza forte e molto determinata." Dichiarò nostro padre, entrando all'interno della stanza, su cui avevo trascorso gli ultimi sei giorni. L'uomo più importante della mia vita, come d'altronde lo era anche mio fratello, indossava la sua fedele divisa e il basco posizionato perfettamente sopra la folta capigliatura castana. L'espressione del volto esprimeva chiaramente un'evidente stanchezza, che veniva mascherata dal sorriso allegro che si presentava sulle sue labbra, accennando quella piccola fossetta.

Sorrisi, sentendo le sue braccia forti, stringerci tutti e tre in un abbraccio di famiglia. Ero, in quel momento, dove avrei sempre dovuto essere. "Non sarei diventata quella che sono, senza l'attenzione e le cure amorevoli di mio fratello." Parlai, guardando Aidan che mi regalò un dolcissimo sorriso affettuoso. "E' tutto merito suo." Sussurrai, sentendo nuovamente le sue braccia avvolgere la mia figura minuta, sotto lo sguardo fiero di nostro padre. Nonostante cercasse di non far trapelare alcuna traccia di tristezza nel volto, probabilmente incolpandosi per non aver avuto dei meriti nel risultato della mia crescita. Ma non gliene facevo alcuna colpa, aveva dei doveri verso questo paese ed era giusto così.

Il ragazzo della 113 | Noah CentineoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora