Trentasei

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"Ragazzo, non parliamo troppo
prendi i miei fianchi
e metti quel corpo su di me
dai vieni, segui il mio ritmo
dai adesso, segui il mio ritmo"
-Ed Sheeran, Shape of you-

Syria

È passata un'altra settimana.
Un'intera settimana dove, almeno quando non aveva il turno di notte in ospedale, Ryan é rimasto a dormire con me ogni volta.
Le giornate non sono mai iniziate tanto bene come queste. Svegliarsi con il suo viso sepolto fra i miei capelli o sul collo, o con il peso del suo corpo sul mio, mi rendeva felice, tanto che non mi importava neanche più se non potevo dormire abbastanza perché dovevo andare a scuola.
Ormai non serve che lo preghi la sera per convincerlo a passare la notte insieme: Ryan sale in camera mia con dei pantaloni comodi e una maglietta, e quando le palpebre gli si fanno pesanti scivola sotto le coperte e mi stringe a lui.
Stiamo costruendo le prime abitudini.
Sa così tanto di famiglia.
E anche se alla mia età dovrebbe spaventarmi, non riesco ad avere paura di niente quando si tratta di noi.
Sembra tutto perfetto.
Sarebbe tutto perfetto, se non fosse che Ryan mantiene ancora le distanze.
Mi ero ripromessa di piantarla di saltargli addosso, di affrettare le cose, ma è più forte di me. Quando gli sto accanto e lo sfioro, voglio sempre di più, il mio corpo lo cerca in ogni modo possibile.
L'attrazione che ci ha legati dalla prima volta, si fa ancora sentire prepotente, e ora che lo sento davvero mio é solo più difficile frenarla.
" Syria? Dove diavolo hai la testa oggi? Perché fissi il pavimento della cucina con quella faccia sconsolata?"
Jordan mi sventola una mano davanti alla faccia e cerca di riportare la mia attenzione al presente. E al capitolo di fisica che mi stava gentilmente spiegando. Non è carino da parte mia fargli sprecare fiato, sono pessima.
" Perché tuo fratello non vuole venire a letto con me?" mi lascio sfuggire, con voce lamentosa.
Ma mi rendo conto subito dopo che forse non era il caso di affrontare l'argomento con lui.
Be' oramai.
" Syria!" esclama, tra lo schifato e lo scioccato.
" Che c'è? Non riesco a spiegarmi che gli prende, quando cerco di toccarl..."
" Syria!"
" Che c'è?"
" Fai sul serio? Oddio. Che schifo. Che schifo. Stiamo parlando di mio fratello. Non ne voglio sapere nulla della sua vita...privata. E nemmeno della tua. Della vostra, insomma"
" Ma ho un problema! Non è così che funziona? Ne parlo con un amico e lui mi da dei consigli?"
" Non con me!" ribadisce serissimo.
" Ho te come amico, con chi altro vuoi che ne parli?"
Si passa le mani fra i capelli come se stesse per uscire fuori di testa.
Faccio questo effetto a volte.
" Stanotte avrò gli incubi. Dio, vi vedo già rotolare sotto alle lenzuola..." bisbiglia tra sé e sé.
" Non ci rotoliamo affatto, te l'ho detto, Ryan non vuole farlo..."
" Per amor del cielo piantala!"
" Quindi non vuoi aiutarmi? Sei un amico terribile. Chi meglio di te avrebbe potuto illuminarmi, lo conosci benissimo... ok, ok, basta. Torna qui! Non ne parlerò più, promesso, ti prego torna indietro! Non lasciarmi sola con i libri di fisica..."
Niente, é andato.
D'accordo, non aveva tutti i torti, non avrei dovuto tirarlo in mezzo.
Suppongo che effettivamente pensare a quella parte della vita di suo fratello faccia un po' schifo.
Cavolo, ora dovrò anche farmi perdonare.
Gli comprerò un'altra torta.

