Sessantaquattro

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"La vita è più grande
è più grande di te
Sono io quello nell'angolo
Sono io quello alla ribalta
che perdo la mia pazienza"
-R.E.M., Losing my religion-

Ryan

Serata calma in ospedale.
Neanche ricordo quando è stata l'ultima volta che ero di turno e non avevo fatto che correre tutto il tempo da un reparto all'altro.
Grazie al cielo al pronto soccorso non era arrivato niente di più che qualche caso di ferite domestiche superficiali. Per cui prevedevo una notte tranquilla. Una di quelle rare dove potevo appoggiarmi in qualche stanzetta libera, trovare un letto e recuperare un paio d'ore di sonno. Quelle non erano mai sufficienti nell'ultimo anno. Avevo una ragazza adesso, e cercavo di dedicarle più tempo possibile, anche se ciò significava sbadigliare poi costantemente durante il giorno.
Sto per tirarmi il lenzuolo sul petto quando Eric spalanca la porta ed entra.
" Ryan? Dormi già?" sussurra.
" No" sospiro. "Che succede?"
" Un codice rosso al pronto soccorso, non è che potresti venire di là?" mi chiede, titubante.
" Perché proprio io? Ci sei già tu in giro, di quanto personale c'è bisogno?"
Non sono il tipo che si tira indietro, davvero, però insomma, non poteva cercare qualcun altro almeno stavolta?
" Ok, non so come dirtelo. Ti prego, vieni di là e basta"
" Dirmi cosa? Che diavolo è successo?"
Mi metto seduto, in allerta e rassegnato a rinunciare alle ore di sonno che mi ero già pregustato.
" La ragazza che è arrivata... è la tua. La tua ragazza. Syria"

Syria
-Qualche ora prima-

Il viaggio in macchina, per quanto breve, è sempre un calvario.
Mi sento maledettamente in colpa, cerco di trovare le forze per chiedere a Jax di fare inversione e tornare a casa, ma quelle parole non ne vogliono sapere di uscire dalla mia bocca.
E lui ormai deve averlo capito come mi sento, perchè non prova più nè a scrutarmi, nè a parlarmi.
Mi lascia stare, mi lascia rimuginare con le mani strette a pugno accanto alle cosce, la testa poggiata al finestrino e gli occhi lucidi che guardano fuori.
La rabbia ti può divorare l'anima ma in questi giorni sto imparando che anche i sensi di colpa possono farlo. Anche loro sanno crescere e prendere il controllo della tua testa.
Quindi è così? In un modo o in un altro sono destinata a impazzire per forza?
" Syria? Siamo arrivati, o torni in te o te lo scordi che ti faccio entrare in queste condizioni. Potresti farti male se non riprendi possesso delle tue facoltà"
" Ci sono Jax, ci sono" lo rassicuro.
Il modo in cui lui mi sta vicino... è quello giusto. Capisce di cosa ho bisogno e me lo lascia fare anche se è contrariato. E trova comunque la maniera di proteggermi e tenermi sotto controllo.
So che non gli fa piacere vedermi sul ring con Kat, so che ha paura, che teme sia pericolosa, e in effetti vedo qualcosa di oscuro e instabile nel suo sguardo, ma cosa potrebbe mai fare? Se la situazione dovesse degenerare so che l'incontro verrebbe interrotto subito.
E poi è l'unica donna disposta a combattere in questo giro. Così come io sono l'unica per lei, per quanto non mi sopporti visto che non le faccio vincere una partita, non ha scelta se vuole partecipare.
Lo vedo bruciare nelle sue iridi l'odio verso di me, lo vedo bruciare ancora adesso, mentre se ne sta sulla pedana, le braccia conserte e gli occhi stretti a due fessure. Segue ogni mio movimento e aspetta che la raggiunga.
" Impaziente?" mimo con le labbra.
Per tutta risposta ricevo un ringhio a denti scoperti.
" Non stuzzicarla. Tesoro, ho una brutta sensazione stasera"
" Spiegati meglio"
" È più su di giri del solito. Sbuffa come un toro in gabbia, non sono sicuro sia del tutto lucida. Forse dovremmo lasciar perdere" mi prega Jax, trattenendomi per il polso.
" Puoi trovarmi qualcun'altra entro un paio d'ore?"
" Sai che non posso, sono un miraggio le ragazze che hanno un hobby del genere, e stai pur certa che non ti farò battere con un uomo"
" Allora non ho scelta. Sono al limite Jax, oggi per poco non me la prendevo con un poveretto che mi ha urtato la spalla per sbaglio. Ogni occasione è buona per riversare addosso a qualcuno quello che ho dentro, lo capisci?"
Gli permetto di guardare nei miei occhi disperati, gli permetto di cogliere il panico nella mia voce.
Se c'è qualcuno che può comprendermi, é lui, e io ho bisogno di qualcuno che mi comprenda.
" Si, lo capisco, e ho fatto di tutto per aiutarti, anche quello che neppure il tuo adorato fidanzato farebbe mai. Ma sappi che ti porterei via all'istante se sapessi che invece di aiutarti, ti stai solo facendo più male. Doveva essere solo una gara Syria, sono diventate quattro, ed è evidente che il tuo rimedio non funziona. Credo che ti serva un altro tipo di aiuto"
" Ad esempio?" sibilo velenosa.
Non ci credo che ce ne stiamo qui, in un angolo della palestra, circondati da decine di persone, a intavolare questo discorso e a pochi minuti dall'inizio del mio incontro per giunta.
" Medici, psicologi. Non lo so, non ci capisco un cazzo di queste cose, però se hai problemi di gestione della rabbia, è una cosa seria e tu la stai sottovalutando"
O magari sei tu che la stai sopravvalutando no?
Ci ero già passata, ero guarita, potevo guarirmi ancora.
Faccio per andarmene ma lui mi prende un braccio e mi trascina in una stanzetta vuota.
" Jax dannazione! È solo un momento stressante per me, ho problemi a scuola, non so che fare con la mia carriera, non so che fare con Ryan, sono confusa ed è per questo che mi sembra di impazzire, ma dovrà passare questo momento no?"
" Non puoi saperlo. Io sono come te, odio chiedere aiuto e mostrare che ho un problema. Però se il problema c'è va affrontato. Hai paura di mostrarlo a Ryan vero? Hai paura di mostrargli quelle parti che pensi non saprebbe amare. Se è così cotto di te come dice, amerà anche quelle, continuerà ad amarti lo stesso"
Troppo facile a parole.
Lo spingo via e torno fuori. Senza aspettare oltre salgo in pedana e comincio a stringere i guantoni alle mani.
Questa resterà sempre una delle sensazioni migliori al mondo, come una crema lenitiva sulla pelle irritata, o come l'acqua fresca che scorre in gola quando sei accaldata e assetata.
Non so quanto ci sia di razionale in tutto questo, ma le sensazioni sono soggettive e anche la più assurda può essere importante per qualcuno.
Sono dieci anni che compio questo rituale e le emozioni che lo accompagnano non mi abbandonano mai.
Come potrei rinunciarci?
Questo sport è troppo importante per me.
Aspetto il via dell'arbitro prima di scattare, e stavolta è il pugno di Kat che colpisce per primo.
Reagisco, ma mi accorgo presto di come Jax avesse ragione: c'è qualcosa di diverso in lei, ha più forze, più energia in corpo.
Ancora non è niente che non sappia gestire.
Incasso più colpi delle volte precedenti, non mi do per vinta.
E anche stasera, esausta dopo venti minuti di tensione, riesco a mandarla al tappeto.
Qualsiasi cosa Kat abbia preso, non è sufficiente per contrastare la mia esperienza.
Se solo sapesse chi sono.
Le rivolgo un'ultima occhiata, poi le do le spalle e regalo un sorriso impertinente a Jax, mentre con calma mi slaccio i guantoni.
Non avrei dovuto farlo. Girarmi, intendo.
All'improvviso, sento le urla intorno a me intensificarsi, ma non capisco. Non capisco finchè non mi ritrovo sbattuta a terra da Kat.
Finchè l'urlo più forte diventa il mio, perchè mi ritrovo con un coltello affilato che penetra la carne del mio fianco.
È un dolore che, per quante cadute abbia fatto, per quante botte abbia preso, non ho mai provato.
É acuto, è ovunque -perfino nella testa, chissà come- e mi fa desiderare di morire solo per spegnerlo.
É troppo, è troppo, è troppo.
Il mio corpo non lo sopporta e perdo i sensi.
Poco prima di cedere all'oblio, prendo coscienza della possibilità sempre più concreta adesso, di poter perdere anche lui.

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