Quarantotto

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"Ho dimenticato di dirlo ad alta voce
quanto sei realmente bello per me
Non posso stare senza di te
Per favore non lasciarmi
Tesoro per favore non lasciarmi"
-Pink, Please don't leave me-

Syria

Quella... Quella faccia da... Quella grandissima...
Al diavolo. Come la chiami una con il faccino d'angelo, che per vivere si è scelta uno fra i mestieri più nobili del mondo ma che proprio non vuole tenere giù le mani dal tuo ragazzo?
Io capisco, sul serio, capisco.
Davanti ad un uomo come Ryan, sono stata la prima a lottare e a non mollare pur di averlo. Ma il fatto che la capisca, non significa che voglia fare metà per uno o avere una specie di relazione a tre.
Adesso è impegnato tesoro, gira al largo, è tanto difficile da interiorizzare?
E lui non mi aiuta per niente.
Cos'è, deve ritrovarsela nuda in camera per uscire le palle e dirgliene quattro?
E se l'avesse assecondata di proposito,  perché è arrabbiato con me? Se si trattasse di una piccola rivincita per vendicarsi della mia uscita con Jax?
E se invece si fosse stufato, mi considerasse di nuovo troppo piccola per lui e volesse buttarsi fra le braccia della sua collega?
Già me la immagino la loro vita. Una giornata insieme in ospedale, tornare a casa e fare a gara a chi ha salvato più vite, davanti a una cenetta scongelata dal freezer perché nessuno ha tempo di cucinare, e i bambini che vengono cresciuti dai nonni giocando all'allegro chirurgo. E ovviamente non litigherebbero mai grazie a Miss Cagnolino Scodinzolante.
Magari ci sta fantasticando pure lui su questa vita. Magari la preferisce a quella che ha con me.
Be', che prenda una decisione. A lui la mossa.
Col cavolo che sarò io a farmi ancora avanti.
Anche se voltargli le spalle fuori dall'ospedale mentre mi guardava con quel viso ferito, mi è costato una volontà sovrumana.

Un po' ci spero che sia Ryan quello che sta bussando alla porta.
Infatti vado ad aprire con l'espressione più seria che riesco a mettere su.
Non ci ho preso, no. Non ci sono andata neanche vicino.
" Sorpresa!" urlano i miei genitori, con un sorriso a trentadue denti, le braccia spalancate in tutto il loro splendore da trentottenni.
Non ci posso credere.
Mi avvolgono nel loro abbraccio frettoloso e io cerco di divincolarmi mentre gli chiedo come ci sono finiti qui.
Hanno un tempismo che definire pessimo è un complimento.
" Ci siamo ritrovati con una settimana libera in agenda, e allora abbiamo deciso di venire a trovare la nostra bambina. Sei contenta?"
Che abbiano bisogno di una pagina vuota nella loro agenda di lavoro per ricordarsi di me? Ma certo, sono al settimo cielo.
Non aspettano neanche che risponda comunque, stanno già trascinando le loro valigie in casa guardandosi intorno.
Per essere precisi, mamma si guarda intorno, papà controlla gli ultimi messaggi sul cellulare.
" Non hai arredato molto questo posto. Almeno il frigo è pieno?"
Seguo mia madre in cucina, e mi trattengo dallo spingerle via la mano che sta frugando tra la mia riserva di cibo.
" Non tutte le donne sono fissate con certe stupidaggini tesoro. Allora Syria, ti sei ambientata bene in questa città?"
" Va tutto bene papà"
Mi rivolge un'occhiata interdetta. "Tutto qui? Non ci racconti altro?"
Vuoi vedere che adesso fanno passare me come figlia ingrata?
Alla fine ci riuniamo sul divano con un succo di frutta e gli racconto lo stretto necessario.
" A scuola me la cavo. Più che altro resto a galla, cerco di raggiungere la sufficienza in ogni materia e non faccio troppe assenze"
Mamma stringe le labbra ma non commenta, papà ride e scuote la testa.
Non osano né rimproverarmi né raccomandarmi nulla. È sempre stato questo il rapporto fra me e la scuola, lo sanno, e poi mi reputano grande ormai, di conseguenza non ho bisogno dei loro consigli.
" E sulla boxe? Che mi dici?"
Stranamente mio padre è davvero interessato a questo aspetto della mia vita.
O forse non è poi così strano, magari sotto sotto voleva un maschio e io sono la cosa che più ci si avvicina.
" Continuo ad allenarmi in palestra regolarmente. Ho trovato un buon istruttore"
" Buono ma non eccellente come quello che avevi in Italia"
Non serve che risponda, nessuno sarà mai come l'uomo che mi ha allenata per oltre sei anni. É stato una sorta di fratello maggiore per me, ed è l'unica persona che mi manchi davvero in quel Paese. L'unica cosa che ho lasciato a malincuore. Se non contiamo la mia terra, é ovvio.

I riflettori si spostano ben presto su di loro. Incredibile quanto amino raccontarmi delle bellissime esperienze che grazie al loro lavoro possono vivere. Evviva l'egocentrismo.
Mi lasciano in pace solo nel pomeriggio, quando vanno a fare una doccia -insieme, che schifo- e si sistemano nella camera degli ospiti, impazienti di uscire perché hanno un certo museo da visitare che hanno scoperto su internet.
E sarò pure pessimista, ma inizio a pensare che siano qui più per quello che per me.
Ad ogni modo non appena mi lasciano un attimo di respiro, ne approfitto per chiamare Jordan e farmi aggiornare.
Grazie a Dio l'operazione del padre é andata bene. Mi riferisce che hanno potuto incontrarlo e che quando Ryan è uscito dalla stanza stava visibilmente meglio.
Aggiunge che proprio prima che chiamassi é uscito per venire a casa a farsi un bagno e riposare le gambe, quindi se voglio parlare con lui non devo far altro che uscire dal mio vialetto ed entrare nel loro.
"Buono a sapersi" rispondo vaga.
Ma quando chiudo la chiamata non trovo la forza di farlo, e comunque con i miei in giro non mi va. Anche se gli ho detto di aver legato moltissimo con i vicini, non voglio nè destare sospetti nè finire a litigare con Ryan mentre i miei mi spiano dalla finestra di fronte.
Ho proprio l'umore sotto le scarpe oggi.
Aspetto che mamma e papà escano dalla mia comfort zone per andare a cercare quel benedetto museo, e prendo una vaschetta di gelato dal freezer per portarmela sul divano. Questa sarà la mia cena, e il mio modo di affogare il nervosismo per evitare di soffocare qualcuno.
Dieci minuti dopo bussano alla porta, e ignorerei volentieri chiunque ci sia là fuori se ad un certo punto Ryan non cominciasse ad urlare il mio nome.
Corro ad aprire prima che spaventi qualche povera vecchietta del quartiere che vive da sola, ma prima che abbia il tempo di raggiungere l'ingresso lui è già entrato.
La sua faccia non mi piace per niente, ha il respiro affannato e stringe i pugni lungo i fianchi.
Che altro è successo adesso?
Ha i capelli corti ancora bagnati, per cui deduco si sia precipitato qui subito dopo la doccia.
Non guardare le goccioline d'acqua che gli scendono giù per il collo, non annusare l'aria per cogliere meglio il suo profumo, non fissare l'elastico dei pantaloni basso sui fianchi...
Mmh, questo mantra mi suona familiare.
" Sei da sola?" mi domanda, guardandosi intorno.
" Certo che sono da sola"
" Quindi i tuoi genitori sono venuti a trovarti"
" E tu che ne sai?"
" Tuo padre si è presentato alla mia porta. Voleva pagarmi perchè ti tenessi d'occhio e mi accertassi che stessi bene non appena loro fossero ripartiti" mi spiega sarcastico.
Mio Dio lo uccido. Anzi li uccido entrambi quando tornano. É questo il loro modo di prendersi cura di me? Pagando i vicini di casa perchè si assicurino che non ci sia niente che non va?
" Ryan mi dispiace. Mia madre e mio padre sono completamente fuori di testa. E non sanno che noi due..." mi schiarisco la voce. "Cosa gli hai risposto?"
" Che lo sto già facendo. Che lo faccio da settimane e non mi servono i loro soldi per continuare"
È davvero una gran bella risposta questa. Il mio cuore accetta avido le nuove parole d'amore che Ryan mi regala. Anche se le dice mantenendo le distanze da me, anche se le dice mentre è arrabbiato.
" Lo capisco se ti sei offeso, mio padre non avrebbe dovuto fare nulla del genere, non avrebbe dovuto bussare alla tua porta e offrirti dei soldi"
" Non è perchè mi ha offerto dei soldi che mi sono infastidito"
" E allora per cosa?"
" Tuo padre mi ha chiesto di prendermi cura di te fino a quando non tornerai in Italia. Che significa fino a quando non tornerai in Italia? Che accidenti significa Syria?"
Mi sono sbagliata. Non è rabbia l'emozione che lo sta attraversando in questo momento. É paura.




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