☆☆☆

Dovrei decisamente smetterla di rimuginare su quell'unica piccola e insignificante questione che non sembra volersi risolvere.
Soltanto che, ai miei occhi, non è né piccola né insignificante.
Ryan mi riempie di attenzioni, mi fa un mucchio di coccole la sera mentre stiamo sdraiati a letto.
Mi accarezza le braccia, i capelli. Mi riempie di baci sul collo, sul volto, sulla bocca.
Già, ci baciamo proprio un sacco.
Ed è fantastico.
Solo che poi il sangue nelle vene comincia a ribollire e ogni centimetro di pelle mi si surriscalda e quello che lui mi da non mi basta. Non è neanche lontanamente abbastanza.
Non serve a nulla ripetermi di assecondarlo, di godermi i gesti più semplici.
Io ci provo a starmene buona.
Ci sto provando anche ora. Fingo di essere interessata al film in tv -che, tra parentesi, fa davvero pena- e resto rigida contro la testiera del letto mentre le sue labbra calde mi baciano lungo il profilo della mascella e le dita mi fanno il solletico sul polso.
Sta buona Syria. Sta buona.
Come se non soffrissi già parecchio, ho il profumo della sua pelle da poco rinfrescata dalla doccia proprio sotto al naso.
" Quel film é sul serio più interessante di me? Stasera non mi guardi nemmeno" osserva dispiaciuto.
Quella voce da bambino imbronciato.
Non so resistergli accidenti.
Stringo le mani una con l'altra per non fare cazzate, e con lentezza mi giro nella sua direzione.
E lui è lì, proprio lì, a un millimetro da me, con quegli occhi azzurri che splendono e il sorriso più dolce del mondo.
Fa scontrare subito le nostre bocche, e avverto quel pizzico di lucidità rimasto svanire e lasciare la stanza. La casa. La città.
Le mie mani si sciolgono e lo cercano. La destra corre sul suo fianco e l'altra dietro il collo.
Piano, scendo dal fianco e seguo il profilo del corpo fino alla gamba.
Ryan mi prende quella mano, se la porta alle labbra per posarci un tenero bacio e poi la guida sul letto.
L'ennesimo rifiuto.
L'ennesima stretta al cuore.
" Devo legarti Treccine Rosse?"
E riesce perfino a scherzarci su, notevole.
" Di solito le manette si usano per qualcosa di più divertente, non per due baci e due carezze" dico sarcastica.
Un lampo di lussuria gli attraversa gli occhi, e io mi ributto su di lui cercando di levargli la maglietta.
Mi asseconda per due secondi prima di scostarsi.
" Scendo giù a prendere un bicchiere d'acqua. E a che ci sono faccio una telefonata" mi spiega, indietreggiando fino a uscire dalla camera.
Non ci credo. Non ci credo cazzo.
Un bicchiere d'acqua. Un bicchiere d'acqua?
Sono così frustrata e delusa e incazzata, che appena resto sola un paio di lacrime iniziano a scorrere giù dagli occhi. E in un attimo si moltiplicano, si triplicano, e non serve a niente cercare di rimandarle indietro.
Mi prendo la testa fra le mani e stringo fortissimo le palpebre, nel tentativo di frenarle in fretta.
Che mi prende? Io non piango per queste cazzate, io non perdo il controllo in questo modo.
Dev'essere colpa dello stress accumulato nell'ultima settimana.
" Ho lasciato qui il cellulare... Syria! Che succede?"
Non mi sono accorta dei passi di Ryan che si avvicinavano.
Mi raggiunge sul materasso con un balzo e non ho tempo di nascondere le lacrime.
" Ehi, cosa c'è?"
Tenta di stringermi, e io in un impeto di rabbia lo spingo via in modo violento.
" Vaffanculo!" urlo.
É talmente sconvolto che non riesce a rispondermi.
" Vattene. Voglio dormire da sola per stanotte"
" Ma che stai dicendo?"
" Che non ti voglio qui!"
" Syria, per favore, mi stai facendo preoccupare, che é successo? Sono uscito per cinque secondi, che cazzo é successo in cinque secondi?"
" Cinque secondi? Cinque secondi? Sono due settimane che mi fai male e neanche te ne accorgi!"
" Io? Come?" bisbiglia incredulo.
Scuoto la testa e mi asciugo le guance bagnate.
" Non fai che respingermi! Ogni notte dormi accanto a me, ma prima di quello non fai che respingermi! Ogni. dannata. notte! Hai idea di come mi fai sentire?" lo attacco, sputandogli contro tutta la frustrazione che ho dentro.
" Non puoi pensare che io non ti voglia"
" E che altro dovrei pensare?"
" Sto cercando di proteggerti! Mio Dio, sei così piccola... é troppo presto per..."
Si perde nei suoi stessi ragionamenti, si blocca e mi implora con gli occhi di provare a comprenderlo.
" Cercavo di fare il meglio per te" ripete abbattuto, quando capisce che non lo aiuterò.
" Be' sai cosa? Ti preoccupi tanto di non farmi male che non ti resta tempo per farmi stare bene"
Mi pento immediatamente di quello che ho detto.
L'espressione del suo volto, la maniera in cui si deforma, la piega ferita che prendono le sue labbra.
L'ho pugnalato al cuore.
Ho dato fuoco alle sue insicurezze, le ho alimentate invece che spazzarle via.
Non voglio essere una di quelle persone che feriscono soltanto perchè si sentono ferite a loro volta.
Non voglio essere una ragazza cattiva.
É solo che, non ho mai imparato a mettere gli altri prima di me.
Non ho mai avuto nessuno di così importante che potesse venire prima di me.

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