Sedici

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"E io non voglio
che il mondo mi veda.
Perché non penso
che la gente capirebbe"
-Goo Goo Dolls, Iris-

Syria

" Ti accorgi di quanto è infantile questo atteggiamento prepotente che stai assumendo?" sibila, fulminando con i suoi bellissimi occhi le mie dita avvolte su di lui, come spire di un serpente.
Gli libero il braccio. Tanto se prova a scappare lo riprendo.
" Attaccarmi con la prima cosa stupida che ti passa per la testa e poi fuggire non è infantile invece?"
" Non è affatto una cosa stupida!" ribatte frustrato, mentre avanza finendo per spingermi contro un albero. La corteccia piena di schegge mi preme fastidiosa sulla schiena, ma non ho intenzione di muovermi. Soprattutto quando Ryan posa un braccio accanto al mio viso e mi fronteggia, ora vicinissimo, cercando qualcos'altro da dire.
Mi sposto, attratta come una calamita dal suo calore, e il suo polso mi sfiora il collo scoperto.
Una scia di piccoli brividi gli percorre la pelle.
" Freddo?" lo stuzzico.
Mi incenerisce di nuovo. Poi mi prende una treccina dalla spalla, e lentamente, sfiorandomi il profilo di una guancia, me la porta dietro l'orecchio.
E quei brividi vengono trasmessi al mio corpo con la rapidità di una malattia molto infettiva e molto contagiosa.
" No. E tu invece?" mormora compiaciuto.
Quindi sa giocare anche lui quando vuole.
Oh stupido, io non mi nascondo.
" Si. Mi scaldi tu Ryan?"
Magicamente quella frase lo risveglia. Si allontana come se invece di meravigliosi fremiti gli avessi procurato la scossa.
" Perché reagisci sempre così? L'ho capito quanto ti piace provocare. Ma non è più facile se mi lasci andare e basta?"
Facile.
Neanche so come sono fatte le cose facili, io. Funziona in questo modo? Trovi un problema e lasci perdere tutto?
Per la poca esperienza che ho, noi non siamo davvero padroni di governare ciò che ci succede intorno. Tantomeno quando ci sono in gioco delle emozioni. Delle sensazioni.
Forse crediamo di poter mettere la parola fine, ma ci accorgiamo presto di quanto sia misero il ruolo che gioca la mente in certe partite.
" Sai che c'è? Vuoi andare? Vai. Che illuso che sei, pensi che io abbia il potere di lasciarti libero? Non dipende da me. E te ne renderai conto quando comincerò a infestare i tuoi pensieri nei momenti più impensabili e ti chiederai dove sono, quando vorresti toccarmi ma non sarò lì, quando al tuo corpo mancheranno i brividi e al tuo cuore i battiti veloci, vivi. Mi hai confessato di essere attratto da me, me lo ricordo bene. Non puoi essere libero ormai. Non posso dartela io quella libertà. E credo che non possa dartela neppure tu dopo ciò che mi hai detto."
Le mie parole fanno centro. Lo vedo perfettamente nel lampo di paura che attraversa i suoi occhi.
Un fulmine in un cielo già tutt'altro che sereno.
" Syria... smettila per favore. Ti piace ferirmi?"
" Certo che no. Ma mi piace ancora meno quando sono gli altri a ferire me"
" E chi ti avrebbe ferito? Io? Non sembri così debole da farti scalfire dalla prima persona che capita"
La prima persona che capita? Sul serio?
" Già, non lo sembro vero? E a quanto pare questo da il diritto a molte persone di farlo senza pensarci due volte" gli rivelo, amara.
Si è pentito di averlo detto, non lo nasconde. Il suo viso non nasconde neanche quanto in questo momento sia confuso, fuori di sé, preso in contropiede dalla situazione in cui si è ritrovato tornando a casa.
Non so a quanto possa servire continuare a discutere in queste condizioni. Ci stiamo rivolgendo solo accuse che ci fanno male.
" Me ne vado" annuncio, mettendo le mani avanti.
Annuisce. Gli passo accanto, e credo di sentirgli mormorare qualcosa come "io non volevo ferirti".

  ☆☆☆

Torno a casa in uno stato d'animo che non mi piace.
E che non so come gestire.
La mia paura più grande quando ho deciso di tagliare determinate corde del passato e piantare radici in un altro continente, in una nuova esperienza dove avrei portato poco e nulla di quella precedente?
La paura di non riuscire a trovare emozioni e sensazioni altrettanto forti come quelle che avevo vissuto negli ultimi anni.
Certo, alla fine mi si erano ritorte contro ma...
Io ci vivevo di quelle emozioni e sensazioni forti, fortissime.
Erano il carburante del mio corpo. Della mia anima.
All'inizio di questo viaggio davvero non sapevo come avrei potuto trovarne di altrettanto potenti qui.
Ad un certo punto, mi ero perfino ripromessa di prendermi una pausa da quelle stesse sensazioni e vivere nella calma per un po'.
Ma quella per me non era vita.
E quando avevo trovato Ryan, ed era partita quella scintilla di vitalità così familiare, così vitale... mi ci ero aggrappata subito.
All'inizio giocando, poi sul serio.
E al diavolo se ero sfacciata, se ero diretta, se ero affrettata.
A tentennare sulle cose si rischiava di perderle.
L'avevo perso lo stesso?
Soltanto perché in due settimane che lo conoscevo, non gli avevo raccontato chi era stata, chi era, e magari anche chi voleva diventare Syria?
Mmh, forse così rischiavo di apparire un filino ipocrita.
Mi andava bene correre con i sentimenti ma non parlargli di chi ero.
Anche se per me era in questo modo che doveva andare -perché parlare di me era l'ultima cosa che amavo fare- inizio a capire quanto per lui possa essere frustrante tutto questo. E sospetto. E insufficiente.
Che mi aspettavo, era un bravo ragazzo no?
Oh, perché non ci andava mai bene nulla?
Se gli uomini volevano portarci solo a letto erano degli stronzi, se volevano conoscerci e andare con calma diventavano invadenti.
Che casino.
Ero io ad essere un casino.
Ma Ryan non poteva averlo già capito, perciò... che diavolo gli era preso?
Non poteva essere sul serio questo gran problema che avessi diciassette anni. O no?
Quanto avrei voluto decifrare quello sguardo perso.
Perché trovarmi nella sua cucina con il fratello lo aveva destabilizzato tanto?
Cavolo. Ryan e Jordan fratelli.
Non si somigliavano per nulla, a cominciare dal colore della pelle.
Però il modo in cui erano stati cresciuti era sicuramente lo stesso.
Due perfetti gentiluomini. Quasi sempre.
Adesso cominciavo a capire qualcosa in più anche sui comportamenti di Jordan.
Un padre che lavora in guerra la dice lunga sulla vita di una persona eh?
Quei due non lo meritavano.
Ripenso al giorno in cui ho trovato Ryan disperato ma calmo alla casetta sull'albero, nell'attesa di una semplice chiamata.
Calmo perché ci era abituato, aveva detto.
Anche la sua di vita era un casino.

E se avesse reagito così per paura che alla mia età non fossi in grado di gestirli e sopportarli i suoi casini?

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