Capitolo 21

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All fell down.





Third person





Il tempo sembrava essersi fermato per Taehyung. Nella sua mente continuava a ripetersi quel momento, i suoi occhi vedevano soltanto il corpo privo di sensi del suo migliore amico, steso a terra al centro della strada in una pozza di sangue. Era seduto in sala d'attesa da così tanto che non sentiva più le sue gambe, eppure se si fosse alzato, sarebbe crollato a terra, privo di forze. Secondo la polizia, Jimin era nel torto, in quanto stava attraversando la strada mentre il semaforo per i pedoni era rosso. Nella foga del non perdere di vista i suoi amici e di essere lasciato indietro, si era catapultato in strada, senza rendersi conto dell'auto che stava passando in quel momento. Gli agenti avevano avvertito i genitori di Taehyung, i quali si erano precipitati immediatamente in ospedale. D'altronde Jimin per loro era come un figlio e il solo pensiero di perderlo li distruggeva. In particolar modo la signora Kim non riusciva a trattenere il pianto, trovando quella scena terribilmente familiare, la notte in cui la sua migliore amica perse la vita insieme a suo marito in un incidente stradale, lasciando soli i loro due bambini. Non voleva in alcun modo che tutto ciò accadesse di nuovo. Il signor Kim invece stette tutto il tempo al telefono, parlando con i migliori dottori della capitale, in cerca di un medico disposto a trattare il caso del suo figlioccio.

"Mio padre." Sussurrò Jin.

Tutti si voltarono verso la sua direzione.

"Mio padre è un ottimo medico, chiederò di potersi occupare di Jimin."

"D'accordo." Disse il signor Kim.

Così Jin si allontanò per informare il padre, affiancato da Namjoon, il quale gli teneva un braccio intorno la vita, sorreggendolo. Ci fu silenzio, interrotto solo dai singhiozzi di Hoseok, seduto a terra con la testa fra le mani. Reputava tutto quello che era accaduto colpa sua. Quel giorno voleva solamente riunire tutto il gruppo e passare un bel pomeriggio insieme, come in passato, eppure era finito in tragedia. Ora il suo piccolo Jiminnie era in una sala operatoria e non sapeva se si sarebbe svegliato. Yong Sun lo strinse in un abbraccio, gli occhi rossi dovuti al pianto. In diciannove anni della sua vita, non aveva mai provato un dolore simile al petto. Dall'altra parte della stanza, Jungkook teneva tra le braccia il suo hyung e si sforzava di essere forte, almeno lui, visto che l'unico del gruppo considerato senza emozioni, Yoongi, non riusciva a smettere di tremare, persino nel sonno, chiamando il nome del suo amico. Alcune volte il suo sguardo cadeva sulla figura del suo ragazzo, immobile, lo sguardo fisso sulle sue mani. Era il più distante di tutti, solo. Non voleva nessuno al suo fianco, convinto che l'incidente fosse stato tutta colpa sua, lo ripeteva a bassa voce, continuamente. Tutti erano preoccupati di questo comportamento, eppure nessuno aveva il coraggio di avvicinarglisi, nella testa di Jungkook rieccheggiavano ancora le urla disperate di Taehyung. Non riusciva a credere che tutto quello stesse accadendo proprio a loro.









Erano ormai passate ore da quando il loro amico era stato portato in sala operatoria e nessuno si era mosso dalla propria sedia, nessuno aveva proferito parola. Solo quando il padre di Jin uscì dalla stanza, tutti quanti ripresero vita, come fossero stati dei burattini inanimati e il burattinaio avesse mosso i fili.

"Papà allora?" Chiese Jin con voce tremante.

"Fortunatamente è fuori pericolo ma per il momento ancora non ha ripreso conoscenza. Ha riscontrato dei gravi danni nella parte inferiore del corpo e la frattura di un braccio, oltre a una commozione cerebrale." Spiegò il medico.

"Oh mio Dio." Sussurrò la signora Kim.

"Faremo tutto il possibile, signori Kim. Per il momento le visite sono concesse ma solo una persona alla volta."

A quelle parole tutti si voltarono verso Taehyung, il quale si stava già precipitando nella stanza. Spalancò la porta e ciò che vide lo fece morire dentro. Il suo Jimin era disteso sul letto, immobile, il capo e il braccio destro fasciati, il respiro impercettibile. Calde lacrime cominciarono a sgorgare dai suoi occhi e la vista si appannò, ma ciò non gli impedì di avvicinarsi con impazienza a Jimin. Si sedette sulla sedia e con dita tremanti gli sfiorò la mano. Era gelida. Se il dottore non avesse rassicurato che non fosse in pericolo di vita, il ragazzo avrebbe pensato che fosse morto.

"Jiminnie..." Sussurrò.

Gli accarezzò delicatamente una guancia, non resistette e lasciò un dolce bacio sulle sue morbide labbra. Continuò ad accarezzarlo, incapace di togliere le mani e lo sguardo dal suo viso. Sembrava un angelo. Avrebbe voluto immortalare la sua immagine con la sua macchina fotografia per poi tappezzare il mondo della sua infinita bellezza. Senza rendersene conto, le sue labbra iniziarono a muoversi, intonando una dolce melodia.

Dawn passes by and

when the moon falls asleep,

then the blue light that was with me disappears.

Today, too, I go on living just enough

keeping in step, wearing my feet out just enough.

The sun makes me breathless,

the world has stripped me of all I have

without a choice, with no other alternative,

under the moonlight I am picking up my scattered self.

I call you moonchild,

we are the children of the moon,

we draw breath from the cold air of dawn.

Yes we're living and dying,

at the same time,

but right now it's alright to open your eyes,

Because like any movie, like any dialogue,

The whole world is blue under the moonlight.


"Per favore Jimin, apri gli occhi, torna da me."

ℬ𝓁𝒾𝓃𝒹 ℒ𝑜𝓋𝑒  ➵  𝒱𝓂𝒾𝓃Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora